Palazzo Giustiniani, sulla Piazza omonima, ed il blasone di famiglia posto
sopra il portone d'ingresso. (Tratto da www.irolli.it ). Nella foto centrale è visibile sul lato destro del Palazzo posto proprio sopra la finestra del primo piano il "Leone
Tergestino" preda di guerra della Repubblica Genovese del 1380 durante la
Guerra di Chioggia
contro la Repubblica Veneta (declamato anche dal Poeta Gabriele D'Annunzio)
Leone dei Giustiniani Parole dette il VI Maggio nei giardini del Pelagio di Andrea Doria, ricevendo in dono il gesso del leone Tergestino che è murato in una casa dei Giustiniani (G. D'Annunzio)
I quattro busti "Giustiniani" presenti nell'atrio del Palazzo.
Più che di palazzo Giustiniani a Genova, dovremmo parlare di più palazzi
in quanto diverse dimore in città furono per più tempo di proprietà di alcuni membri
della famiglia.
Sulla Piazza Giustiniani ne insistono due, uno al civico 6, caratterizzato soprattutto
dagli interventi di Marco Aurelio Giustiniani ed un altro meno vistoso su Via dei
Giustiniani al civico 11.
PALAZZO GIUSTINIANI - PIAZZA GIUSTINIANI, n. 6
Questo Palazzo, restaurato nel corso del 2004 ad opera della fondazione Franzoni, porta
proprio nel nome del suo committente il segno del forte legame che ha unito Roma e Genova
in età barocca: esso fu costruito alla fine del Cinquecento dal cardinale Vincenzo
Giustiniani (1519-1582), generale dellordine dei domenicani. La piazza sulla quale
affaccia il palazzo è di forma rettangolare di circa 12x26 metri e ricalca le orme del
tracciato urbano cinquecentesco, a sua volta erede dellassetto medievale.
Il palazzo fece ripetutamente parte dei Rolli della Repubblica di Genova, le liste delle
dimore nobiliari che venivano precettate per ospitare corti e ambasciatori stranieri.
Nelle vie adiacenti le case delle famiglie che facevano parte del cosiddetto
"albergo" dei Giustiniani, formando un vero e proprio quartiere posto lungo
lasse stradale della Via chiavica o Clavica (attuale Via dei
Giustiniani), secondo lantico toponimo che indicava la presenza di un rivo poi
interrato, estendendosi a quelli paralleli del Carrubeo Crucis (attuale Via di Canneto il
Lungo) e della Platea Longa (attuale Via di San Bernardo), nellarea compresa tra la
cattedrale di San Lorenzo, la collina di Castello e lantico porto, con il fulcro
nella piazza che ancor oggi porta il loro nome.
Larea del palazzo, era spazio protetto sin dal XII secolo dagli abusi privati con
lodo consolare che assicurava, per il ruolo centrale di passaggio e mercantile, la
pubblica agibilità. Documenti risalenti al XV secolo offrono informazioni circa la
collocazione urbanistica e larticolazione dei volumi edilizi, dellesistenza di
una loggia angolare che affacciava parte sulla piazza e parte sul percorso, della
distribuzione delle proprietà dellalbergo.
Nelle immagini da sinistra in senso orario: Il
Leone di San
Marco sull'esterno, nell'atrio capitello di una colonna e fregio con stemma
gentilizio e la lapide commemorativa.
Lo stemma dei Giustiniani sul cancello posto sulla seconda rampa di scale sulla sinistra
L'aspetto unitario é dovuto ad una serie di interventi che la famiglia Giustiniani, nella
figura di Marcantonio, realizza tra XVII e il XVIII secolo con l'acquisto e l'accorpamento
dell'ala nord di proprietà di Filippo Scaglia, eredi di Giovanni, elencato solo nel 1599;
forse lo stesso di Agostino Giustiniani Campi, doge nel 1591. E' sul prospetto di
quest'ultimo che si vede ancora un bassorilievo con il leone di San Marco, portato da Pola
D'Istria nel 1380 dopo l'ultima sconfitta di Venezia.
La facciata del palazzo si inserisce nel filone delle modificazioni urbane che hanno
cambiato il volto delledilizia storica della città a partire dal XV secolo: per
processo di accorpamenti successivi, si sostituisce alla fabbrica su lotto gotico il tipo
del palazzo gentilizio; alle logge che aprivano e caratterizzavano lo spazio pubblico il
sistema cortile interno/atrio/scala monumentale.
Tutta la piazza testimonia del resto la forza secolare di una parentela che, sotto il nome
di "maona", forma peculiare di azienda semipubblica a Genova, ebbe dal Comune
medievale anche il compito di amministrare l'isola di Chios, unica colonia territoriale di
un dominio, tutto commerciale, genialmente fondato su una flessibile rete di punti di
sbarco.
Sulla piazza, ampliata, sopraelevata di alcuni gradini nel XV secolo e chiusa da bassi
paramuri per segnare i limiti di proprietà della famiglia, si affacciano due piani
nobili, segnale della presenza di due linee ereditarie come per i palazzi Rosso e Bianco
di Strada Nuova. Se l'impianto medievale é ancora riconoscibile nei corsi in pietra del
basamento, le facciate di bella quadratura monocroma con finestre coronate dall'arme
giustiniana, l'atrio a padiglione lunettato e il portale esterno sono chiaramente
secenteschi, così come i portali interni in pietra nera sormontati da busti marmorei,
opere dei maestri Bartolomeo Spazio e Daniele Solaro.
