Le famiglie originarie dei Giustiniani e le loro vicissitudini storiche

La famiglia Fregoso

Il nome della famiglia prende origine dal borgo, situato tra Granarolo e Begato, nella parte nord ovest di Genova.

La famiglia Fregoso di origine popolare e di parte guelfa malgrado le diverse qualificazioni politiche ebbe valido sostegno dai Doria e dalla fazione ghibelllina in funzione della sua aperta ostilità alla famiglia Adorno. L’ascesa della famiglia nella vita politica genovese risale a Rolando, vissuto nel XII secolo, castellano di Voltaggio, Gavi e Portovenere, al quale succedettero uomini insigni nel governo, nelle lettere e nella chiesa.

Il Giustiniani riferendosi alle cronache genovesi del 1476 ricordando i Fregoso menziona un bellissimo altare della famiglia in una chiusa di Verona, come pure la casa posseduta "grande e ampia nella contrada di San Tommaso, la quale gli fu donata dalla Repubblica per una vittoria ottenuta nell’isola di Cipro e per aver condotto il Re preso a Genova". Dopo Rolando Fregoso, il nome del casato acquistò prestigio con altri personaggi :

Domenico Fregoso di Rolando, (1325-1390) . Ottenne l’incarico dogale dal 1370 al 1378, aprendo la lunga serie dei Dogi della sua famiglia. A giudizio del padre Levati, Domenico Fregoso, malgrado la sua ambizione fu uno dei maggiori rappresentanti del casato. Domenico era l’ultimo dei sette figli di Rolando e di Manfredina Fregoso. Il suo nome compare per la prima volta nel 1355 nelle scritture delle compere di san Giorgio, dove non ancora trentenne ricopriva la carica di consigliere anziano e membro del primario consiglio. Acquisita stima in questa attività, dal Doge Gabriele Adorno, venne associato al massimo potere per il governo della città e le sue prime azioni furono rivolte contro i nobili, particolarmente contro i Fieschi.

Il potere politico di Domenico Fregoso si concretò nel 1372, allorché in quell’anno la flotta genovese, comandata da suo fratello Pietro, riconquistò l'isola di Cipro. Nel 1377 con solenni festeggiamenti accolse il papa Gregorio XI che da Avignone torna a Roma per istanza di Santa Caterina da Siena, Mentre si accingeva a combattere la compagnia di ventura detta la Stella, il popolo sollecitato da Antoniotto Adorno, lo cacciò dal palazzo di governo condannandolo al bando perpetuo con i suoi familiari conformemente alla sentenza del Doge Guarco.

Nel 1390 dopo che nel mese d'agosto suo figlio Giacomo venne eletto Doge, rientrò in patria dall'esilio decedendo nello stesso anno. Fu sepolto nel sepolcreto della famiglia in Santa Marta, dove era stato pure sepolto "con memoria onorevole" il capostipite della famiglia Rolando Fregoso.

Pietro I Fregoso di Rolando, (1330-1404). Fratello del Doge Domenico e zio del Doge Giacomo si addottorò in legge dedicandosi attivamente nella mercatura con le colonie del Levante. Ebbe pubblici incarichi come podestà di Novi. Eccelse pure nelle armi e in gran parte a lui, nominato ammiraglio della Repubblica si deve la conquista di Cipro nel 1373, che gli valse oltre agli onori il dono di un palazzo presso la porta di San Tommaso; l'edificio amplissimo e riccamente decorato era compreso nella superficie dell'attuale palazzo Doria-Fassolo. All'età di sessantatre anni a coronamento delle sue spiccate ambizioni venne eletto Dotte, carica che detenne per un solo giorno, il 13 luglio 1393. Dopo la deludente esperienza partecipò ad altri incarichi pubblici in qualità di dottore in legge e consigliere del Comune. Morì il 22 aprile 1404 ed a detta dei cronisti ebbe sepoltura nel coro di San Francesco di Castelletto.

Giacomo Fregoso, (1340-1420). Figlio di Domenico, per la sua natura mite così diversa dagli altri appartenenti al casato "quasi che non scorresse nelle sue vene sangue dei Fregoso" nacque attorno al 1340. Si applicò nell'età giovanile con entusiasmo agli studi umanistici affermandosi buon letterato e filosofo da acquisire la stima dei suoi contemporanei. Laureatosi in giurisprudenza, partecipò alla società commerciale istituita sotto il patronato dei governanti per gli affari ed imprese marittime nel Levante, costituita nel 1362 con la denominazione di Maona di Scio. A Giacomo Fregoso, poco più che ventenne, si deve il nome dato alla società fulcro dell’economia genovese di quel periodo. Alla sua affermazione nel commercio seguì il successo militare che lo distinse nel 1373 durante la guerra contro Cipro. Rientrato in patria, venne eletto capitano della riviera di ponente dal padre Domenico Fregoso che era Doge. La caduta del potere paterno nel 1378, lo coinvolse con le sventure della famiglia sino al 1383, quando i Fregoso, per amnistia comminata dall’allora Doge Leonardo Montaldo, poterono rientrare a Genova. Il ritorno in patria gli favorì l’ammissione negli anziani, carica alla quale venne eletto diverse volte. Su incarico del Doge Antoniotto Adorno, preparò le accoglienze e l'alloggio per ricevere a Gcnova il papa Urbano VI ospitato in San Giovanni di Pre. La sua personalità lo distinse pure in compiti diplomatici presso Amedeo VII di Savoia detto il Conte Rosso. Queste attività non gli fecero difettare la cura dei suoi privati interessi di « maonese di Scio, possessore di venti caratti della colonia ».

