I Genovesi d'Oltremare i primi coloni moderni

massima espansione genovese


Sulle coste della Crimea, dominante una piccola piana alluvionale orlata da una spiaggia di sabbia dorata, si erge una cittadella impressionante, dalle mura merlate che balzano all'assalto degli ultimi contrafforti dei monti Aila che ricadono improvvisi sul mare. I bassi declivi sono anch'essi cinti di mura che si aprono con una porta fortificata in modo potente, dietro alla quale si estendono vari spazi un tempo abitati, che oggi attendono l'opera degli archeologi per svelare i loro segreti.

Noi siamo a Soldaia, vecchia città bizantina, passata sotto il potere dei Mongoli nel 1249, poi divenuta colonia veneziana. E' di là che partirono per le loro lontane spedizioni verso la Cina il padre e lo zio di Marco Polo. Nel 1365, infine, i Genovesi se ne impadronirono e ne fecero il centro della Gothia, una concorrente della loro principale colonia, Caffa, situata un poco più a oriente su questa stessa riviera di Crimea.

Il turista contemporaneo non può essere che impressionato dalla possanza di queste “altre” Genova fondate sul rive del Mar Nero, ma anche nel cuore dell'Egeo. Nel cuore di Istambul, sull'altra sponda del Corno d'Oro, svetta ancora oggi la Torre di Galata che fu il perno della difesa della colonia genovese di Pera nel corso del XIV e XV secolo. Due isole greche Chio e Mitilene, conservano la loro cinta muraria, costruita dai Genovesi, i Giustiniani da una parte, i Gattilusio dall'altra. Le iscrizioni commemorative conservate nei musei locali o ancora sul posto, rammentano l'opera costruttiva dei podestà e dei consoli che fecero di ciascuna di queste colonie d'oltremare delle altre Genova, potenti e rispettate.

Con questi centri di Crimea e dell'Egeo, Genova non è alle sue prime esperienze di colonizzazione. Dagli inizi del XII secolo, sulla scia delle truppe crociate si erano formate delle piccole comunità liguri nei principali porti di Siria - Palestina in cui la Superba aveva ottenuto delle concessioni fondiarie, giurisdizionali e doganali in ricompensa dell'aiuto navale prestato nella conquista della Terrasanta. Ma questi quartieri, fatta eccezione per quello di Acri, che i Genovesi dovettero abbandonare nel 1258 a seguito dei violenti scontri con i Pisani e Veneziani dei quartieri vicini, non furono mai molto popolati: alcune famiglie di mercanti, sotto l'autorità di un console, vi rappresentano gli uomini d'affari della metropoli ed organizzano l'intenso movimento commerciale legato all'arrivo, due volte all'anno, delle galere e delle navi genovesi.



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La presenza Genovese in oriente nel XVI secolo


Invece, a partire dalla seconda metà del XIII secolo, la colonizzazione genovese prende tutt'altre dimensioni. L'occupazione del territorio è spettacolare: piccole comunità si stabiliscono tutt'attorno al Mar Nero, città come Caffa, Pera e Chio conoscono uno sviluppo eccezionale, si dotano di successive cinte di mura e animano la vita economica regionale, resistono agli assalti dei Greci e dei Mongoli, per non cadere che due secoli più tardi in potere degli Ottomani, superiori in numero, navi e potenza di fuoco. Queste esperienze di colonizzazione hanno una larga portata: esse costituiscono gli antecedenti medievali della colonizzazione moderna.

Esse si fondarono in primo luogo su grandi risorse umane. Per popolare i centri d'oltremare che conquista o riceve in concessione, Genova deve fare appello ai propri abitanti, certo, ma anche a tutte le comunità delle Riviere su cui si estende il suo potere. Un vasto movimento di emigrazione interessa tutta la Liguria e si diffonde alle città che intrattengono rapporti commerciali con la Superba.

Gente da poco, soldati, marinai, avventurieri, ma anche giovani che fanno il loro apprendistato d'affari, membri dell'aristocrazia mercantile partono per qualche mese o qualche anno, si stabiliscono in oltremare, prendono mogli o concubine, chiamano la loro famiglia, sempre con la nostalgia della loro terra natale, della loro parrocchia d'origine, che non scordano nei loro legati testamentari. Minoritari in rapporto ai Greci, o a gli Armeni o ai Mongoli che li circondano, questi Genovesi d'oltremare costituiscono più dell'80% della popolazione occidentale delle colonie.

