Santuario Madonna della Grazia

Gravina di Puglia (Ba)

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Alcuni prospetti della Chiesa e lo stemma cardinalizio dei Giustiniani


E' uno dei monumenti più interessanti non soltanto della Puglia, ma di tutta Italia: peraltro, secondo alcuni storici dell'arte, la sua eccentrica facciata si può considerare come una sorta di anticipazione del barocco leccese. La sua eccezionalità l'ha portata a essere considerata, peraltro, un bene di notevole interesse storico-artistico da parte del Ministero dei Beni Culturali (il vincolo risale al 1984).

L'unicità e la particolarità di questo monumento consiste nella sua facciata: è stata infatti concepita come un enorme stemma araldico del vescovo che la fece costruire, il prelato Vincenzo Giustiniani, nato nell'isola greca di Chio nel 1550 e morto a Gravina in Puglia, il 1614, i cui resti sono conservati in una delle tombe del soccorpo della cattedrale di Gravina, ove è visibile il suo cenotafio, fu esponente del ramo "greco" di una delle famiglie più in vista di Genova, quella dei Giustiniani, che fin dal Trecento era stata incaricata dalla Compagna Communis (ovvero l'organizzazione repubblicana della Genova medievale) di gestire l'isola greca di Chio, in antico colonia genovese.

Nel celebre Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica di Gaetano Moroni (Roma, 1802 - 1883) si legge che Vincenzo Giustiniani si formò tra Genova e Torino (dove si laureò in Legge) e nel 1590, all'età di quarant'anni, fu nominato governatore di Tivoli da papa Sisto V: passò tre anni sulle rive dell'Aniene, durante i quali si distinse per le sue notevoli capacità amministrative, tanto che nel 1593 il nuovo papa Clemente VIII decise di nominarlo vescovo di Gravina, incarico che Giustiniani avrebbe mantenuto fino alla sua scomparsa, ventun anni dopo. Durante gli anni del suo lungo e fecondo episcopato, Giustiniani istituì il primo seminario in terra di Bari, appartenente, all'epoca, al regno di Napoli, e gli assegnò le rendite necessarie, fondò il conservatorio delle cappuccinelle, e poco distante dalla città nel 1602 eresse dai fondamenti la chiesa della Beata Vergine delle Grazie: fiorì in zelo, prudenza, dottrina ed altre virtù".

La storia ha inizio nel 1595, anno in cui il vescovo di Gravina visitò alcune cappelle di campagna fuori dalla città: Giustiniani fu colpito dalla devozione che gli abitanti delle aree rurali di questo lembo di Puglia nutrono nei confronti di un'immagine della Madonna situata all'interno di una piccola cappella che però attira moltissimi fedeli. In un documento del 1568, questa cappella è citata come "Santa Maria la gratia alias de Cardone": Cardone è con tutta probabilità il nome della persona che la costruì. Per migliorare l'accoglienza, il vescovo decise di dare ai gravinesi una chiesa più grande: per questo, nel febbraio del 1595, fu avviato l'iter per la costruzione di una chiesa dedicata alla Vergine della Grazia, da collocare sul sito della cappella, fuori dalle mura cittadine.

I lavori partirono a cavallo tra il 1597 e il 1598 e terminarono pochi anni più tardi, nel 1602. Possiamo solo immaginare lo stupore degli abitanti di Gravina nel vedere la chiesa ultimata. La facciata, infatti, si presentava (e si presenta tuttora) divisa in due parti: nel registro inferiore, grandi conci di bugnato applicati al muro ricreano la forma di un castello, le cui torri corrispondono alle tre porte d'accesso dell'edificio. Sopra la torre centrale svetta un'enorme aquila in pietra con le ali spiegate, mentre al centro del timpano spezzato che chiude la facciata viene inserita una mitra vescovile in pietra. Il disegno corrisponde esattamente a quello dello stemma Giustiniani, dove vediamo, allo stesso modo, un'aquila che sormonta un castello con tre torri.