Durante la crisi di governo del 1390, dopo la fuga a Savona di Antoniotto Adorno, il popolo in armi lo elesse Doge il giorno 8 agosto, valutando la sua abilità di mercante ed equilibrato politico, ravvisando in queste peculiarità garanzie di pacifico governo. Però il clima politico del tempo non si presentava facile a chi come Giacomo Fregoso era «eloquente, studioso delle dottrine degli antichi, buon storico, buon filosofo, prudente, grato ad ognuno e senza molestia » secondo il giudizio che espresse su di lui il Giustiniani. Un ripensamento ed una chiara aspirazione di riconquista del potere mosse Antoniotto Adorno a radunare ottocento uomini in Sestri Ponente con fini non certo rassicuranti per il Doge Giacomo Fregoso il quale deciso a rifiutare possibili spargimenti di sangue, malgrado le offerte di aiuti si ritirò nel suo studio situato nel pubblico palazzo. Sorpreso da Antoniotto Adorno « nell'estasi dei suoi libri», Giacomo Fregoso fu dall'usurpatore Adorno invitato ad lauto banchetto offerto in suo onore dove gli furono risevati tutti i riguardi che si convenivano ad un uomo così inoffensivo. I rapporti fra Giacomo Fregoso ed Antoniotto Adorno, dopo una sollevazione avvenuta a Savona, furono compromessi e velati di sospetto nei confronti dell'ex Doge Fregoso il quale, nonostante la sua mitezza visse confinato nel castello di Lerici fino al 1396. Ritornato a Genova nel 1398 in virtù della stima che gli era rivolta venne eletto Consigliere Anziano e Ambasciatore a Firenze e Pisa. Durante il periodo di dominazione francese, venne inviato dal maresciallo Bocicault ai solenni funerali del Duca Gian Galeazzo Visconti, morto a Milano il 3 settembre 1402 accreditandolo in quel ducato come Ambasciatore della Repubblica di Genova. L'antico suo prestigio diplomatico tornò così ad affermarsi nelle numerose ambascerie che svolse a Roma ed a Venezia; nel 1411 settantunenne ricevette l'incarico di Provvisore del Mare, con il compito di provvedere alla riorganizzazione della marina da guerra sempre impegnata nelle repressioni contro la pirateria.

La data della morte di Giacomo Fregoso si può dedurre dagli atti relativi alla ripartizione delle sue so stanze stesi attorno al 1420. Il suo corpo venne tumulato nella tomba monumentale fatta edificare dal padre nel sepolcreto di Santa Marta, di cui ai nostri giorni non ne rimane traccia.

Tommaso Fregoso di Pietro, (l370-1453). Il Levati lamenta come di una così insigne figura manchi, tramandata dai suoi contemporanei, una compiuta biografia. Egli senza dubbio occupa il primo posto per ingegno e abilità fra tutti gli appartenenti al suo casato raccogliendo le doti di valore del padre ingentilite da una vasta cultura umanistica. Il suo primo apparire nella vita politica genovese, dopo essere stato capitano a Famagosta, si ha nel 1400 allorché con Orlando suo fratello tentò di occupare il Palazzo con duecento armati onde essere proclamato, assieme al congiunto, rettore della città per imporsi all'anarchia allora imperante.

L'insuccesso dell'impresa gli costò un breve periodo di carcere; nel 1403 venne nominato dal Bocicault governatore di Corsica, e successivamente al ritorno dall'isola il popolo lo elesse al consiglio degli Anziani. Tommaso Fregoso resse il dogato in tre riprese: dal 4 luglio 1415 al 23 novembre 1421; rieletto il 3 aprile 1436 fu deposto per un giorno il 24 marzo 1437 e poi proseguì nel massimo incarico di governo fino al 1442. L'incarico politico non lo distolse dalla cura delle sue cospicue ricchezze accumulate con i traffici nelle coste dell'Oriente, e dall'educazione dei figli dei due suoi fratelli, Orlando e Spinetta, dedicando loro le attenzioni che avrebbe riservato al suo unico figlio morto ancora bambino. Tommaso Fregoso fu sopraggiunto dalla morte a Savona all'età di 83 anni. Significativo giudizio di lui fu scritto da Ambrogio Pesce che lo ricorda come uomo di grande acume e profondo conoscitore di uomini e di cose rivolto nella sua azione « a' conseguire» l'indipendenza della Repubblica, il ritorno delle terre che le spettavano ed il raggiungimento della pace, convinto com'era che ad un popolo, la cui principale risorsa consisteva nell'esercizio della mercatura, occorressero la quiete e la conservazione dei buoni rapporti con tutti gli stati coi quali i genovesi avevano maggiormente a fare.