Il carattere “nazionale” della colonizzazione è molto marcato: pochi Veneziani e Pisani nelle colonie genovesi, in pratica nessun ligure nelle colonie veneziane, Creta, Corfù o Negroponte. L'attaccamento alla metropoli non esclude da parte di questi espatriati degli sbalzi d'umore, allorchè i loro interessi non coincidono con quelli che persegue il Comune: si vedrà, ad esempio, la Maona di Chio prendere una certa distanza dalla madre patria e i suoi membri, i Giustiniani, scendere a compromesso con i Turchi allo scopo di mantenere la loro isola il più a lungo possibile. Così si costituisce una società coloniale dominatrice, dove l'unico scopo è quello di valorizzare, al meglio, le risorse dei territori d'oltremare per soddisfare i bisogni della metropoli e ancor più del sistema artigianale di tutto l'Occidente medievale.

Le colonie genovesi, in effetti, non mancano di risorse. Le sponde della Crimea, ai confini del mondo mongolo, vedono arrivare nei loro porti i prodotti dell'Estremo Oriente, seta e spezie, tanto ricercate nel mondo occidentale. Esse propongono in scambio, fino al cuore dell'Asia, panni e tele, vino e balocchi. Esse raccolgono gli schiavi, bocche inutili delle tribù caucasiche, che vanno a servire nelle famiglie agiate delle città d'Occidente o a potenziare i feudi agricoli della Sicilia.

Esse sono il punto d'incontro privilegiato tra il mondo della steppa e della foresta e le città mercantili mediterranee. Intermediari fra economie complementari, le colonie genovesi sono anche centri che valorizzano le più importanti risorse locali: cera, miele, pellicce e cereali per quelle di Crimea, allume destinato a fissare le tinture delle stoffe d'Occidente per Focea (Asia Minore), mastice, questo “chewing-gum” del Medioevo per Chio, che contingenta la produzione e commercializzazione in tutto il mondo. La nascita dei primi “cartelli commerciali” si deve allo spirito d'invenzione dei genovesi d'Oltremare.

Per riuscire a valorizzare gli insediamenti, non c'era affatto bisogno di sottomettere pesantemente le loro popolazioni. Era sufficiente coinvolgere le élite indigene e lasciare loro una parte dei profitti, mantenendo la gente comune nella propria condizione ancestrale. I genovesi non si interessano molto alla propagazione della fede cristiana: i membri dei nuovi ordini mendicanti - francescani e domenicani - seguono i mercanti nella loro avanzata, fondano chiese e una gerarchia missionaria nei paesi “tartari”, ma esse spariscono insieme alla dominazione politica occidentale che le ha fondate. I fenomeni di acculturazione restano molto limitati: l'introduzione di qualche parola orientale nel vocabolario corrente e la creazione di un dizionario trilingue, persiano, cumano e latino nei centri genovesi di Crimea, non può nascondere l'insignificante pochezza dei contatti intellettuali fra quei due mondi.

Liguri e Orientali vivono fianco a fianco senza integrarsi, salvo a livello dell'élite o a qualche caso di concubinaggio fra il popolo minuto. Perciò, nella misura in cui si sviluppa la dominazione genovese, si opera un processo di orientamento dell'élite, soprattutto in ambito ellenico: i Giustiniani soccombono alla dolcezza dell'isola di Omero e si distaccano a poco a poco dalla loro metropoli che dà loro poco sostegno.

Dominazione politica ferma, sviluppo economico pesante, soggezione culturale leggera: gli insediamenti genovesi d'oltremare sono stati il “laboratorio” della colonizzazione moderna. I Portoghesi, nei loro possidimenti d'Africa e d'Asia, piuttosto che gli Spagnoli nelle loro colonie d'oltre-Atlantico, hanno tratto profitto dalle esperienze effettuate nelle “altre” Genova.

Michel Balard - IL SECOLO XIX - 29/4/2001

(Michel Balard è Professore ordinario di Storia Medioevale all'Università di Parigi (Sorbona) e si è formato all'Archivio di Stato di Genova, dove ha studiato per anni.)


COLONIE GENOVESI


tratto da: wikipedia "Le colonie genovesi"

« Tanti sum li Zenoeixi, e per lo mondo si desteixi, che dund eli van e stan un'aotra Zena ghe fan » (Rima dell'Anonimo Genovese, XIII sec. d.C.)
(«Tanti sono i genovesi, per il mondo così dispersi, che dove vanno e stanno un'altra Genova fanno »)