Una delle prime motivazioni religiose addotte fu riscontrata nella iscrizione, in latino, che fece incidere sulla facciata, tratta da un brano del Deuteronomio(32, 11) : "sicut aquila provocans ad volandum pullos suos et super eos volitans expandit alas suas et portat eos" ("come l'aquila esorta i suoi pulcini a volare volando sopra di loro, spiega le sue ali e li porta su di sé"). La "spiegazione" del castello viene invece dal Salmo 60: "Turris, fortitudinis a facie nemici" ("Torre salda di fronte ai nemici"). L'intera facciata, in sostanza, si configura come un invito a rinsaldare la fede. Se dalla maestosità della facciata si passa alla visita interna della chiesa, ci si imbatte in una realtà totalmente diversa. Un interno molto sobrio, quasi scarno: tre navate con pochi ornamenti, e che si presentano con l'assetto che hanno ottenuto nel corso del tempo, dal momento che la chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata più volte rimaneggiata a causa di crolli che l'hanno interessata durante i secoli. La chiesa, ubicata extra moenia, ha avuto una storia molto tribolata, fin dal Seicento, appena dopo la scomparsa del vescovo costruttore, conobbe alcuni anni di abbandono.

Tuttavia, a metà del XVII secolo, il vescovo Domenico Cennini si adoperò per restaurare sia la chiesa, sia l'edificio che Giustiniani vi aveva fatto costruire nella parte retrostante (aveva la funzione di residenza estiva per i vescovi): i fedeli, intanto, continuavano a dimostrare la propria devozione nei confronti della Madonna attraverso cospicui lasciti alla chiesa, ma la sua posizione defilata fu anche causa di numerosi furti che interessarono l'edificio nel corso dei secoli. Inoltre, la chiesa fu utilizzata anche come caserma, cadde a più riprese in stato di abbandono, fu a lungo chiusa al culto (sarebbe tornata a svolgere la sua funzione solo nel 1951, quando il servizio liturgico era stato affidato, nel frattempo, alla cura dei francescani minori conventuali) e nel 1980 dovette subire i danni del terremoto dell'Irpinia, tanto che si resero necessari imponenti restauri. Sia sulla facciata che all'interno del tempio

A modificarne la godibilità in maniera irreparabile è stata tuttavia la costruzione della ferrovia a fine Ottocento, si dice ad opera di massoni ed anticlericali, in segno di offesa e sfregio alla istituzione ecclesiastica: il tracciato dei binari fu fatto passare proprio davanti alla chiesa, che in pochi anni vide sorgere davanti a sé non soltanto le rotaie, ma anche la stazione dei treni di Gravina in Puglia e tutti i fabbricati annessi (addirittura, nel 1912 il Capitolo della Cattedrale chiese allo Stato i danni per lo scempio paesaggistico)
 