Battista I Fregoso di Pietro, (1380-1442). Degli undici figli che ebbe Pietro Fregoso, Battista, fu uno degli ultimi essendo nato nel 1380. Molte analogie si riscontrano tra la sua vita e quella del padre, e principalmente si ricorda come l'uno e l'altro ebbero il dogato per un solo giorno, ottenuto in entrambi i casi con violenza e con tradimenti. In periodi alterni fu amico e avversario dei Visconti e per la sua ambizione non esitò a tradire la patria ed i parenti. Come riferito fu Doge per un giorno, il 23 marzo 1436, favorendo l'interesse del Ducato di Milano a scapito della sua città, benché coprisse l'incarico di Capitano Generale di terra e di mare della Repubblica. Battista Fregoso morì il 20 giugno 1442 e l’immenso apparato per i suoi funerali e le relative spese furono causa di solenni lamentele da compromettere il dogato del fratello Tommaso. La sua salma fu tumulata nella chiesa di San Francesco di Castelletto.

Spinetta Fregoso, (1400-1470). Nacque da Spinetta, figlio di Pietro, e da Benedetta Doria ed ebbe a battesimo il nome del padre, il quale morì nel 1425.

Durante la sua adolescenza seguì il genitore nelle diverse peregrinazioni condotte nelle colonie di Pera e Caffa dove era stato inviato come castellano. Nel 1425 Spinetta figlio è presso il castello di Sarzana ospite dello zio Tommaso, al quale fu legato profondamente. infatti, appena Tommaso Fregoso venne eletto Doge, nel 1436, per circondarsi di persone sicure affidò a Spinetta il governo del vicariato della Spezia minacciato dalle armi viscontee. La sua elezione a Doge avvenne il 17 luglio 1461, ma il suo modesto carattere lo indusse alla rinuncia dei supremi poteri per poter vivere in tranquillità nei suoi feudi.

Morì il 4 giugno 1470 lasciando tre figlie ed un unico maschio, Antonio, figlio naturale e da lui mai legittimato. Lo Spotorno lo ricorda come «uno dei più belli ornamenti della musa genovese » per le sue diverse opere poetiche, lodate dall'Ariosto e da altri poeti, i quali ebber6 a dire: « Anton Fulgoso / che in vedermi appresso / Al lito mostrò gaudio e meraviglia ».

Giano I Fregoso di Bartolomeo, (1405-1448). Ricordato come uomo rapace, dette prova di valore quando trentenne tolse il castello di Voltaggio ai Visconti dopo un'aspra battaglia. Fu governatore di Corsica per sei anni; da tale incarico fu destituito. Con le armi assalì il Doge Barnaba Doria obbligandolo a fuggire. Eletto Doge il 30 gennaio 1447 concluse la sua amministrazione il dicembre dello stesso anno quando l'incolse la morte. Fece decapitare per cospirazione Gio Antonio Fieschi e promosse la ricostruzione del Castelletto, distrutto dal popolo nel 1436. E' annoverato dal Giustiniani negli scrittori liguri. Morì dopo tre mesi di una grave malattia malgrado le cure del famoso dottore Guarniero, chiamato appositamente da Pavia.

I suoi funerali s svolsero con « pompa reale » e speciali Orazioni furono celebrate in San Lorenzo da Pietro Perleoni di Rimini noto letterato. La salma fu depositata in San Francesco di Castelletto ove un monumento in marmo venne innalzato a sua memoria. Di tale complesso scultoreo oggi se ne sono perdute le tracce.

Pietro II Fregoso di Battista, (1412 - 1459). Nipote di Pietro I trascorse la giovinezza militando nell'esercito dei Visconti e da essi ebbe l'investitura del feudo di Gavi. Eletto Doge nel 1451 - tale carica fu tenuta fino al 1458 - cedette Genova, frustrata da lotte intestine a Carlo VII di Francia che conservò il dominio della città per tre anni: fino al 1461. Pietro II Fregoso fini lapidato dal popolo, presso la porta di Sant'Andrea, il 14 settembre 1459 dopo un vano tentativo d'insurrezione contro i francesi. Il suo dogato fu caratterizzato dalla perdita delle colonie genovesi d'Oriente (Pera, Caffa e Scio) e della definitiva decadenza dei fiorenti commerci con quelle regioni. A lui si deve la coniazione di dodici monete d'argento, ove nella raffigurazione tenne ad esprimere il suo animo religioso facendovi incidere il monogramma di Cristo (J.H.S.). Dalla moglie Bartolomea Grimaldi ebbe sei figli: tra essi era il futuro doge Battista II Fregoso.