La politica estera della Repubblica di Genova, dagli albori dell'anno mille e lungo il lento correre dell'età di mezzo, fino alle soglie dell'era moderna, fu prevalentemente quella di garantire ai cittadini - al di fuori dei confini del Genovesato e in proiezione dei territori d'oltremare - una fitta rete di rotte mercantili.
A perseguirla fu una consolidata classe dirigente, al tempo stesso tanto pragmatica quanto consapevole di sé e del proprio potere. Tale politica si basò principalmente sull'acquisizione e il controllo di nuovi territori - che diverranno poi le cosiddette colonie genovesi - ma anche sulla semplice presenza nelle città portuali situate lungo le coste del mar Mediterraneo ed al di fuori di esso.
In Europa come in Africa o in Asia, talvolta anche con significative presenze nelle zone dell'interno, nelle fiere e nelle più importanti piazze finanziarie del mondo allora frequentato e frequentabile, talvolta spingendosi in terre inesplorate o sconosciute, i genovesi posero le basi di un impero economico e commerciale, ora con le armi della diplomazia, ora con le galee della Repubblica o dei suoi cittadini.
I genovesi agirono in nome della Repubblica, come Caffaro di Rustico o Guglielmo Embriaco, i più famosi fra i molti crociati che ottengono enormi privilegi per Genova nelle città della Terra Santa. Ma anche agendo per proprio conto come Benedetto Zaccaria cui fu infeudata da Michele VIII Paleologo Focea e, più tardi Chio / Scio (con la Signoria di Chio in mano agli Zaccaria) od in società come la Maona di Chio che faceva capo alla potente famiglia dei Giustiniani un secolo più tardi. Infine talora tramite potenti lobby come il Banco di San Giorgio cui venne affidato il governo di diverse colonie e, addirittura, della Corsica.
Queste colonie inizialmente spesso erano concentrate intorno ad una piccola piazza ed alcune case circostanti (inoltre erano collegate al mare se possibile). Quando consolidate, le colonie genovesi occupavano un proprio quartiere:

« Queste colonie genovesi si componevano di un quartiere della città dotato d'alcune case in legno ad uno o due piani; gli artigiani avevano le botteghe allineate nella strada principale (Ruga Genuensium) che dirigeva verso il mare ed era attraversata da numerosi vicoli ciechi. Si chiamava embolo se la via era fiancheggiata da portici dove erano situati case e fondachi.In porto una banchina era a loro riservato ed era chiusa con una catena mobile, subito dopo vi era la dogana dove si pagavano le tasse imposte dalla colonia (solitamente la colonia era esente dai tributi locali); di fronte alla dogana gli scribi genovesi detti "commerciari" stilavano i documenti in lingua locale. Al piano superiore vi era un alloggio temporaneo per mercanti. Nei pressi (in alcune zone nello stesso edificio della dogana) vi sono i magazzini di deposito Fondaco, se un edificio, o Volta, se un solo locale. In piazza, luogo di raduno della colonia, vi erano gli edifici pubblici in pietra e mattoni: la Loggia Comune e la Chiesa