Suggestioni della Galleria Giustiniana del marchese
Vincenzo Giustiniani’ in alcuni marmi del palazzo
Giustiniani di Genova di Alberta Bedocchi (in Quaderni della Società Ligure di Storia patria 12, 2022)
Nella prima metà del XIX secolo si sopraeleva l'edificio di un piano e si chiude la
Loggia dei Giustiniani che, sull'angolo con la via omonima, era stata assorbita nella
ristrutturazione di Gio. Antonio Ricca (1690), e costituiva, insieme alla piazza, un noto
e autorevole luogo d'incontro nella vita quotidiana di antico regime.
Il corpo edilizio di Palazzo Giustiniani, testimonia nellambiguo rapporto fra
espressività individuale e inserimento nel tessuto urbano il processo di trasformazione
storica che ha portato alla configurazione a L mantenuta inalterata fino ad
oggi: larticolazione del volume denuncia le origini medievali del corpo edilizio,
mentre la ristrutturazione del secolo XVII ne afferma autonomia linguistica e volontà di
nuova presenza e rappresentatività sullo spazio pubblico.
Gli altri edifici che si aprono sulla piazza ricoprono quasi fedelmente le giaciture
medievali. Fra questi a sud-est il seicentesco Palazzo Saluzzo, oggetto di rimaneggiamenti
in epoca barocca che hanno modificato sostanzialmente limpianto interno
delledificio.
Utilizzato nel XX secolo come grande magazzino di stoffe e poi di mobili, palazzo
Giustiniani é stato adattato alle nuove esigenze attraverso la sostituzione di solai in
legno con quelli in cemento armato oltre che con la riduzione dei grandi saloni originari.
L'edificio, nel centro storico genovese, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo,
ospita tra laltro il primo polo museale privato ligure di oltre ottocento metri
quadri, conservando comunque un organismo architettonico simmetrico unitario ben visibile.
La leggenda vuole che al suo interno ci sia un passaggio segreto che poteva condurre gli
eventuali fuggiaschi verso l'asilo nella cattedrale di S.Lorenzo e si vocifera persino che
quel cunicolo trattenga gli echi di quanti non poterono raggiungerlo in tempo quel
rifugio...
Palazzo Giustiniani prima del restauro, sul lato occidentale della piazza, palazzo
Granello su quello orientale
(foto di Piero Migliorisi) e come è oggi (foto di Enrico Giustiniani)
PALAZZO GIUSTINIANI - VIA DEI GIUSTINIANI, n. 11
notizie in parte tratte dal sito della La
Fondazione Franzoni Onlus
Palazzo Giustiniani, Via dei Giustiniani n.11 (Tratto da www.irolli.it e
da La Fondazione Franzoni Onlus )
Conosciuto attraverso fonti letterario del XIX secolo come palazzo Franzoni, è
sede dal 1826 dell'omonima "libreria". Venne edificato tra il 1550 e il 1582 dal
cardinale letterato Vincenzo Giustiniani Banca su un'area di antico insediamento familiare
e lungo un asse viario strategico di penetrazione interna, lungo l'antica asse viaria
parallela allattuale Via S. Lorenzo.
Vincenzo Giustiniani, fu insigne mecenate delle arti, soprattutto in Roma, e letterato
raffinato, fu - tra laltro - il promotore delleditio critica dellopera
omnia di San Tommaso dAquino. Anchegli appartenne allOrdine dei
Domenicani, del quale, nel 1558, fu eletto Ministro Generale. Partecipò al Concilio di
Trento e papa Pio V lo nominò Nunzio Apostolico in Spagna presso la corte di Filippo II.
Nel Concistoro del 1570 venne creato cardinale.
Proprietà del casato per oltre tre secoli, cui Vincenzo Giustiniani nobilmente lo aveva
dedicato con una Pia lascita, l'edificio fece ripetutamente parte dei Rolli della
Repubblica di Genova, come risulta dal censimento effettuato da E. Poleggi (Una reggia
repubblicana, Atlante dei palazzi di Genova 1576-1664, scheda n. 70), a nome del
principale legatario della stessa lascita (Pier Giuseppe Giustiniani) o dei suoi
fedecommissari.
Palazzo Giustiniani - prospetto da Via Cabrera (Tratto da La Fondazione Franzoni Onlus)
Il palazzo, che conserva un organismo unitario tuttora leggibile, caratterizzato da un
tradizionale prospetto asimmetrico, è giunto fino a noi praticamente inalterato, se si
eccettua l'intervento settecentesco di tamponamento parziale dell'imponente scala loggiata
sul cortile, e costituisce ancora adesso un raro esempio di costruzione autonoma rispetto
al contesto edilizio circostante.
Acquistato nel 1826 dalla Congregazione degli Operai Evangelici Franzoniani, divenne sede
- al secondo piano nobile - della libraria personale dellabate Paolo
Gerolamo Franzoni (1708-1778) che, nel 1749, laveva aperta gratuitamente al
pubblico. E la biblioteca Franzoniana ha svolto il proprio servizio culturale in questo
cinquecentesco palazzo fino al 1965.