Un bizzarro e famoso prospetto riproduce lo stemma di Mons. Giustiniani che volle la costruzione del Santuario nel 1602 per destinarlo anche a residenza estiva del Vescovo e dei seminaristi. Ricerche storiche sulle origini di questo Santuario ci hanno rivelato che: “”Esisteva un tempo fuori le mura della città una certa cappella campestre nella quale era dipinta alla parete l'immagine della Vergine Madre di Dio chiamata SANTA MARIA DE LA GRAZIA, alla quale ogni sabato un grande concorso di popolo si recava per ringraziare la Madonna per la grazia ottenuta, della quale la fama era nota a tutti, e il Vescovo trasportò l'immagine più vicina alla città e in suo onore eresse dalle fondamenta alla Santissima Vergine (questo) insigne tempio, e da che fu costruito l'insigne tempio è accresciuta la devozione alla Madonna non solo nella città di Gravina, ma in tutta la Provincia”, così Mons. Vincenzo Giustiniani scriveva alla Santa sede nella ”Relatio ad Limina” (cfr Archivio Segreto Vaticano, carta 374 A, 2 Agosto 1611).
Nel 1608, Virgilio De Marino, nel suo opuscolo “Apprezzo della città di Gavina”, descrivendo le chiese della città, scrive: “fuora della detta città della porta di suso per distantia di passi 150 in circa vi è una ecclesia intitolata s. maria dela gratia, cominciata con bellissimo designo dal vescovo di detta città et non finita dove è ancora una comoda habitatione et vi si celebra ogni matina”. Nel 1614, succede a Mons. Giustiniano, fr. Agostino da Castelfidardo. Questi nella Relatio ad Limina, 1616, così scriveva: “Fuori anco di detta Città e una chiesa di S.ta Maria della Gratia distante dalla Città da un 3° di miglio, fabbricata con grandissima diligenza dal R.mo predecessore…”. Dopo la morte di Mons. Giustiniano, la cura pastorale della chiesa fu affidata al Capitolo Cattedrale. E nei Voti Capitolari del 13 dicembre 1614, si legge per quanto riguarda il “sussidio caritativo da dare al nuovo Vescovo: ”Per lo che si ordina tanto al procuratore ordinario del Capitolo quanto al procuratore di Santa Maria della Grazia, chiesa di questo Capitolo, che vogliono consegnare al tempo debito al predetto monsignore Reverendissimo suddetti ducati duecento”.(Arch.Cap. 1614). L'Abate Pacichelli, nella sua descrizione del “Regno di Napoli”, nel 1698, enumera le chiese “extra moenia”: tra questa, “La Madonna della Grazia” Nel 1710 la facciata del Santuario subì una variazione: con bugnatura coprirono la facciata con lo stemma del Vescovo Giustiniano: L'Aquila ad ali spiegate su tre torri e sotto i primo cornicione la scritta. “S.Mariae gratiarum Virgini Deiparae…”.
L’immagine della Madonna della Grazia in dialetto locale: “ La Madònn' d' la Grazij”, venerata da più parti, fu poi trasferita più vicina al centro abitato e in loco della vecchia chiesa ne sorse una nuova dedicata alla Vergine Santissima.
Il prospetto del Santuario è ripartito in tre ordini e sotto i rispettivi cornicioni sono inscritte frasi della Bibbia.
Il più basso dei tre presenta nella parte sottostante, in corrispondenza delle porte laterali, due oculi. Nelle due forme ovoidali sono visibili due inscrizioni ”P.P.P.” (“Propria Pecunia Posuit” “ Fece a proprie spese”) e ”M.M.M. (“Mariae Matri Misericordiae” “A Maria Madre di Misericordia”). Sotto i rispettivi cornicioni, in alto leggiamo:
“Sicut aquila provocans ad volandum pullos suos et super eos volitans expandit alas suas et portat eos” (Deut 32, 11); al centro è scritto: “Sanctae Mariae Gratiarum Matri Virgini Deiparae - Episcopus Gravinensis Vincentius Iustinianus Genuensis - Ex condominiis Chii - a fundamentis erexit 1602” Questa scritta è del 1710.
Al centro osserviamo uno scudo retto da due angeli alati in movimento che fanno da ornamento ad una fascia cartoccio su cui è incisa la frase: ”Turris fortitudinis a facie inimici” (Salmo 60). Sulla facciata in altorilievo campeggia una grande Aquila ad ali spiegate con una corona regale in testa tempestata di pezzi di vetri cromatici. Nell’occhio dell’aquila un pezzo di cristallo attira lo sguardo del visitatore per i riverberi dei raggi solari.
Vincenzo Giustiniani, vescovo di Gravina dal 1593 al 1614, lo si vuole nato a Chios da Giovanni Battista Giustiniani e Violante ?. Insieme con il fratello Marco, fu educato dallo zio Angelo vescovo di Torino e fu anche collaboratore del cardinale Benedetto Giustiniani.