Genova, che nell'anno mille aveva solo 4000 anime ed era povera economicamente, cominciò a rendersi autonoma dal Sacro Romano Impero intorno al 1096, come Libero Comune, partecipando poi alle Crociate. Inizialmente chiamata "Compagna Communis", la Repubblica di Genova si distinse nella Terrasanta, arricchendosi enormemente.
Durante la Prima Crociata (1097-1099) i crociati genovesi, guidati da Guglielmo Embriaco diedero un decisivo contributo nella conquista di varie città. Per il loro importante contributo vennero ricompensati dai Crociati con la terza Parte di Gibelletto e la terza parte delle entrate fiscali della città e del contado (fino ad una lega di distanza) di Acri. Inoltre i mercanti genovesi costruirono fondaci od ebbero una strada tutta per loro in varie città del Levante: a Cesarea, a Tolemaide, a Giaffa, a Gerusalemme, a Famagosta, ad Antiochia, a Laiazzo, a Tortosa (oggi in Siria), a Tripoli del Libano ed a Beirut. Il più famoso di questi possedimenti, la signoria di Gibelletto, era un feudo della contea di Tripoli concesso alla famiglia genovese degli Embriaci nel 1104. Essa durò fino al 1302 quando l'occupazione degli ultimi territori cristiani costrinse gli Embriaci a passare a Cipro. E infatti la riconquista musulmana cancellò la presenza genovese nella costa levantina.
Anche sulla costa spagnola da Valencia a Gibilterra, che era in possesso dei musulmani, intorno al 1150 vennero stabiliti numerosi fondaci genovesi, ma di breve durata[
La prima espansione oltremare di Genova fu in Corsica, annessa nel 1284 (fino al Settecento) alla Repubblica genovese, e nella Sardegna nord-occidentale. La battaglia della Meloria segnò la definitiva sconfitta della Repubblica di Pisa da parte dei genovesi, che si annessero la Corsica. In quegli anni interi borghi di parlata ligure furono trapiantati in Corsica (principalmente a Bonifacio e Calvi) e tuttora caratterizzano parzialmente l'isola dal punto di vista etnico-linguistico. In Sardegna Sassari divenne comune confederato alla repubblica genovese nel 1294; sempre nel nord-ovest dell'isola si insediarono i Doria, che vantavano alcuni legami di parentela con i giudici di Torres, a cui si deve la fondazione di centri quali Alghero e Castelgenovese.
Vi fu contemporaneamente un'espansione genovese anche sulle rotte commerciali del Mediterraneo bizantino. Infatti la Quarta crociata ruppe la tradizionale cooperazione fra Venezia e l'Impero Bizantino. Con il trattato di Ninfeo del 1261 l'impero greco si alleò con Genova contro Venezia, e conseguentemente concesse alla Compagna Communis ed a famiglie e compagnie genovesi molte basi d'appoggio, garantendo loro un quasi monopolio del commercio nel Mar Nero.
Questi insediamenti furono attuati secondo un modello organizzativo estremamente importante nella Storia europea: essi costituiscono gli antecedenti medievali della colonizzazione moderna. La colonizzazione genovese non era basata sull'occupazione militare di un territorio ma sulla "concessione" per scopi commerciali di aree, dove si impiantavano famiglie di genovesi e liguri associate con i ceti dominanti locali
Le isole greche dell'Egeo Chio e Mitilene divennero il centro del commercio genovese verso l'Oriente. L'isola di Chio, in particolare, divenne prima feudo degli Zaccaria, che vi instaurarono la loro signoria, poi fu il ricco possedimento di una potente famiglia genovese, i Giustiniani, che la riuscirono a controllare e mantenere cristiana (davanti allo strapotere turco) fino al 1566 sotto il controllo della maona di Chio e di Focea.
Nella penisola di Crimea, Caffa ed altre cittadine vicine in mano alla Repubblica di Genova furono il punto di contatto tra il mondo mongolo-tartaro e quello dell'Europa occidentale. Per oltre due secoli e fino alla totale conquista ottomana dell'impero bizantino, le colonie genovesi del Mar Nero prosperarono ed arricchirono Genova.
La colonia di Pera, davanti a Costantinopoli, fu il perno centrale di questo sistema di colonie genovesi, che aveva basi in Bessarabia e Crimea come pure in Anatolia (a Trebisonda) e in Abcasia (Pitsunda). Ma anche entro le mura di Costantinopoli vi fu un Quartiere genovese.
Alcuni di questi genovesi di Pera e Chio rimasero ad Istanbul e Smirne fino al Novecento, quando (nel 1933 erano circa 15.000, assieme ai discendenti di mercanti e coloni veneziani) furono definiti Levantini, conservando i loro cognomi italiani ed il loro cattolicesimo fino ai nostri giorni