A partire dal 2001 la proprietà aveva provveduto al restauro conservativo del monumentale
atrio e vano scale loggiato delledificio, cui era seguito il restauro
dellantico montacarichi manuale, usato nel XIX e inizi del XX secolo per carico e
scarico delle balle di cotone, e riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali
monumento nazionale.
Nel 2003, grazie alle opportunità offerte dal Comune di Genova e dalla Soprintendenza per
i Beni Architettonici e Ambientali della Liguria nellambito della valorizzazione e
del recupero dei palazzi appartenuti allelenco dei Rolli, palazzo Giustiniani
Franzoni è stato oggetto di un accurato restauro conservativo che ha riguardato i
prospetti delle facciate.
Lintervento ha, tra laltro, riportato alla luce parte della decorazione a
fresco un tempo esistente sul prospetto che si affaccia su Via Chiabrera e una colonna
medioevale sul prospetto opposto (vico Stoppieri) che testimonia come lintera
costruzione sia stata edificata sulla preesistenza di più antichi edifici forse
appartenuti al medesimo casato.
L'Unesco ha riconosciuto il sistema dei palazzi dei Rolli Patrimonio mondiale
dell'umanità.
Palazzo Giustiniani - progetto Rolli (Tratto da La Fondazione Franzoni Onlus)
La Fondazione Franzoni Onlus,
utilizza il Palazzo come Centro privato per le arti figurative, trasformando lo storico
edificio in un luogo aperto agli studi sulla storia della città, e le sue eleganti sale
in uno spazio per mostre e convegni.
(notizie tratte in parte dal sito www.irolli.it dove trovate anche l'elenco dei Palazzi Genovesi appartenuti ai Giustiniani. Il sito www.irolli.it si propone di divulgare la conoscenza di questa storia e di questi palazzi che raccontano una Genova magica di re, corti, dogi e principi uniti alla concretezza tipicamente genovese e alla modernità di un'ospitalità fatta di case private rese pubbliche.
Madonna del soccorso. L'edicola, posta tra il portoncino del n. civico 22 in Piazza dei
Giustiniani e la finestra del primo piano, è composta da un bassorilievo policromo che
rappresenta, a mezzo busto, la Madonna col Bambino. Sotto, una lastra a
bassorilievo con due puttini che reggono un serto circolare (tratto da: Chi era
costui.com ). Al centro l'edicola con la Madonna posta in Via
Giustiniani angolo con la Piazza omonima (foto di Enrico Giustiniani), a destra
una incisione d'epoca della Via Giustiniani con all'angola l'edicola della
Madonna.
LE LOGGE DEI GIUSTINIANI - IL CONCETTO GENOVESE
DI FAMIGLIA (tratto da: Le logge medievali di Genova. Architettura e immagine della città di Gaia Aleandri, Genova University press 2023).
«Tutte le famiglie della città hanno una stanza publica nominata loggia, dove si riducono di giorno e di notte per vari uffici»
(Agostino Giustiniani, Castigatissimi Annali della Repubblica di Genova, 1537)
Nel centro storico di Genova è ancora visibile un tratto distintivo della città
medievale: la presenza lungo le vie di numerose logge, quasi nascoste alla vista
del passante distratto perché tamponate ormai da secoli e rivestite da strati di
intonaco. Si tratta di vani un tempo aperti, sostenuti da pilastri e colonne, con
un fronte variabile da un solo fornice a una serie di archi in linea. Alcune sono
state oggetto di interventi di restauro, ma nella maggior parte dei casi la loro
configurazione architettonica è appena leggibile attraverso qualche dettaglio
superstite.
Anche quando gli studiosi hanno rivolto il loro interesse alla vita e alle abitazioni delle famiglie nobili genovesi, non pare sia mai stata indicata in dettaglio
la funzione della loggia familiare, che aveva un utilizzo privato, non di transito.
Focalizzare l’attenzione sulle case porticate significa effettuare uno studio
attraverso la storia, l’architettura, l’arte e la letteratura. Il patrimonio di conoscenze già parzialmente elaborato da altri, anche in contesti differenti, diventa
la base per una breve indagine sulle famiglie consortili e sul loro ruolo da protagoniste nel determinare l’assetto dello spazio urbano.
Le logge del patriziato urbano, costruite nel periodo dal XII al XVI secolo,
non sono soltanto vani di accesso all’abitazione, sono spazi utilizzati dai proprietari anche per le loro attività commerciali e per i momenti di svago, per
accogliere gli ospiti e celebrare le feste di famiglia. In questo caso le loro dimensioni e i motivi ornamentali manifestano il censo e l’importanza del casato.
Le logge sono tracce tangibili di uno stile di vita durato diversi secoli, fino
all’epoca rinascimentale, quando si assiste a un rinnovo edilizio che nasce
dall’aspirazione dei ceti dominanti verso più aristocratici modelli residenziali.
La loggia del palazzo viene chiusa per dare spazio e prestigio alla zona destinata all’atrio e alla scala, mentre l’ingresso assume dall’esterno la connotazione
architettonica di un portale decorato.