L’ubicazione fu dettata dall’idea che essa doveva emergere tra le altre e vedersi da ogni punto della città. Come pensato divenne un punto di riferimento soprattutto per i forestieri e per chi da Gravina si spostava verso altri paesi tanto da determinare la nascita del toponimo ”porta o via Aquila grande”.
Il Santuario fu costruito ”Ad instar Cathedralis” a tre navate con i pilastri quadrati con le loro basi, piedistalli, capitelli, architravi, fregio e cornicione di struttura dell’ordine toscano, corinzio e dorico con 12 medaglioni ovali in pietra locale raffiguranti gli apostoli.
Nel 1600 le laterali crollarono. Dopo la ricostruzione, il Santuario rimase quasi abbandonato e incompleto fino alla venuta di Mons. Cennini, che l’ampliò, l’abbellì restaurandola con la stessa residenza estiva. Questi, nel 1652, abbassò la volta del presbiterio con volta di tufi, formando un arco a tutto sesto, e chiuse così quattro cappelle laterali e coprì quattro medaglioni degli apostoli al fine di ricavare, tra la volta e il presbiterio, alcune stanze.
Fu sua opera la costruzione di alcuni locali adiacenti al primo ed al secondo piano di una costruzione che si estendeva dall’interno della chiesa fino all’esterno. Sotto la sacrestia fece scavare nella pietra una grotta rinvenuta nel 1990. Gli accennati locali negli anni trenta e quaranta furono adibiti ad orfanotrofio maschile.
La chiesa è dotata di tre porte d’ingresso, e sulla sinistra un piccolo campanile del secolo XIX come dimostra l’iscrizione sotto il balconcino della campana, A.D. 1841.
Sul frontespizio del presbiterio, in alto, oltre il cornicione ionico, fra due stemmi inserì la data: A.D. MDCLII. Recentemente il Santuario ha subito un restauro in seguito al terremoto del 1980 che ebbe come epicentro l’Irpinia.
Ritenute sovrabbondanti e superflue le modificazioni apportate da Mons. Cennini, si è pensato di riportare all’origine le caratteristiche della costruzione.
Il risultato è stato sorprendente perché, non solo si è riportato alla luce ciò che era nascosto (alcuni medaglioni, i capitelli dell’attuale arco di trionfo e lo stesso arco), ma si è offerto maggiore ampiezza e snellezza all’intera struttura basilicale.
Il 25 settembre 1991, in Piazza S. Pietro, Papa Giovanni Paolo II incoronava la statua della Madonna venerata nel santuario. Tra il 1996 e il 1997 la facciata del Santuario è rimasta ingabbiata dall’impalcatura per essere interamente ripulita e restaurata. L’opera di un meticoloso e paziente restauro ha restituito al suo splendore originale la facciata che è unica nel genere in tutto il mondo ed è diventata il simbolo della città di Gravina.  Da sempre il popolo di Gravina si è recato in devoto pellegrinaggio quando la chiesa era fuori città. Lungo il percorso erano scaglionate quattordici edicole della Via Crucis: il popolo, salendo, meditava la passione di Cristo e si preparava all’incontro con la Mediatrice della Grazia. Nel secolo scorso lo stesso popolo sentì il bisogno di dare una voce a quella chiesa e, a sue spese, fece innalzare un piccolo campanile per poter chiamare i devoti ai piedi della Madonna. La festa in onore della Madonna della Grazia viene celebrata il giorno otto settembre. Una novena di preghiere ne prepara la solennità. Il giorno della festa, sin dal primo mattino, il popolo accorre ai piedi della Vergine: si celebrano SS. Messe sino a mezzogiorno. Verso sera si snoda, per alcune vie della città, la processione della S. Immagine seguita da immane stuolo di popolo. Fino a tarda sera, numerosi fedeli vanno in chiesa per rendere omaggio alla Madonna dalla Grazia e tante mamme, nell’intimo del loro affetto, consacrano alla Mamma di tutte le grazie, i loro figli, la loro casa, la loro vita, i loro sentimenti più profondi.
Adiacente alla Chiesa fu costruita una fabbrica con giardino come residenza estiva dei vescovi e dei seminaristi. La costruzione risalente al 1602, come dimostra una iscrizione sulla facciata, fu meta di pellegrinaggio. Lungo la strada di accesso ad essa furono fissate 14 edicole della Via Crucis scomparse nel tempo per le costruzioni di case e della ferrovia.
Nel 2022 la facciata della Chiesa è stata sottoposta ad un intervento di restauro e ripulitura che si è concluso i primi giorni di giugno 2022 restituendo il bel colore vivo all'edificio.