Le colonie genovesi sul Bosforo furono poche ma importanti. La più importante fu il quartiere di Galata e Pera, di là del Corno d'oro. "Galata" e "Pera" sono espressioni quasi sinonime, ma talvolta usate in coppia: "Galata e Pera". Per sua natura vicina alla città di Costantinopoli ma fuori dalle mura della stessa ed anzi separata dal Corno d'oro, questa area urbana era destinata ai "Franchi" cioè ai Cristiani Latini, in buona parte Genovesi e Veneziani, e godeva di autonomia amministrativa, in quanto era gestita dai consoli delle due Repubbliche. Galata fu genovese dal 1273 al 1453.
Il quartiere è dominato dalla torre di Galata, ricostruita dai genovesi come la Torre di Cristo dopo la Quarta Crociata e sopravvissuta fino ai nostri giorni.
Inoltre, dentro le mura di Costantinopoli, ma di fronte a Galata, c'era un quartiere genovese, che peraltro non godeva di alcuna autonomia.
La Repubblica di Genova ebbe colonie e possedimenti nella penisola di Crimea tra il 1266 ed il 1475. Le principali furono Caffa, Soldaia e Caulita (l'attuale Jalta), ed il loro territorio nella Crimea meridionale veniva chiamato Gazaria.
La Gazaria godeva di autonomia giuridica: il principale testo di legge ivi vigente erano gli Statuta officii Gazariae del 1341, rivisti nel 1441.
La zecca di Caffa batteva aspri d'argento.
Nel 1453 la Compagna Communis cedette la Gazaria al Banco di San Giorgio in pagamento di propri debiti. Questi domini furono tuttavia conquistati dall'Impero Ottomano nel 1474.
Con l'espansione dell'Impero Ottomano e la fine di Costantinopoli iniziò la decadenza delle colonie genovesi nel Mar Nero. Infatti nella seconda metà del Quattrocento, oltre a quelli in Crimea, furono persi dai genovesi i possedimenti nella Penisola di Taman (che era appartenuta alla nobile famiglia dei Ghisolfi).
Anche la basi commerciali di Licostomo (in Moldavia) e Maurocastro (vicino all'attuale Odessa) furono perse.
La fine delle colonie genovesi nel Mar Nero determinò una grave crisi economica per la città ligure nel Cinquecento. Questa crisi colpì enormemente Genova ed iniziò la sua decadenza
Genova era cresciuta a potenza marinara grazie al suo commercio con l'Oriente. Associandosi all'Impero bizantino aveva "scavalcato" la rivale Repubblica di Venezia nel mar Egeo, creando varie sue colonie nel Mar Nero (che arrivò finanche ad essere chiamato "Mare o Lago Genovese" nel Trecento ed inizio Quattrocento). Con la conquista turca di Costantinopoli, mentre Venezia aveva ancora una continuità territoriale di possedimenti dall'Adriatico al Peloponneso e Creta, per Genova invece vi fu la fine di ogni contatto con le sue ricche colonie in Crimea.
Conseguentemente Genova -colpita negli stessi anni dall'invasione francese e dal controllo milanese- iniziò ad accusare una crisi profonda nelle sue colonie e possedimenti. I traffici commerciali dei genovesi vennero quindi trasferiti nel Mediterraneo occidentale ed oltre Gibilterra. La penisola iberica (ossia il Regno di Spagna ed il Regno del Portogallo, arricchiti dai rispettivi possedimenti americani) divenne il teatro commerciale preferito dai mercanti genovesi, che svilupparono un sistema finanziario e bancario all'avanguardia nel mondo occidentale. Nel Cinquecento la comunità genovese in Spagna era numerosa e molto potente, radicandosi principalmente a Cadice, mentre quella a Lisbona influenzava parzialmente la colonizzazione portoghese del Brasile (dove ancora oggi l'accento è molto simile a quello genovese).
Andrea Doria riuscì a liberare Genova dai francesi nella prima metà del Cinquecento, sviluppando l'economia genovese principalmente verso l'Europa atlantica ed il Mediterraneo occidentale; l'isola tunisina di Tabarca, ricca di coralli, divenne genovese nel 1540 ed il commercio di schiavi sulla costa pacifica del Nuovo Mondo fu assicurato dallo sfruttamento del porto di Panamá dal 1520.
Ma tutte le colonie genovesi del Mare Nero e dell'Egeo andarono perse. Infatti le comunità della Crimea genovese furono costrette a rientrare in Liguria o furono massacrate. Esiste comunque la possibilità che una minima parte di loro sia rimasta (mescolata a gruppi di greci, armeni ed ebrei) fino all'Ottocento nell'area di Caffa, dove vi era in questo secolo recente una consistente comunità multietnica che aveva anche gruppi di Italiani di Crimea.[29]
Genova divenne la maggiore piazza finanziaria del Seicento italiano, grazie al suo Banco di San Giorgio che arricchì l'aristocrazia ed oligarchia genovese, ma la maggioranza dei suoi cittadini, che nei secoli precedenti avevano partecipato alla prosperità creata dalle colonie genovesi, cominciarono ad accusare una crisi economica che si incrementò fino ai tempi di Napoleone Bonaparte.
Nel Settecento scomparvero le ultime colonie genovesi: quelle nell'isola di Tabarka, occupata dall'Impero Ottomano (1742) e la Corsica con il Trattato di Versailles del 1768 venne annessa alla Francia.