Ludovico Fregoso di Bartolomeo, (1415-1489). Fratello di Giano I nacque da Bartolomeo e da Caterina Orodelaffi. Malgrado il perfetto accordo che lo legò sin dalla giovinezza al fratello, il suo carattere fu del tutto differente per la natura mansueta e più riflessiva che lo distinse nell'applicazione agli studi. Fu assistito negli anni di studio dal celebre umanista Bartolomeo Ivani, che successivamente gli fu fidato amico, segretario e precettore dei suoi figli. La sua prima apparizione nel campo militare e civile fu quando dallo zio Tommaso Fregoso fu inviato nel 1437 a Contrastare le azioni moleste che i marchesi del Carretto commettevano ai danni della Repubblica. Dopo tale incarico passò come Capitano nella riviera di Levante, con l'incarico di perseguire e rintracciare nella regione gli eretici ussiti e valdesi; in questo compito fu affiancato dal domenicano Raffaele da Parnasio, maestro dl teologia e inquisitore. Dal fratello Giano salito alla dignità di Doge nel 1447, ricevette incarichi diplomatici a Napoli presso la corte di Alfonso d'Aragona - dal quale trasse la cospicua rendita annua di mille scudi - e poi presso la Santa Sede l'amicizia con il ligure Nicolò V gli valse il dono dell'investitura dell'isola di Cipro, privilegio che dai tempi antichi era riservato ai successori di Pietro. La malattia del fratello Giano lo richiamò in patria dove giunte nel momento dell'estremo trapasso. Il giorno della morte di Giano Fregoso, 16 dicembre 1447, corrispose a quello dell'elezione di Ludovico a Doge. Tutto ciò avvenne pacificamente e senza azioni di forza facendo rilevare il fatto come raro nella storia del dogato genovese. Il suo operato si rivolse ad accomodare il difficile governo della Corsica, nominando suo sostituto nell'isola il cugino Galeazzo, che la governò fino alla cessione fatta al Banco di San Giorgio. Con eguale impegno, Sotto il suo regime, si pose fine alla guerra contro Finale con la demolizione del castel Govone, risparmiando il paese per suo espresso desiderio. Deposte le insegne dogali il settembre 1450 si ritirò nel castello di Sarzana con la moglie, donna Ginevrina Gattilusio. L'isolamento nel feudo confinante con il territorio ligure fu significativo per dimostrare la sua avversità al cugino Pietro Fregoso, urto che si rifletteva negli ambienti delle rive opposte del Magra, i quali parteggiavano chi per Ludovico, chi per il Doge Pietro. Dopo la rinuncia alla carica di Spinetta Fregoso, il luglio 1461, Ludovico venne nuovamente eletto Doge dopo aver ricevuto in consegna la fortezza di Castelletto. Mentre in città si acuiva la tensione tra lui e il cugino Paolo, arcivescovo, definito "demone di turbolenza", nel 1463, fu costretto ad abbandonare il governo e preda del cugino fu trascinato ai piedi del Castelletto come ostaggio affinchè i suoi armati consegnassero la fortezza al nuovo Doge. Nel Castelletto, Ludovico, visse prigioniero per circa un mese. La lotta fra i due cugini perdurò implacabile sino alla venuta a Genova delle truppe milanesi comandate dal Duca Francesco Sforza, favorevole a Ludovico. La morte del Duca di Milano, avvenuta nel 1466, e la comparsa del suo erede Galeazzo, rovesciò i buoni rapporti costringendo Ludovico Fregoso a difendersi dalle armi degli Sforza. Nel 1469 vendette Sarzana, ai fiorentini, per 40.000 ducati malgrado un patto che stabiliva la località alienabile soltanto alla Repubblica di Genova. Da quel periodo Ludovico ricomparve ammiraglio al servizio di Ferdinando d'Aragona e, nel 1478, recò aiuto a Genova al comando di una flotta per liberarla dal giogo delle armi milanesi. Per merito del figlio Agostino il feudo di Sarzana ritornò alla famiglia nel 1484, la quale, infine, lo cedette al Banco di San Giorgio. A due anni dalla morte del figlio Agostino perito per una ferita riportata in battaglia, Ludovico Fregoso morì a Nizza, nel 1489, ove si era ritirato.

Paolo Fregoso di Battista, (1430-1489). E' ricordato come uomo nefasto per la sinistra memoria che lasciò ai po steri, i quali misero in dubbio la sua vocazione sacerdotale. Studiò a Pavia incoraggiato alle dottrine teologiche dal papa Nicolò V. Nel 1451 lo ritroviamo nel monastero di Sant'Andrea a Sestri Ponente e dopo il 1453, quando fu eletto abate, iniziò la sua ascesa nella gerarchia ecclesiastica, conclusasi con la nomina ad arcivescovo di Genova a soli ventisei anni. Fu Doge di Genova per ben tre volte in diversi periodi dal 1462 al 1488. Vendette la città a Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano, che tenne il potere per sette mesi, dal gennaio all'agosto 1488.