Gravina in Puglia, la singolare storia della chiesa con la facciata a forma di stemma nobiliare di Federico Giannini, Ilaria Baratta (scritto il 30/10/2019) Finestre sull'arte
La singolare storia della chiesa Madonna delle Grazie
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari Gravina life
Chiesa Madonna delle Grazie e Mons. Giustiniani Un quadro, la famiglia Giustiniani, la chiesa Madonna delle Grazie, Francesco Solimena. Da Genova a Gravina
Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari Gravina life


VINCENZO GIUSTINIANI (vescovo di Gravina - 1593 agosto 02 - 1614 ottobre 03)
Nato a Chios da Giovanni Battista Giustiniani e sua moglie Violante, nel 1550. Vincenzo, all’età di sedici anni circa, con la perdita dell'isola da parte de Genovesi, raggiunse Genova con il fratello Marco Antonio, poi Torino, perché avviato alla vita religiosa e affidato alle cure e alla formazione dello zio paterno Angelo, frate francescano. Successivamente divenne vescovo a Ginevra. Il giovane Vincenzo studiò con profitto, laureandosi in Legge. Apprese anche le lingue, soprattutto l’arabo, il greco e il latino, che parlava con naturalezza. Si dilettò anche in alchimia, come attesta Vincenzo Bruno in «Teatro degli inventori di cose», e inventò tra l’altro la formula “dell’oro impalpabile in polvere sottilissima”.
Suoi nipoti di fama furono Orazio Giustiniani, della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, cardinale, gran penitenziere e bibliotecario; Giuliano, anch’esso dell’Oratorio famoso per integrità di vita e costumi. Raggiunta la formazione necessaria, fu segnalata la sua competenza a Roma. Il Papa, dunque, lo volle governatore di Tivoli dal 3 luglio del 1590. In questa veste ebbe modo di farsi notare per le capacità gestionali. Fu attore dei disastri compiuti dall’alluvione e dal conseguente straripamento del fiume Aniene nel 1589. In quest’occasione immediata fu la sua opera per riparare i danni subiti. Per trovare una soluzione a tali ingenti danni, chiese aiuto al padre gesuita Giovanni De Rosis che godeva fama di valente ingegnere idraulico.
Le sue doti erano conosciute anche all’altro suo parente, il cardinale Benedetto, dal 19 luglio 1591 Legato Pontificio per la Marca d’Ancona, che lo volle proprio Vicario unitamente a Ludovico Lambertini. Nel 1593 Vincenzo Giustiniani fu trasferito al governo di Civita Castellana, diventando il 28 febbraio dello stesso anno anche Referendario di ambedue le Signature a Montalto (sostituì in questa occasione Alfonso Visconti). In queste vesti rimase pochi mesi, dato che il 2 agosto 1593 fu promosso al vescovato, assegnandogli la comunità ecclesiale di Gravina, nelle Puglie, vacante per la rinuncia di Antonio Maria Manzoli.
Contestualmente alla Bolla papale con cui papa Clemente VIII riconobbe la collazione episcopale della chiesa di Gravina nella persona del vescovo Vincenzo Giustiniani, nella stessa data del 2 agosto, furono spedite altre Bolle, una allo stesso Giustiniani con cui lo si assolve da ogni censura e da ogni pena, un’altra di raccomandazione a Filippo II re di Spagna, un’altra ancora a Scipione de Tolfa arcivescovo di Acerenza suo suffraganeo, l’ultima al capitolo della chiesa cattedrale di Gravina, al clero ed ai diaconi della città di Gravina, all’Università e vassalli della città di Gravina, al popolo della città di Gravina.
Mons. Giustiniani aveva acquistato a Roma la propria abitazione nel rione “Monti” e in quella residenza soggiornava ogni volta che si recava nell’Urbe.