Le principali colonie Genovesi:
Crimea: Caffa (l'odierna Feodosia) - 1266–1475 era la principale stazione genovese in Crimea; Cherson (l'odierna Sebastopoli) - 1250–1320/1427; Cembalo (l'odierna Balaklava) dal 1357 Alupka; Caulita (l'odierna Jalta);Lusta (l'odierna Alušta) - 1365–1434; Soldaia o Sugdeia (l'odierna Sudak) - 1266/87-1322, 1358/65–1475 nel periodo intermedio fu veneziana, ancora oggi è patrimonio UNESCO il suo Castello dei Genovesi; Solgat, o Solhat, Surcati (l'odierna Staryj Krym o Kirim); Sarsona; Chimmero; Vosporo (l'odierna Kerč) dal 1310.
Mar d'Azov: Tana (l'odierna Azov) - 1261/70–1343/92; Matrega (l'odierna Taman, nella penisola omonima in faccia a Kerc) - 1419–1482 alla famiglia Ghisolfi. La colonia genovese di Tana (nel punto più orientale del Mar d'Azov) aveva la caratteristica di essere unita alla colonia veneziana nella stessa città.
Caucaso: Copa (l'odierna Slavjansk-na-Kubani, nell'entroterra); Mapa (l'odierna Anapa); Bata (l'odierna Novorossijsk); Casto (l'odierna Chosta, parte di Soči); Layso (l'odierna Adler, anch'essa parte di Soči); Chacari (oggi Gagra); Abcasia; Santa Sophia; Pezonda (oggi Pitsunda); Cavo di Buxo (oggi Gudauta); Nicoxia (oggi Nuovo Athos); Savastopoli (oggi Sukhum); Lo Vati o Lo Bati (oggi Batumi).
Bessarabia Ginestra (oggi parte di Odessa); Samastro o Moncastro (anche Maurocastro o Cetatea Albă, oggi Bilhorod-Dnistrovs'kyj) - 1315/81–1403/34 (poi fino al 1484 veneziana); Chilia - 1352–1368; Licostomo (oggi Chilia Veche); fondaci a Costanza e Caladda.
Anatolia: Amastris o Samastris (oggi Amasra) - 1261–1402/1460; Penderachia (oggi Karadeniz Ereğli); Carpi (l'odierno villaggio di Kerpe); Simisso (oggi Samsun) - 1261–1402/61; Fondaci a Sinope e Trebisonda (oggi Trabzon) Scala Nova (oggi Kusadasi); Cesme (cittadina nell'odierna Turchia sulla costa prospiciente Chio); Smirne (odierna Izmir) ceduta ai Genovesi nel 1261 e dove ancor oggi è presente il loro Castello di San Pietro (XIV sec.)[16] Akcakoca (sul mar Nero vicino all'odierna città turca di Eregli); Sigacik[17] (odierna Turchia); Garipce, situata all'ingresso nord del Bosforo, sul mar Nero, il cui castello Genovese risale a circa 550 anni fa[18]; Rize (località che si trova sul mar Nero a un centinaio di kilometri da Trabzon, Turchia); Simena (in turco Kalekoy ovvero la città del castello ), vicina all'odierna Antalya.
Colonie nel Mar Egeo: Fra il 1314 ed il 1566 varie famiglie e compagnie genovesi ebbero il possesso di isole ed avamposti nel Mare Egeo. Per prima la famiglia Zaccaria ebbe le signorie di Scio fra il 1314 ed il 1324[20] e di Fogliavecchia dal 1314. Fogliavecchia passò successivamente ai Cattaneo (1331-1341). Limassol (Cipro) fu conquistata da Genova nel 1373. Lesbo era controllata dai Genovesi dalla località di Molyvos dove ancor oggi si può visitare il loro castello risalente al XIV sec.. La famiglia Gattilusio ebbe Fogliavecchia fino al 1449, ed inoltre Metelino ed Enos dal 1355, poi anche Lemno, Imbro, Taso e Samotracia, tutte come feudi dell'Impero bizantino fino al 1462. Il più importante e duraturo dominio genovese nell'Egeo fu tuttavia quello della Maona di Scio, la più importante compagnia genovese prima della fondazione del Banco di San Giorgio, di fatto controllata dall'"albergo" dei Giustiniani. Nel 1363 l'Impero Bizantino concesse alla Maona Chio, Samo, Enussa, Santa Panagia e Focea. Il dominio della Maona terminò con la conquista turca nel 1566.
Tabarca. Inoltre, a seguito della conquista turca del Mediterraneo orientale, la Repubblica di Genova annesse l'isola di Tabarka davanti alle coste della Tunisia confinanti con l'Algeria. L'isola appartenne alla famiglia genovese dei Lomellini dal 1540 al 1742. Alcuni discendenti di questi liguri trapiantati a Tabarca per sfruttare il locale corallo si trasferirono nella seconda metà del Settecento anche a Tunisi e Biserta, dove furono tra i primi Italo-tunisini della Tunisia contemporanea (altri nel 1738 fondarono la colonia di Carloforte nell'Isola di San Pietro e di Calasetta nell'Isola di Sant'Antioco in Sardegna e di Nueva Tabarka in Spagna).
Panama: Dal 1520 circa i Genovesi controllavano il porto di Panamá, il primo porto sul Pacifico fondato dalla conquista delle Americhe; i Genovesi ottennero in concessione lo sfruttamento del porto principalmente per il commercio di schiavi del nuovo mondo sul Pacifico, fino alla distruzione della primigenia città conseguente all'incursione del pirata Henry Morgan nel 1671.
Penisola Iberica. A Gibilterra, dal 1308 è noto il villaggio Genovese situato su Punta Europa dominato dal Castillo Genobese e il Casal de los Genovises, nel 1568 fu abitato da Andrea D'Oria, che decorò con lampadari votivi la chiesa della Vergine d'Europa. L'avamposto ed il castello scomparvero all'inizio del 1700 con gli scontri con gli inglesi, tuttavia nel 1753 i Genovesi erano circa la metà della popolazione, e fino al XIX secolo era censita una comunità Genovese, di lingua Genovese ed Italiana. A Malaga ancor oggi sono presenti le rovine del Castello Genovese e delle mura che cingono il villaggio fino al Mare, dominate da torri che proteggevano il porto dell'insediamento genovese risalente al XIV-XV sec. .