Esasperati dalle lotte intestine provocate dai Fregoso gli Anziani invocarono la protezione della signoria di Milano, affidando la città per un anno agli Sforza, sino all'intervento di Luigi XII di Francia che fu a Genova due volte, nel 1499 e nel 1507. Paolo Fregoso, bandito dalla città e dal territorio del la Repubblica, peregrinò in Piemonte, nel Veneto e si spinse fino a Roma dove finì i suoi giorni. Dal Levati è ricordato come fra i molti misfatti non mancò di macchiarsi la stola » generando cinque figli dei quali Fregosino fu il più noto. Memorie inerenti la sua persona ricordano come per sua disposizione dal 1463, fosse dichiarata, con consenso degli Anziani, festa di precetto la decollazione di San Giovanni Battista. A suo merito sono da ricordare le relazioni con il Beato Angelo da Chivasso per l'istituzione del Monte di Pietà, col proposito di porre fine ai prestiti ad usura.

Battista II Fregoso di Pietro (l440-1504). Nacque in un periodo travagliato per la Repubblica dal già Doge Pietro II e dalla nobildonna Bartolomea Grimaldi. Per distinguerlo dal nonno paterno Battista I Fregoso veniva chiamato Battistino, e durante le avversità politiche del padre, giovinetto trovò conforto ed ospitalità presso gli zii principi di Piombino. Tale periodo favorì la sua formazione culturale sotto la guida di Raimondo Soncino, accompagnando gli studi umanistici con l'esercizio delle armi, riconoscendo in questa attitudine la grandezza della sua famiglia. La validità di una sua vocazione letteraria si espresse con due libri, dei quali il più noto porta il titolo greco di Anterote, che vide la luce a Milano nel 1496 ottenendo riconoscimenti ed il privilegio di una traduzione in francese pubblicata a Parigi nel 1581, dal titolo Deux libres de còntramour . L'altra sua opera dal titolo "Baptista Fulgosi Anteros" la scrisse in rozzo volgare con al margine postille latine.

Dopo aver trascorso la gioventù negli agi delle Corti di Piombino, si trasferì nel fondo di Novi, concesso dal Duca di Milano a suo padre a compenso di un suo intervento militare contro gli Sforza e dallo stesso Duca ottenne nel 1462 l'investitura di un fondo a Rivanazzeno nell'oltre Po pavese. Le sue aspirazioni alla riconquista del potere degli avi nella politica genovese, si manifestò nel 1478, subodorando favorevole la turbolenta situazione di Genova frustrata da continue minacce di guerra civile, con il popolo e la nobiltà tesi contro gli Adorno legati agli Sforza. Partito da Novi con i suoi fidi e con un buon numero di armati raggiunse Genova dove con seicento ducati acquisì alla sua causa Obietto Fieschi ed il suo esercito, disponendo così di forza sufficiente ad allontanare Prospero Adorno dal Palazzo. Il 25 novembre 1478 gli venne conferito il Dogato che mantenne cinque anni operando in tranquillità, sino a quando suo zio, l'arcivescovo Paolo Fregoso gli fece sottoscrivere l'abdicazione al fine di strappargli il potere.

Ritiratosi a vita privata scrisse un profilo del parente Paolo Fregoso usurpatore, dettato dal comprensibile risentimento non risparmiando le più pesanti accuse. Gli atti persecutori dell'Arcivescovo Paolo, raggiunsero Battista Fregoso pure nella sua dimora di Novi, costringendolo a trasferirsi in Francia per dedicarsi allo studio della storia e delle lettere. Le difficoltà di governo di Paolo Fregoso, malvisto per il malcontento sempre crescente, lo richiamarono in patria deciso a vendicare quanto aveva dovuto subire e certamente avrebbe commesso un atto di giustizia sommaria se le pugnalate dirette all'arcivescovo Paolo Fregoso non fossero state deviate dall'intervento di Paolo Doria. La caduta del Doge segnò la messa al bando di tutti i Fregoso ed anche Battista II tu costretto all esilio dove trovò il tempo di scrivere il volume "Fatti e detti memorabili". Con i suoi vari tentativi di riemergere nella scena politica attraverso varie alleanze cercò invano di rivendicare il prestigio, le sostanze ed i feudi passati al cugino Fregosino, figlio dell'Arciveseovo Paolo Fregoso. Trascorse gli ultimi giorni della sua vita a Roma dove si era recato nella speranza di ricevere conforto dal papa Giulio II, che in età giovanile gli era stato amico e compagno d'armi. Morì nel 1504 e venne sepolto a Genova nella chiesa di Sant’Agostino.