Gli interventi sugli edifici nella maggior parte dei casi hanno nascosto,
senza distruggerle, le strutture architettoniche originarie, lasciando pressoché
intatta la precedente fisionomia urbana. Dietro i solenni prospetti di residenze
aristocratiche o le semplici facciate delle case popolari sono rimaste sorprendentemente ben conservate le vestigia della città medievale, riportate alla luce
soprattutto grazie a una campagna di scrostamenti degli strati superficiali di
intonaco, ormai deteriorato, effettuata dall’Ufficio Belle Arti di Genova nei
primi decenni del Novecento. Altri interventi sono stati realizzati nella seconda
metà del secolo durante il restauro o la ricostruzione di edifici danneggiati
dagli eventi bellici, con particolare attenzione al loro aspetto originario. Da
questo lungo processo di recupero sono emersi numerosi ambienti un tempo
porticati.
Una connotazione edilizia tipica dell’ambiente urbano medievale è la presenza
del portico che, con funzioni diversificate, costituisce un punto di riferimento
e sovente un luogo di ritrovo per gli abitanti. La struttura porticata è un tratto
distintivo sia per i palazzi pubblici sia per le case private. A Genova l’immagine della loggia assume una valenza particolare, strettamente legata all’utilizzo
dello spazio residenziale, che si diversifica dalla distribuzione dell’abitato di
altri centri marittimi, come Pisa e Venezia. Il tessuto urbano risulta costituito da
due tipologie di insediamenti compresenti sul territorio: per quanto riguarda
l’edilizia minore, si tratta di case inizialmente monofamiliari aggregate su tre
lati. I fianchi sono in comune con quelli del fabbricato adiacente, mentre il retro
è confinante tramite un doppio muro con l’edificio contrapposto. Ne risulta
una trama abitativa che presenta moduli in sequenza che formano sistemi di
lottizzazione a doppio pettine. I prospetti delle case affacciano sulla strada con
una serie pressoché continua di vani porticati a volta, utilizzati come botteghe
e per attività artigianali.
Per quanto riguarda gli insediamenti nobiliari, raramente si localizzano
lungo i percorsi di transito. La consorteria organizza il proprio centro di potere
intorno a piccole piazze o su strade minori interne, con strutture autonome
autogestite. Il palazzo principale ha una loggia che rappresenta, per dimensioni e ricchezza dei materiali, il prestigio del casato. I vani porticati, volte o
logge, sono privati. La loggia appartiene alla famiglia, la volta può essere in
proprietà o in affitto. Lungo le strette vie questi spazi ampliano la visuale del
passante, sono una sorta di ‘vetrina’, che nel caso della loggia offre l’autorevole
immagine del gruppo consortile, nel caso della volta dà visibilità ai prodotti in
vendita e all’attività dell’artigiano. Caratteristica comune di questi portici è la loro connotazione di ‘soglia’, di
spazio aperto tra l’interno e l’esterno, che consente e protegge l’accesso agli
ambienti domestici situati ai piani superiori.
Le famiglie nobili di varia estrazione che concorrono a formare il ceto dirigente
genovese si insediano nei punti strategici del centro cittadino, occupando spazi
pubblici che vengono gestiti, a seconda delle situazioni politiche contingenti,
come centri di potere privato. Qual è il concetto di famiglia per questa classe
sociale elitaria e quale influenza ha sul territorio urbano? Mentre nei ceti meno abbienti la famiglia ha un carattere nucleare (coniugi e
figli), le famiglie aristocratiche si identificano con la stirpe, il lignaggio e compren-
dono i rami collaterali e anche persone, non necessariamente legate da vincoli
di parentela, che abitualmente condividono un medesimo luogo di residenza.
La famiglia divisa perde almeno in parte il proprio potere, per cui è fortemente
ribadita una raccomandazione: se alcuni membri desiderano una separazione devono ricordare che l’utilità e l’onore di tutta la famiglia vanno preposti agli
interessi dei singoli.
A Genova i confini parentali della famiglia, non sempre ben definiti, vengono indicati, a proposito delle modalità di successione, nello Statuto dei Padri
del Comune, nel XV secolo:
Per la sua famiglia si intende chiunque [...] sia ospitato o abiti nella casa del
testatore, ricevendo o nutrimento, o vestiario o un salario e nessun altro, anche
se appartenente alla stirpe, al lignaggio o all’albergo del testatore che però non
sia ospitato nella sua casa.
La comune dimora sembra in questo caso prevalere nettamente sui legami
parentali. La dimora familiare è dunque sentita come punto di riferimento fondamentale
per tutti coloro che hanno legami con essa: il fulcro degli affetti per quanto
riguarda la vita domestica, il simbolo tangibile della continuità attraverso le
generazioni che l’hanno abitata e che l’abiteranno, l’immagine all’esterno,
attraverso il palazzo di rappresentanza e la loggia, della coesione e del prestigio della famiglia. L’associazione familiare intesa come struttura sociale a difesa degli interessi
del gruppo trova a Genova uno sviluppo peculiare nell’"albergo".
e prime menzioni della parola "albergo" da parte degli annalisti genovesi
risalgono alla seconda metà del XIII secolo: «albergo seu cognomen», «de
domo seu de albergo».
Nel primo caso è messo in rilievo il patronimico. Nell’albergo il cognome
è comune per tutti i suoi membri: in genere si tratta di quello della famiglia più
influente, ma a partire dal XIV secolo si creano alcuni alberghi con un nome fittizio che ‘nobilita’ le origini dei consociati,
come ad esempio per i Giustiniani.