GENOVA COME ESEMPIO STORICO DI SOCIETA’ TOLLERANTE E MULTIETNICA

Anche in questo caso è interessante capire cosa accadeva quando Genova era la Superba Repubblica, la Dominante dei Mari. Come osserva Roberto Lopez, autore di un celebre libro sulle colonie genovesi, Genova fu probabilmente la sola importante città italiana nella quale le associazioni artigiane rimasero sempre aperte a chiunque superasse gli esami tecnici di ammissione, stranieri compresi.
Genova non attuò alcuna forma di protezione per le sue attività mercantili e consentì agli stranieri residenti d'esercitare quasi tutte le attività commerciali permesse ai propri cittadini. Non sorprende quindi che Genova fu estremamente liberale nel concedere la naturalizzazione degli stranieri, contrariamente alla maggior parte delle città italiane che frapponevano ogni sorta di ostacoli. A Venezia, per fare un esempio, la cittadinanza piena veniva concessa solamente per meriti straordinari. Solo nel basso medioevo, in un periodo di depressione, una legge del 1404 esigeva un minimo di residenza di tre anni. Altrimenti Genova accordava immediatamente tutti i privilegi della cittadinanza a chiunque promettesse di accettarne i doveri.
Acutamente il Lopez rimarca che «questa politica, adottata anche nelle colonie del mar Nero e del Levante, fu uno degli strumenti migliori della potenza genovese secondo la testimonianza di un ammiratore non sospetto, un senatore veneziano del XIV secolo».
Perfino quando nel mondo era diffusa la schiavitù, l'atteggiamento dei genovesi si rivelava estremamente tollerante anche con gli schiavi, prevalentemente donne di razza bianca, non mancando la mano d'opera maschile. Infatti le schiave potevano essere riscattate e, come ci informa il Belgrano, moltissimi documenti notarili comprovano che i padri non esitavano a riconoscere i loro figli illegittimi, spessissimo nati da relazioni con schiave.
Questo accadeva nella Serenissima Repubblica di Genova: chi accettava i doveri, ossia le leggi e i costumi della città, era accolto senza difficoltà: poteva diventare cittadino e godere dei diritti che ne derivavano. In questo senso Genova era una città cosmopolita, un luogo dove confluivano gli interessi del mondo di allora, ma non era multietnica perché richiedeva agli stranieri la completa integrazione e il rispetto della città e dei cittadini. Ben altra cosa rispetto alla situazione di oggi in cui, sotto un apparente rispetto delle tradizioni dei popoli, si consente una continua violenza sui genovesi e si tollera un'ignobile situazione di sfruttamento degli stranieri.


GENOVA UNA CITTA' DI FAMIGLIE

Dall’età della prima Crociata - vinta grazie al prode genovese Guglielmo Embriaco, il conquistatore di Cesarea e Gerusalemme che porta segretamente in città il Santo Graal, cercato a lungo senza successo dai Cavalieri della Tavola Rotonda come dal moderno Indiana Jones - ha inizio la storia più gloriosa di Genova, che conoscerà il suo culmine nel Siglo de Oro, e ha inizio anche l’epopea dei cognomi nobiliari.
I mercanti delle Repubbliche, promotori di una formidabile spinta alla crescita economica, istituirono i rudimenti, che affinarono anche sul piano giuridico, del capitalismo, incentivando i progressi tecnologici legati alla navigazione , a ragione ritenuta il fondamentale supporto per il primigenio accumulo.
Il dominio del mare assicurò, almeno fino al XVI secolo, la grandezza e la prosperità legando, attraverso varie e intricate vicissitudini, il sistema economico al sistema politico. Al dominio del mare conseguì quello degli spazi terrestri; Venezia, Genova, via via le altre città amministrarono un vasto retroterra che fornì uomini, soldati, prodotti di sussistenza e che fu causa di aspre contese tra il Consiglio urbano e i signori feudali .
Con l’ottenimento del dominio del mare si affermò un «patriziato mercantile» dove i più ricchi popolani si infiltrarono - non senza fatica perché essi rappresentavano pur sempre un’aperta sfida ai codici morali ed etici presenti nell’epoca - nella nobiltà e mentre verso la metà del secolo XII la principale distinzione di classe passava ancora fra nobiles e semplici artificiati, l’irresistibile tendenza all’espansione commerciale avrebbe portato alla creazione di una aristocrazia composita, di «nobili antichi» (come gli Spinola,i Doria, i Fieschi) e di «nobili popolari» (come i Giustiniani); tutti coloro che avevano fatto fortuna si affrettarono a diventare cavalieri, mentre i più vecchi casati, a partire dall’inizio del secolo XIII, consolidarono la loro posizione territoriale estendendo i propri possedimenti territoriali e stringendo matrimoni con le aristocrazie baronali .
I mercatores genovesi, appoggiandosi alle «virtù del denaro», spingevano, trovando unità di intenti, per l’accesso alle più alte cariche e vi riuscirono pienamente nel XIII secolo, soli o uniti ad una parte della vecchia aristocrazia, dirigendo le istituzioni, il dogato, riducendo il potere dei vescovi, acquistando possedimenti che consolidarono e fusero con quelli appartenenti alla nobiltà «di casata», controllando la città, le colonie e diventando infine la vera classe dominante.
Per la Genova dell’epoca la famiglia rimane il perno centrale oltre che degli affetti anche degli affari. Genova è una società comunale nella quale i nuclei familiari rivestono un enorme potere, come dei veri e propri centri lobbystici ante litteram
«È il cognome il vero “blasone” di una storia genovese che, pur avendo fatto precocemente del denaro una chiave di volta della sua storia, ha serbato fede costante a una fiera arcaicità di modelli, mantenendo saldamente legata alla famiglia l’organizzazione istituzionale in tutti i tempi».
Quest’attitudine conservatrice, spiega la Professoressa Gabriella Airaldi (che ha curato per la Fratelli Frilli Editori la prefazione alla riedizione del libro "Le famiglie nobili genovesi" di Angelo M. G. Scorza del 1924) si riverbera altresì nell’esistenza del blasone, che tradisce «il desiderio e la volontà di richiamarsi a quei valori cavallereschi e guerrieri, che sono fondamento dell’identità nobiliare europea». Fortemente mediterranea ma al tempo stesso legata al continente, l’antica Genova nobiliare non fu soltanto una città a vocazione mercantile, dunque, ma il crocevia di aspirazioni, ideali e vocazioni tipicamente e autenticamente europei.