Il suo primo pensiero e atto, insediatosi nella diocesi di Gravina, è quello di occuparsi della formazione dei giovani e futuri presbiteri, istruiti da pubblici insegnanti e sacerdoti di esemplari costumi, pagati dall’Università. Mons. Giustiniani, come i suoi predecessori e i suoi successori, nota una diffusa ignoranza, soprattutto nel Clero. Alla luce di tali riscontri vuole con grande forza l’erezione di un Seminario, che risulta il primo nella Terra di Bari e nell’Arcidiocesi di Acerenza di cui Gravina era suffraganea. Mons. Giustiniani ordina al Capitolo gravinese la nomina di un procuratore con il compito di seguire la vicenda del Seminario. Coadiuvato da due deputati, questo procuratore avrebbe dovuto occuparsi in seguito del buon governo e dell’amministrazione dell’Istituto. Gli inizi sono davvero difficili per la mancanza di fondi necessari per andare avanti. I tentativi di imporre opere pie a tutte le istituzione laiche ed ecclesiastiche sono vane: tutti rifiutano, compreso l’Università che fino ad allora aveva mantenuto un pubblico maestro. Comunque mons. Giustiniani non si arrende alle palesi difficoltà e riesce a recepire fondi, assicurandosi parte dei proventi di diritti e decime dovute alla Chiesa e sottratte o percepite indebitamente dall’Università. In poco tempo la fabbrica del Seminario è innalzata nel rione chiamato, a dispetto del nome, “Inferno”, nei pressi delle mura cittadine della “porta di sopra” (denominata successivamente porta Aquila) nella strada della “Porticella” (oggi via seminario vecchio). Sull’ingresso della struttura campeggia lo stemma del Giustiniani. Nel 1596, il seminario risulta costruito e inizia le sua attività.
Approvati il progetto, il sito e quant’altro di utile occorreva, presumibilmente tra il 1597 e il 1598 iniziano i lavori della nuova chiesa di Santa Maria della Grazia, di fuori delle mura della città. Il tempio avrebbe avuto funzione di Santuario. Il vescovo affida la chiesa alla procura del canonico Sottile. La sorte vuole che, nel corso dei lavori, le colonne non reggendo il peso della struttura causano dei crolli, che fanno modificare il progetto originario più o meno nella forma che vediamo ancora oggi.
Il Santuario, costruito interamente con denaro del vescovo, del clero di Gravina, obbligato dallo stesso Giustiniani, e da offerte volontarie, è voluto “Ad instar Cathedralis”. Al suo interno, tre navate con i pilastri quadrati con le loro basi, piedistalli, capitelli, architravi, fregio e cornicione di struttura dell’ordine toscano, corinzio e dorico con dodici medaglioni ovali in pietra locale raffiguranti gli apostoli. Sul percorso per raggiungere il Santuario, ubicato a circa centocinquanta passi dalle mura cittadine, sono innalzate quattordici edicole in ricordo della Via Crucis: avevano lo scopo di far meditare sulla Passione di Cristo i pellegrini che si sarebbero portati al Santuario. Accanto al santuario è innalzata una residenza estiva ad uso dei vescovi pro-tempore e dei seminaristi.
Il santuario subì varie vicissitudini. Dopo anni di abbandono, nel 1652 fu restaurato dal vescovo di Gravina Domenico Cennini (1645 – 1684), che ampliò la struttura adiacente la stessa chiesa, ponendovi deliziosi giardini. Nella chiesa mons. Cennini abbassò la volta del presbiterio con una volta di tufi, formando un arco a tutto sesto chiudendo in questo modo quattro cappelle. Nel 1692 il vescovo Marcello Cavalieri (1690-1705) restaurò e abbellì la residenza ecclesiastica annessa alla fabbrica religiosa. Il 12 marzo 1714 Orsini consacrò nuovamente l’unico altare della chiesa, ponendovi le reliquie dei SS. Candido e Giustino.