Nel secondo caso l’albergo esprime la sua connotazione topografica, sia
che un solo cognome si ampli a gruppi coresidenti, sia che famiglie singole vengano aggregate con obbligo di trasferire la residenza. La coesione dell’albergo
deriva dal fatto che tutti i suoi membri abitano la medesima contrada: la proprietà familiare è concentrata su una porzione di spazio urbano.
Nella parrocchia gentilizia situata nel cuore della contrada possono essere
celebrate cerimonie religiose che riguardano i membri della famiglia, indipendentemente dall’effettiva residenza degli interessati.
Nel clima urbano di
lotte intestine, per cui ogni famiglia rilevante per censo, nobiltà e potenza può
diventare oggetto di violenze esterne, queste chiese offrono protezione maggiore da possibili aggressioni rispetto ad altri luoghi di culto cittadini.
L’albergo ha precisi significati socio-culturali. Entrare a farne parte significa
essere ammessi alla fama e all’onore del casato. Lo stemma nobiliare è simbolo di appartenenza e connota lo spazio residenziale. È rappresentato sulle
insegne, sulle armi, sulle navi, sui prospetti delle dimore familiari, spesso nei
pilastri d’angolo o sotto le volte delle logge.
La mancanza di un forte potere centralizzato favorisce a Genova gli insediamenti
nobiliari, che si caratterizzano dal punto di vista urbano perché costituiscono
nuclei edilizi autonomi, con il palazzo principale loggiato e le case degli appartenenti ai vari rami familiari che si allineano lungo una via o si dispongono
intorno a una piccola piazza. Le contrade, pur identificandosi con porzioni di
città, hanno ciascuna una propria peculiare distribuzione sul territorio e sono
dotate di tutto quanto può occorrere alla vita di chi vi risiede: una o più torri
per la difesa, fondaci e botteghe per le attività artigianali e commerciali, bagni
e forni per le necessità quotidiane, talora una chiesa per celebrare funzioni
private.
La motivazione di questa aggregazione sul territorio è soprattutto difensiva:
durante le lotte tra fazioni i blocchi di edifici dell’albergo, strettamente serrati
intorno alla piccola piazza, intaccati appena da qualche vicolo, protetti dalle
torri, diventano autentiche fortezze nel cuore stesso della città.
I legami familiari, prima della consorteria poi dell’albergo, favoriscono
la tutela di interessi comuni secondo consuetudini già collaudate nel secolo
XII che, formatisi in ambito nobiliare, si trasmettono nei secoli XIII e XIV al
mondo della mercatura e dei traffici marittimi. Con l’espandersi dell’economia genovese, i patrimoni delle classi agiate, prima costituiti da ricchezze
quasi esclusivamente immobiliari, si convertono prevalentemente in capitali
finanziari, con una gestione patrimoniale simile a quella delle moderne società
commerciali.
In alcuni casi l’albergo trova un ulteriore punto di riferimento comune nella
parrocchia gentilizia, privilegio concesso solo ad alcune famiglie. Queste parrocchie sono comprese nel territorio dell’albergo e possiedono un’adeguata
dotazione indipendente dal patrimonio personale del fondatore.
Fino a metà del XV secolo anche le abitazioni dei nobili ospitano al piano
terreno le attività commerciali, che si svolgono in appositi spazi privati: il fondaco per lo smistamento delle merci è in genere un piccolo cortile interno
situato tra due edifici contigui, con accesso dalla strada; su di esso si affacciano
le volte, utilizzate come magazzini, che hanno un ingresso anche dal portico
principale. Lungo la via pubblica si aprono le botteghe, che la consorteria utilizza in proprio o cede in affitto.
Dalle testimonianze dei contemporanei le logge appaiono come luogo di
incontro per lo svolgimento degli affari e come punto di ritrovo per il tempo
libero e le cerimonie familiari. Collocate nell’ambito protetto della contrada,
diventano lo spazio privilegiato di comunicazione e di svago per le donne della
famiglia.
Particolarmente interessante un documento del 1472 in cui viene indicato
in modo dettagliato l’utilizzo della loggia da parte delle famiglie genovesi:
Corrado de Campis chiede al Comune di poterne costruire una nello spazio
libero prospiciente la sua casa e indica le motivazioni: la loggia è necessaria
per radunarsi, quando le circostanze lo richiedano, per le esequie dei morti, le
cerimonie di nozze e l’allestimento di convivi.
La loggia non è solo l’ambiente che ospita cerimonie particolari, può avere
anche altre modalità di fruizione nell’ambito della vita quotidiana. A Genova,
abbiamo numerosi documenti che testimoniano l’utilizzo del portico familiare
anche da parte di personaggi estranei alla famiglia che possono frequentarlo e
temporaneamente occuparlo. Si tratta di notai e commercianti, che vi svolgono
la loro attività, i primi dietro pagamento di un canone di locazione, i secondi
dopo aver ottenuto licenza dal proprietario. In questo caso, se non versano un
vero e proprio affitto, hanno comunque modo di sdebitarsi con il proprietario
in natura o con prestazioni.