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Il questo link uno studio di Laura Balletto su come i Giustiniani seppero interessare allo sviluppo dei commerci di Chios anche i nativi isolani, che si sentirono così gradualmente, per così dire, genovesizzati, anche attraverso vincoli familiari. Oltre a tutto ciò, l’isola di Chios divenne ben presto meta d’un notevole afflusso immigratorio, che vide arrivare in loco non solo gente proveniente da Genova e dalla Liguria, ma altresì da altre regioni italiane ed anche extra italiane. Ed uno degli elementi che caratterizzò questa immigrazione - e che storicamente appare fra i più importanti ed interessanti - è rappresentato dall’afflusso nell’isola di Chio di più membri di un medesimo gruppo familiare, i quali talvolta, dopo un certo tempo, rientrarono in patria e talvolta, invece, restarono colà vita natural durante, vi defunsero e vi vennero sepolti. Gli esempi che, circa questo fenomeno, si possono trarre dalla lettura di anche soltanto una parte dei numerosissimi atti notarili pervenutici, redatti da notai genovesi e/o liguri nell’isola di Chios nel Quattrocento, sono molti e si riferiscono ai più diversi livelli della scala sociale.
GLI ORIZZONTI APERTI. PROFILI DEL MERCANTE MEDIEVALE , a cura di G. Airaldi, Torino 1997 © degli autori e dell'editore. (Indice. - Gabriella Airaldi, Introduzione. Per la storia dell’idea di Europa: economia di mercato e capitalismo. - Jacques Le Goff, Nel Medioevo: tempo della Chiesa e tempo del mercante. - Roberto S. Lopez, Le influenze orientali e il risveglio economico dell’Occidente. - Eliyahu Ashtor, Gli ebrei nel commercio mediterraneo nell’alto medioevo (secc. X-XI). - Abraham L. Udovitch, Banchieri senza banche: commercio, attività bancarie e società nel mondo islamico del Medioevo. - Nicolas Oikonomides, L’uomo d’affari. - Armando Sapori, La cultura del mercante medievale italiano. - David Abulafia, Gli italiani fuori d’Italia. - Gabriella Airaldi, Modelli coloniali e modelli culturali dal Mediterraneo all’Atlantico. - Jacques Heers, Il ruolo dei capitali internazionali nei viaggi di scoperta nei secoli XV e XVI. - Gabriella Airaldi, L’eco della scoperta dell’America: uomini d’affari italiani, qualità e rapidità dell’informazione)
“L’OCHIO DRITO DE LA CITÀ NOSTRA DE ZENOA” IL PROBLEMA DELLA DIFESA DI CHIO NEGLI ULTIMI ANNI DEL DOMINIO GENOVESE. di Enrico Basso tratto da: Associazione di studi storici militari
LE MONETE A CHIOS AL TEMPO DEI GIUSTINIANI
Si ringrazia in particolar modo il Prof. Andreas Mazarakis per il suo contributo alla stesura di questo paragrafo
MONNAIS INEDITES DE CHIO di P. Lambros, Parigi 1877 (testo in francese)
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HISTORE DE LA RÉPUBLIQUE DE GÊNES di Émile Vincens, un testo in francese del 1843, scaricabile gratuitamente su internet
CASTIGATISSIMI ANNALI DELLA REPUBBLICA DI GENOVA di Agostino Giustiniani, versione integrale del libro


Molta documentazione su questo periodo storico su:

Associazione Culturale Bisanzio    Reti Mediovali                                          



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