Giano II Fregoso di Tommasino (1455-1525). Raggiunse maggior gloria fuori Genova che in patria, dove raccolse delusioni ed amarezze. Nacque a Genova nel 1455 da Tommasino Fregoso e da Caterina Malaspina, ricevendo nella giovinezza una rigorosa istruzione militare tanto da tare di lui un perfetto uomo d'armi.

Dopo aver vissuto gli anni dell'adolescenza in Corsica, assieme al padre il quale impegnò tutte le energie onde ottenere il dominio dell'isola, Giano II, rinunciando ad insistere nelle ostinate pretese paterne si trasferì a Roma dove ottenne calorose accoglienze dal papa Giulio II, che lo onorò della nomina a condottiero della Cavalleria Pontificia. L'invito dei nobili di accorrere in loro aiuto nel 1506, malgrado il dissenso del papa decisamente antifrancese, lo vide assieme al cugino Ottaviano marciare alla volta di Genova dopo aver raccolto un esercito a Bologna. Quando Giano II ebbe meglio conosciute le ragioni che determinarono la guerra fra i nobili alleati dei francesi ed i popolari rivendicanti la libertà, rinunciò all'impresa ponendo la sua spada al servizio della Repubblica di San Marco. La fiducia di Giulio Il nei suoi confronti, lo assegnò ad occupare la Lunigiana nel quadro delle azioni per scacciare i francesi di Luigi II dall'Italia, e nel giugno 1512 quando la morte di Gastone di Foix ravvivò le speranze di successo della lega, Giano li Fregoso sbarcò a Chiavari con le sue truppe. Raggiunta Genova con un numero raddoppiato di forze per la partecipazione di molti volontari, assediò gli ultimi baluardi francesi in città rappresentati dalle fortezze della

Briglia e del Castelletto. La morte di Giulio II, avvenuta nel 1513, ed il distacco dei Fieschi passati ad appoggiare gli Adorno, fecero insorgere difficoltà nella permanenza di Giano Fregoso a Genova, ad un anno dalla sua elezione a Doge, minacciata da una controffensiva francese sopra al suo definitivo abbandono della città sopra una nave. Tramontata ogni speranza di affermarsi nella vita politica genovese tornò a servire la repubblica di Venezia ottenendo il grado di Governatore Generale dell’esercito nell'impresa di Lombardia contro Carlo V. Nel 1516 alla testa dell'esercito veneto inflisse una completa sconfitta all'esercito tedesco comandato da Massimiliano I, nella battaglia di Rocca d'Anto vicino a Brescia, città ove morì nel 1525 all'età di settanta anni. Il suo corpo ebbe sepoltura a Verona nel tempio di Sant'Anastasia, dove il figlio Enrico, canonico di quella chiesa gli fece erigere un sontuoso monumento ancor oggi visibile e perfettamente conservato. Giano II Fregoso ebbe in moglie Aldobella Leca, che lo rese padre di ben nove figli, dei quali Cesare, il primogenito, fu capostipite del ramo dei Fregoso di Padova.

Ottaviano Fregoso di Agostino (1470- 1524). Riconosciuto il personaggio di maggiori virtù della famiglia Fregoso, ebbe i natali a Genova nel 1470 dal Doge Fregoso e da Gentile di Montefeltro figlia del duca di Urbino. Nella città di origine della madre, presso la corte, Ottaviano trascorse gran parte della sua giovinezza e con i genitori visse in Urbino il periodo d'esilio imposto ai Fregoso. Presso quella corte Ottaviano ricevette educazione letteraria che lo farà distinguere in quell'arte e ricordare per le sue doti dal Bembo e dal Guicciardini. A diciassette anni perse il padre, deceduto per una mortale ferita riportata in un combattimento contro gli Angioini. Di suoi fatti d'arme si ha menzione la prima volta quando nel 1497, con l'aiuto delle truppe francesi di Carlo VIII, pensò di operare per la cacciata degli Sforza da Genova. Dopo l'elezione a pontefice di Giulio II, Ottaviano, per l'alta considerazione che di lui aveva il papa, ottenne il titolo di generale della Santa Chiesa e nel 1506 fu inviato a Bologna per recuperare la città dalle mani di Giovanni Bentivoglio che la teneva in suo potere. Nello stesso anno partecipò con il cugino Giano II all'azione mirante a cacciare i francesi da Genova, ritrovandolo nel 1521 a ripeterne con successo l'impresa. Proclamato Doge nel giugno 1513, promosse la demolizione della Briglia, fortezza che testimoniava tangibilmente il dominio francese, e l'ammodernamento degli impianti portuali, facendo scavare i fondali onde renderli più accessibili al naviglio pesante. La sua magnanimità lo rese indulgente con il cugino Giano II, che per rivalità, cercò di carpirgli la carica, e con chi tentò di farlo decadere come i Fieschi e gli Adorno. L'ascesa al trono di Francia di Federico I segnò la più grave e definitiva minaccia al suo governo che decadde nel novembre 1515, dopo un accomodante trattato con il re, che lo nominò virano regio. Nel 1516 per sua delibera venne costruito il campanile della cattedrale di San Lorenzo ed al suo interessamento si deve l'istituzione dei riformatori della legge. Quando la città venne sopraffatta e saccheggiata dagli spagnoli e dagli svizzeri, nel 1522, Ottaviano venne cat turato mentr'era infermo colpito dalla podraga. Caduto nelle mani del crudelissimo marchese di Pescara venne tradotto in catene in un angusto carcere dell'isola d'Ischia ove morì nel 1524.