La loggia privata, in quanto espressione di un modo dell’abitare tipicamente
medievale, è destinata a seguire gli sviluppi del comportamento sociale. Nel
Quattrocento a Genova inizia gradualmente il processo di scissione nel tessuto
urbano tra ceti dominanti e classi subalterne; il patriziato che fino ad allora
aveva condiviso con il resto della popolazione lo spazio cittadino è diventato
un gruppo elitario per ricchezze e potere. La consapevolezza di uno status
sociale privilegiato si manifesta anche con l’immagine esteriore della propria
residenza che si adegua gradualmente ai nuovi canoni rinascimentali. L’esito
finale sarà la creazione nel Cinquecento di Strada Nuova, una via di sontuosi
palazzi esclusivamente destinati all’aristocrazia, lontana dal groviglio dei vicoli
bui e pieni di traffico. Alcune famiglie, come gli Imperiale, scelgono di rimanere nella contrada, ampliano l’antica dimora accorpando edifici limitrofi e
la abbelliscono con fastose decorazioni in facciata. In entrambi i casi la loggia
perde la sua funzione tradizionale di vano che comunica direttamente con la
strada e diventa struttura aperta ai piani superiori, affacciata in genere sul cortile interno o inserita, come belvedere, sul fronte dell’edificio. La chiusura del
gruppo sociale rispetto agli altri abitanti si riflette nei nuovi modi del costruire.
Le logge svolgono la loro funzione anche nel corso del Cinquecento, ma già
intorno alla seconda metà del secolo precedente si assiste alla loro graduale
chiusura.
Le famiglie, che hanno accumulato ingenti patrimoni con redditizie attività
imprenditoriali, sentono l’esigenza di un’abitazione più rappresentativa senza
inizialmente abbandonare le antiche dislocazioni territoriali, cui sono legate dai
vincoli dell’albergo e dalla vicinanza alle tradizionali sedi commerciali e finanziarie. In molti casi non si tratta di costruzioni ex novo, ma di ampliamenti di
edifici già esistenti, nell’ambito di un contesto urbano che offre poco spazio
per nuove modalità abitative Nelle costruzioni più vaste i loggiati vengono posti ai piani superiori, a coronamento del cortile interno, ma sono destinati a un utilizzo esclusivamente
privato, non si affacciano più direttamente su una dimensione pubblica.
Una soluzione architettonica che permette di dare una dimensione monumentale al nuovo palazzo è quella di accorpare alla domus magna uno o più
edifici confinanti, utilizzando anche, se ancora esistente, lo spazio aperto del
viridarium per trasformarlo in cortile interno. In alcuni casi si acquistano piccole
case popolari adiacenti per demolirle acquisendo una maggiore superficie
disponibile. Il prospetto del palazzo viene reso unitario coprendo le vecchie
facciate in pietra e laterizio con l’intonaco, che viene affrescato con motivi
ornamentali di tipo classico secondo lo stile rinascimentale.
Nell’ambito di questo rinnovo edilizio anche le aperture degli edifici verso
l’esterno subiscono modifiche: le finestre sono adattate ai nuovi canoni estetici,
con l’inserimento di balaustre in marmo al livello della caminata, e al piano
terreno vengono chiusi i portici, che cessano la loro funzione sociale di luogo
di aggregazione della famiglia per essere incorporati nell’atrio interno del
palazzo.
Nasce nel corso del Quattrocento un nuovo genere di apertura verso
l’esterno: il portale, accesso di prestigio al palazzo nobiliare, che trasmette
l’importanza e la ricchezza della famiglia. Dapprima è caratterizzato da semplicità strutturale: scarsamente aggettante, con architrave decorato e sostenuto
da piedritti poco elaborati. I materiali utilizzati sono prevalentemente la pietra
e l’ardesia.
Questa tipologia di ingresso si evolve poi nel secolo successivo verso
forme più maestose, in sintonia con i nuovi livelli di potere e ricchezza raggiunti dai nobili genovesi. Il materiale diventa il marmo, più confacente a una
dimora signorile. La decorazione si fa più fastosa, con imponenti frontoni e
sculture allegoriche, talvolta si stacca dalla parete con colonne libere su alti
piedistalli.
La graduale scomparsa delle logge al piano terreno altera profondamente
i rapporti tra gli edifici e la strada, interrompe il dialogo visivo tra ambienti
interni e spazi esterni che era durato secoli. Lo sguardo non si inoltra più nella
dimensione essenzialmente privata del portico familiare, ma si arresta contro la
superficie muraria che è stata posta come tamponamento.
Il portico accessibile dalla strada acquisisce nei secoli successivi la morfologia di portico continuo per il pubblico passaggio e si coniuga in molte varianti
architettoniche a seconda della cultura cittadina. In comune resta la caratteristica di luogo protetto che favorisce il transito dei passanti, su cui si affacciano i
negozi. In questa tipologia di porticato rimane il ricordo delle volte medievali,
botteghe e laboratori artigiani, che a Genova avevano un andamento pressoché continuo lungo le vie.
La loggia genovese, anche nascosta, resta al giorno d’oggi una presenza
significativa per l’osservatore attento, un documento in pietra che lega il passato al presente e racconta la storia di un’intera città.