Nonostante la presenza di queste opere, il sito fuori delle mura rimaneva spesso incustodito, con le conseguenti profanazioni. Infatti, nel 1734 le truppe austriache di stanza a Gravina utilizzarono la chiesa come caserma.
Nel frattempo, l’espansione della città oltre le mura di Santa Maria degli Angeli (Porta dell’aquila) comportò la demolizione delle edicole votive lungo il percorso verso la chiesa. Nel 1838 furono effettuati ulteriori lavori di restauro. Un piccolo campanile, tutt’ora esistente, fu realizzato a devozione dei fedeli nel 1841. Nella seconda metà del XIX secolo si compì lo scempio con la costruzione della stazione ferroviaria statale. Inaugurata nel 1891, coprì la magnifica vista della chiesa dal corso. Nonostante tutto permaneva, la situazione di abbandono del sito durò fino alla venuta a Gravina del vescovo Giovanni Maria Sanna o.f.m. (1922-1953), che nel 1926 commissionò altri restauri. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa fu nuovamente occupata dall’esercito. Addirittura si custodirono al suo interno le moto della fanteria motorizzata. Dopo tanto penare, nell’agosto del 1951 mons. Sanna la riaprì al culto, affidandola ai suoi confratelli francescani. Le strutture attigue furono utilizzate quale dimora estiva per bambini orfani e seminaristi.
Nel 1968, con il vescovo Giuseppe Vairo (1962-1970), fu rifatto l’altare maggiore, lasciando comunque l’antico paliotto. Fu anche rifatta la pavimentazione del presbiterio e rimesso a nudo il muro perimetrale interno. In questa occasione ci fu pure il restauro del quadro della Madonna del Donadio da parte del gravinese Angelo Amodio. Il 23 novembre 1980, il terribile terremoto che sconvolse l’Irpinia e la Basilicata provocò seri danni alla chiesa. Immediati furono i lavori approntati per il consolidamento della struttura, che iniziarono il 15 dicembre. In questa fase vennero alla luce elementi decorativi nascosti da restauri antichi. Al contempo si eliminarono le inutili sovrapposizioni realizzate nei vari restauri, come la demolizione delle stanze sul presbiterio. Il 16 dicembre 1989 si celebrò nuovamente la consacrazione a opera del vescovo di Gravina Tarcisio Pisani.
Agli inizi del 1984 la chiesa fu dichiarata di notevole interesse storico-artistico da parte del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Nel 1997 il parroco Angelo Casino chiese il cambio della denominazione da “Madonna delle Grazie” a “Madonna della Grazia” sulla base di ricerche da lui effettuate. Il vescovo Mario Paciello decretò positivamente il cambio della denominazione.
Alla chiesa Madonna delle Grazie, nel 2004 furono realizzati in legno intagliato il grande portone centrale e le due porte laterali. Sono opera di Domenico Lorusso ebanista di Gravina.
Il 3 ottobre 1614 il Vescovo Vincenzo Giustiniani si spegna a Gravina e viene sepolto nella cattedrale di Gravina in una tomba terragna posizionata nella navata di sinistra, sulla parte sinistra dell’altare, oggi dedicato a San Francesco di Paola. Sul suo sepolcro è innalzato un monumento a futura memoria, composto da uno zoccolo su cui si elevano due finti pilastri ornati con foglie di acanto e sormontate a loro volta da due Angeli. L’Angelo a destra regge il pastorale, nell’altra mano uno scudo con le insegne del vescovo; l’Angelo a sinistra ha la mitria e sempre uno scudo. Al centro altri due Angeli e il ritratto a rilievo di mons. Giustiniani mentre accenna a benedire. Più in alto il galero vescovile. Nella parte centrale vi è un piccolo sarcofago dai piedi leonini, ornato da una testa di Angelo. Sullo zoccolo sono scolpiti una mitria e due teschi, ciascuno di essi poggia su di un libro chiuso.