Significativo elogio di Ottaviano Fregoso fu scritto dal Guicciardini il quale lo ricorda ," principe certamente di eccellentissima virtù, e per la giustizia sua e per altre parti notabili, amato tanto in quella Città, quanto può essere amato un principe nelle terre piene di fazioni, e nella quale non era del tutto spenta nella mente degli uomini, la memoria dell'antica libertà".

Fregosino Fregoso di Tommasino (sec. XVI). Fratello del Doge Giano II acquistò notorietà per l'uccisione di Girolamo Fieschi (da non confondere con il fratello di Gian Luigi Fieschi) nel 1512 provocando il passaggio della famiglia dei Fieschi il passaggio della fazione Adorno, onde vendicarsi, uccidendo Zaccaria Fregoso e facendo scempio del suo cadavere.

Federico Fregoso (Sec. XVI). Eletto arcivescovo di Salerno da Giulio II nel 1507 divenne cardinale quando salì il soglio pontificio papa Paolo III; resse fino agli ultimi giorni della sua vita la diocesi di Gubbio ove morì nel 1541. Di sue imprese guerresche si ricorda la spedizione contro il pirata Curtagoli organizzata da Leone X, azione vittoriosa che lo vide comandante della squadra navale. E' ricordato per le sue opere letterarie dal Tiraboschi e lodato dal Bembo come filosofo. Di lui resta un Trattato dell'Orazione, volume che vide la stampa nel 1543.

Cesare Fregoso (Sec. XVI). Figlio del Doge Giano II, fu luogotenente del re di Francia nella campagna d'Italia, prima di passare al servizio della Repubblica di Venezia col grado di generale di cavalleria ed esperto d'architettura militare. Un carmo da lui composto è citato dall'Oldaini, il quale gli rimprovera d'aver servito in armi genti straniere ai danni della patria.

La famiglia Fregoso che così intensamente lottò per affermare la propria supremazia, si estinse a Genova nel 1660. Rami collaterali ne tramandano il nome a Venezia, Verona, Milano e Padova. Essi sono: Fregoso Semprevivi, Fregoso della Stanga, Fregoso dell'Aquila, Fregoso dei Paternostri, Fregoso del Gancio; il ramo padovano della famiglia si estinse nel 1664.

Si ricorda pure che il menzionato Palazzo di San Tommaso appartenente alla famiglia nel quale fu ultimo abitante Battista II Fregoso fu venduto nel 1494 dall'arcivescovo Paolo Fregoso al cardinale della Rovere per il prezzo di tremila ducati d'oro, prima di passare ad Andrea Doria ricevendolo in dono dal Governo della Repubblica.

 

La famiglia Adorno

E' il nome della famiglia, originaria della borgata di Adorno, situata nei pressi di Taggia sulla riviera di Ponente. Un'antica leggenda, riportata da Amedeo Pescio nel suo volume “I nomi delle strade di Genova", narra che nel XII secolo una torba di tedeschi lasciò il proprio paese per recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa. Giunti che furono nella città di Genova, attesero a lungo che si rinnovasse il miracolo di Mosè nel passaggio del Mar Rosso, onde poter proseguire per via mare il loro viaggio. Perduta alfine ogni speranza decisero di rimpatriare ma, una parte di essi rimase in Genova e tra questi vi sarebbe stato un giovane di nobile stirpe che la leggenda indica come il capostipite degli Adomo. In realtà la famiglia si stabilì in Genova nel 1186 ma, come si è detto, proveniente dalla riviera, ed in breve divenne proprietaria di diverse abitazioni lungo la valle di Pasturezza, detta poi Vallechiara, che si estendeva dalle alture a ponente di Castelletto fino alla zona di Fossatello, tra le chiese di S. Marcellino e di S. Pancrazio. Di origine popolare, gli Adorno presero parte attiva alla vita pubblica genovese schierandosi ovviamente nella fazione ghibellina a cui appartenevano pure i Guarco, i Fregoso ed i Montaldo e, come questi, chiamati “Cappellacci”, ossia capi di fazione popolare. Con la rivoluzione del 1339 essi portarono al dogato Simone Boccanegra e da allora acquistarono una tale potenza da dominare per quasi due secoli, con continue sanguinose lotte, la vita politica della Repubblica. In questo periodo la famiglia Adorno diede ben sette dogi alla Repubblica.