Da sinistra, prima foto Restituzione di E. Mazzino dell’ingresso sotto
quello che resta di una delle logge dei Giustiniani nella via omonima al civ. 21-69r-71r (particolare). Immagine tratta da: Mazzino, E. (1953). Alcune logge medioevali restaurate, Bollettino Ligustico per la storia e la cultura regionale, V.
A seguire la foto della Loggia di Via Giustiniani 21 oggi, dopo il restauro progettato dall’arch. A. Fineschi nel 1951 in cui perse l’aspetto rinascimentale per lasciare a vista gli elementi medievali, probabilmente risalenti al XIII o al XIV secolo, come la grande
loggia gotica del piano terreno, i beccatelli, le polifore dei piani superiori e il paramento lapideo giocato sull’alternanza di conci bianchi e grigi. Ancora a seguire: Prospetto rinascimentale di un palazzo in Via dei Giustiniani, 21-69r-71r. ASCG. Belle Arti, sc. 21, Restauro palazzi monumentali, fasc. n. 74-26. La loggia medievale che era stata tamponata è
attualmente di nuovo visibile.
Se volete dormire in un "pezzo" di storia Giustiniani
per Voi tre appartamenti in locazione all'interno del Palazzo:
Angolo dei Giustiniani
un loft per due persone al secondo piano del palazzo (per prenotare direttamente 333/2353481 angolodeigiustiniani@gmail.com),
"Gli appartamenti di Ema" e
Casa Giustiniani un intero appartamento anche per quattro persone all'ultimo piano con un bel
terrazzo con vista sui tetti della Città. Nelle immagini che seguono lo splendido atrio di palazzo Giustiniani e la vista mozzafiato sui tetti del centro storico
genovese .
Nella stessa piazza nell'edificio affianco sopra il "leone veneziano"
Attico di Palazzo Giustiniani,
piccolo appartamento adatto per due persone (qui il progetto La dimora dei Giustiniani)
Via dei Giustiniani 6 - 16123 Genova
tel: +39 346 275 4662
Zen House
Via Chiabrera, 7 esattamente di fronte il Palazzo Giustiniani, un delizioso
appartamento stile Giapponese anche per quattro persone (per prenotare direttamente
Daniele 345/0052234).
PALAZZO GIUSTINIANI - VIA S. BERNARDO 21
Il palazzo si affaccia su uno storico crocevia di Piazzalunga, elemento di divisione tra l'area caratterizzata da edifici religiosi e quella più densamente costruita della città vecchia, ubicato su un lotto posto ai piedi della collina di Castello, primo insediamento genovese.
Le prime notizie risalgono al secolo XIV, quando il "sito" risulta citato, insieme ad altri immobili come l'adiacente numero civico 19, nella lista dei beni delle famiglie Sauli e Giustiniani.
Viene inserito per la prima volta nel rollo del 1599, oltre che nel 1664, come proprietà di Alessandro Giustiniani:
E' uno dei sette palazzi rimasti, dei dodici della via adibiti ad un servizio così onorifico come gli "alloggiamenti pubblici".
Oggi è individuato da due corpi edilizi, per l'aggiunta di un elemento in tempi posteriori alla costruzione, dove l'originario presenta al piano nobile una loggia balaustrata di ordine ionico che si apre su un piccolo cortile interno.
Al piano terreno sono ancora visibili due colonne binate in marmo bianco che documentano l'impianto originario dell'atrio e della scala.
Il portale esterno, in marmo bianco, è configurato da lesene e telamoni di grande rilievo, con una cifra espressiva vicina a Taddeo Carlone.
I GIUSTINIANI DI GENOVA
tratto da I Giustiniani
di Genova
Pur se antiche tradizioni, non suffragate da prova
storica, farebbero risalire i Giustiniani alla gens Anicia romana, è solo una leggenda,
ancorché accolta da tutti i cronisti e storiografi che si occuparono di questa famiglia,
quella che vede i due casati Giustiniani di Genova e di Venezia discendere dai figli di
Giustino II, nipoti di Giustiniano imperatore Romano doriente, Marco e Angelo
vissuti verso il 720 d.C. Curioso anche il fatto che, allora come oggi, i Giustiniani di
Genova e di Venezia si sentissero in un certo modo consanguinei, nonostante le due
Serenissime Repubbliche nel corso della storia fossero più nemiche che amiche.
Molte comunque sono le presenze della famiglia Giustiniani individuate in diverse
località dellarea mediterranea fin dallanno mille.
In effetti i Giustiniani di Genova più che da antiche discendenze, nascono a
Genova il 27 febbraio 1347, come nome di una società: la Maona,
la prima società per azioni documentata nella storia, sorta per lo sfruttamento, per
conto della Repubblica Genovese, dellIsola di Chios nell'Egeo nord orientale, patria
di Omero e ricca di un albero, il lentisco, che solo qui, produce una sostanza resinosa:
il mastice, fonte all'epoca d'enorme ricchezza. Ben presto i Maonesi,
appartenenti a famiglie già in vista nella Genova di allora, assunsero tutti il nome di
Giustiniani perdendo il proprio. Pur continuando a mantenere un saldo legame con la
madrepatria e ricevere prestigiosi incarichi di governo, i Giustiniani mantennero il
dominio di Chios fino al 1566, alla conquista da parte degli Ottomani, diventando una
sorta di Sovrani dellisola, pur mantenendo il loro status di "Nobilis Civis
Januae", nobili cittadini Genovesi. Il popolo di Chios infatti chiamava i
Giustiniani con i titoli di Signori, Principi, Sovrani; i documenti e gli scrittori li
appellano come Dynastae alla greca.
La casata dei Giustiniani fu albergo, unistituzione privata ma
riconosciuta dagli statuti genovesi, sino alla riforma del 1528 e influenzerà non solo la
vita politica ma anche lurbanistica cittadina, poiché gli alberghi impongono la
contiguità dellabitazione ai propri aderenti che abitano case distribuite attorno a
piazze private e talvolta munite di una propria chiesa. La pratica dellendogamia,
cioè luso di contrarre matrimoni allinterno dellalbergo, contribuisce a
formare, di generazione in generazione, inoltre, ununica famiglia dove tutti sono
consanguinei e tutti si sentono parenti. I Giustiniani, avevano fatte proprie tutte le
prerogative della nobiltà genovese. Erano qualificati come mercanti, dove il termine
identificava i banchieri e i protagonisti dei grandi traffici internazionali che spesso
godono fuori dal dominio genovese di vere e proprie signorie feudali. I Giustiniani si
imparentavano abitualmente con stirpi signorili liguri e italiane e vi appartenevano
giureconsulti, medici, cavalieri, alti prelati e uomini di cultura.
Nel panorama politico genovese lalbergo Giustiniani si mantiene quasi sempre
neutrale e difficilmente prende parte evidente ai frequenti scontri tra le diverse fazioni
nel corso dei secoli. Con la costituzione della Repubblica aristocratica Genovese,
instaurata da Andrea Doria nel 1528, il ruolo e lo status dei Giustiniani trovano pieno
riconoscimento.
Negli oltre duecentocinquantanni di vita della Repubblica, i Giustiniani diedero
cinque dogi, innumerevoli senatori e altri magistrati di governo.
La caduta di Chios nel 1566 e il martirio dei giovani della famiglia, che rifiutando di
abiurare la fede cristiana, saranno a lungo additati ad esempio dalle potenze occidentali
impegnate nella lotta contro lIslam, non impedisce ai Giustiniani di reagire
mantenendo potere e prestigio in patria e nelle altre sedi di nuova residenza, prime fra
tutte Roma e la Sicilia. Benchè privi delle antiche prerogative signorili, hanno ancora
una distinzione sociale indiscussa ed era prassi per tutti trascorrere un periodo a
Genova, probabilmente per curare i propri interessi sulle rendite del Banco di San Giorgio
che tutti gli alberghi avevano e che costituiscono un elemento di continuità per le
generazioni.
Dalle testimonianze emerge un vero attaccamento di tutti i Giustiniani a Genova sia per
quelli che vi risiedono, sia per quelli che hanno fatto fortuna altrove e il senso di
appartenenza al clan è sempre fortissimo e ciò è dimostrato dalla perdurante prassi
delle nozze endogamiche anche dopo il XVII secolo. E certamente complesso descrivere
le peculiarità dei vari rami Giustiniani che si sono susseguiti nei secoli, tutti uniti
da comuni interessi e dalla partecipazione alla Maona, ma nello stesso tempo con elementi
propri, come la vocazione militare di alcuni o quella diplomatica di altri; difficile
anche ricostruire le biografie degli innumerevoli personaggi di spicco che portarono il
nome dei Giustiniani alla notorietà in ogni campo. Non possiamo comunque non citare i
fratelli Benedetto, cardinale e Vincenzo. banchiere, già proprietari nel XVI secolo del
palazzo che a Roma porta ancora il nome della famiglia, ora sede del Senato che a buon
diritto si possono considerarsi i primi grandi collezionisti di opere darte della
storia. La loro collezione, dispersa dalla fine del '700, vantava solo in opere d'arte 1.867
sculture e 820 dipinti tra cui quindici Caravaggio, opere di cui nessun
viaggiatore dellepoca di transito a Roma ometteva la visita. Curiosa la
vicenda giudiziaria del testamento di Vincenzo Giustiniani del 1631, che lasciò parte dei
suoi beni a tutti i discendenti Giustiniani, maschi e femmine, che avessero potuto vantare
una parentela con quelli di Chios, anche se non direttamente con lui. L'interminabile
battaglia giudiziaria finì solo nel 1958, con laccertamento di ben 288 aventi
diritto.
Per concludere ricordiamo lincisiva descrizione della famiglia fatta dallo storico
Agostino Della Cella che nel 1782, celebrandone la storia, ricorda: «Altresì in Roma
luminosa risplende la Giustiniana famiglia al presente nei signori Principi di Bassano
Giustiniani genovesi, i quali continuando verace affezione alla Patria seguitano a voler
lascrizione fra la genovese nobiltà. In altre parti dItalia, poi, nella
Spagna, Francia e Fiandra han continuato per più tempo e forte tuttora continuano
altri rami di cotesta nobilissima famiglia, con cariche illustri e decorati di titoli e
signorie pregiatissime... al presente di vita in più rami riluce in Genova la Giustiniana
famiglia corredata anche in comune di redditi e dispense considerabili et in particolare
di copiose ricchezze, ornata di titoli, feudi, signorie».
Santa maria di Castello La Chiesa dei Giustiniani
Il sito dei Giustiniani di Genova