Il primo fu Gabriele che successe nel 1363 a Simone Boccanegra e che combatté a lungo contro quei nobili che, aiutati dai Visconti, infestavano dalle montagne il territorio della Repubblica. Deposto nel 1370, morì nel 1383.

Nel 1378, Antoniotto I fu doge ma, per poche ore, poichè venne immediatamente deposto. Riuscì a farsi eleggere nuovamente nel 1384 ma, fieramente osteggiato e combattuto dai Guarco, dai Fregoso e dai Montaldo, fu costretto più volte a fuggire; nondimeno, da uomo astuto ed ambizioso, violento e privo di scrupoli riuscì a riconquistare il potere facendosi rieleggere nel 1391 e nel '94, rimanendo in carica fino al '97; morì di peste l'anno seguente. Durante il suo dogato aiutò Urbano VI contro Carlo III re di Napoli e lo liberò dall'assedio di Nocera trasportandolo poi a Genova ove fu accolto solennemente. Organizzò pure una vittoriosa spedizione contro Tunisi ove si erano annidati i pirati barbareschi. Nel 1396, nel vano proposito di porre termine alle lotte intestine, riuscì a convincere i genovesi ad accettare la protezione di Carlo VI di Francia.

Giorgio, fratello di Antoniotto venne eletto nel 1413 e durante il suo dogato apportò importanti riforme alla Costituzione della Repubblica. Al contrario del fratello, fu uomo saggio e pacifico, vanamente si adoperò al fine di placare gli odi ed i rancori con le famiglie rivali finchè esasperato ed amareggiato dell'irrigidimento delle loro posizioni, preferì rinunciare alla carica.

Raffaele, figlio di Giorgio, studioso e letterato, dovette prendere le armi per lottare contro la cupidigia di Alfonso d'Aragona e contro Giovanni Antonino Fieschi che, in alleanza con il duca di Milano Filippo Maria Visconti, minacciava lo Stato della Repubblica. Assecondato dalla intelligente moglie, Volantina Giustiniani, protesse e munificò valenti letterati.

Nel 1447, Barnaba si impadronì con le armi del dogato ma fu deposto poco tempo dopo. Nel 1461, reduce dall'esilio, fu eletto Prospero (nella foto un suo ritratto) ma, in seguito a discordie sorte con l'arcivescovo Paolo Fregoso, dovette nuovamente fuggire. Caduto prigioniero dei Visconti, venne successivamente liberato da Gian Galeazzo Sforza, dopo l'improvviso mutamento politico di qest'ultimo, dal quale fu nominato Governatore di Genova. In seguito, stretta alleanza con Ferdinando I di Napoli riuscì a liberarsi degli Sforza vincendoli nel 1478, ma, osteggiato ancora dai Fregoso, fu costretto nuovamente a fuggire a Napoli dove morì nel 1486.

Antoniotto II si prese la rivincita sui Fregoso, facendoli cacciare da Genova dopo essersi alleato con i francesi ed i Fieschi, si fece poi nominare Vicario del re di Francia. Abbandonato in seguito dai francesi, strinse alleanza con gli spagnoli; fu eletto doge nel 1522, dopo la sconfitta dei francesi alla Bicocca. In quellostesso anno fece distruggere il porto di Savona per punire quella città che di si era ribellata a Genova. Rimase in carica fino al 1527, anno in cui, deposto da Andrea Doria, fuggì a Milano ove morì nel 1530. Con lui ha termine la potenza politica degli Adorno su Genova. Nel 1528 la famiglia venne ascritta nel libro d'oro della nobiltà e quindi aggregata all'Albergo Pinelli.

Fra gli altri personaggi della famiglia si ricordano: Agostino, che rivestì la carica di generale, al servizio degli Sforza si distinse validamente nella battaglia contro francesi ed aragonesi, alleati contro Genova. Gerolamo, affascinato dalle imprese di Marco Polo e da quelle contemporanee a lui di Colombo, compì lunghi viaggi in Oriente, sul finire del secolo XV, spingendosi fino al meridione ed al sud est asiatico, in compagnia di Girolamo da Santo Stefano. Francesco, teologo e predicatore, fu tra i primi gesuiti, molto caro a San Carlo Borromeo del quale fu confessore. Fu infaticabile missionario in Africa, Di lui si ricordano: una Epistola (1571) in cui si racconta la vicenda della Sacra Sindone ed in qual modo divenne di proprietà di Casa Savoia; e il "De Ecclesiastica Disciplina". Morì nel 1586. Il Venerabile Agostino fu il fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Minori. Un ramo degli Adorno, nel XIV secolo, si trasferì in Spagna ed un altro a Bruges, per ragioni commerciali. La famiglia godeva di numerose proprietà in Liguria e fuori tra cui i feudi di Rossiglione, Ovada, Castelletto d'Orba e Serravalle. Nel 1634, con la morte di Bernabò Cesare si estinse il ramo ducale della famiglia per cui beni e titoli passarono al ramo cadetto dei Botta Adorno di Milano.


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