Informazioni e notizie a cura dell'Associazione Benedetto XIII di Gravina

Materiale tratto dal sito Santuario Madonna della Grazia - Gravina di Puglia e Il portale cittadino di Gravina in Puglia
Per approfondire vedi anche:
associazione, "Benedetto XIII" che si occupa della gestione del Museo Capitolare di Arte Sacra a Gravina


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PROGETTO DI DIGITALIZZAZIONE DELLE VISITE PASTORALI DEI VESCOVI DELLA DIOCESI DI GRAVINA

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L'Archivio diocesano di Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti ha lanciato un progetto di digitalizzazione di tutte le visite pastorali svolta dai Vescovi di Gravina tra cui quelle di Vincenzo Giustiniani. L'interessante materiale inedito sarà di grande supporto soprattutto per la storia e lo stato dei luoghi e della popolazioni in quei tempi. A breve sarà lanciata una campagna di crowfounding per il reperimento delle risorse. Attualmente il materiale presente nell'archivio diocesano di Gravina è composto da 45 volumi rilegati in cartelle.


Il Cristo Porta Croce di Gravina

La Concattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Gravina in Puglia, sulla sommità del timpano del portale del lato sud della Basilica Cattedrale di Gravina di Puglia è posto come elemento decorativo il Cristo risorto o Cristo Portacroce. L’incisione latina riporta la seguente frase: "Dopo esser morto, ridestandomi dalla tomba, ascesi al cielo e quella che voi chiamate "morte" per me fu la vita".
Fonti storiche più o meno accreditate asseriscono, senza aver mai, purtroppo, fornito elementi certi sulla sua datazione, sulle maestranze che la realizzarono, che quella statua fu collocata dove, ancora, attualmente la si può ammirare, dopo il crollo della torre campanaria avvenuto nel 1558. Cosa abbia di tanto particolare o di tanto fulgido retaggio storico quel manufatto in pietra è presto detto. Replica, modestamente, senza forzature di sorta, senza esagerazione campanilistica e retorica, l'opera che, Metello Vari, nel 1514, commissionò a Michelangelo Buonarroti, per la Basilica di Santa Maria Sopra Minerva, a Roma, retta dai figli di San Domenico, dell'Ordine dei Predicatori, e dove sono custodite le spoglie mortali del gravinese Papa Benedetto XIII.
In una Visita apostolica del cardinale Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, risalente al 1714 descrive anche il trittico con il risorto: "La quarta finestra è aperta nel muro laterale sinistro, che risguarda il mezzogiorno, fra il quinto, ed il sesto pilastro, di pietra pur di Bitonto, ornata con due colonne rilevate per due terzi gentilmente intagliate, colle basi, piedistalli, capitelli, architrave, fregio, cornicione, e frontespizio triangolare, parimente rilevato di ordine Dorico. Dentro il detto frontespizio è collocata una immagine di nostra Signora col bambino in braccio, di basso rilievo, e sopra di esso tre statue, cioè di Cristo risorto nel mezzo, di S. Pietro à destra e di S. Paolo à sinistra".
La storia delle “due” statue Michelangiolesche è ormai nota, qui vogliamo evidenziare che nello stesso periodo si inserisce questo Cristo gravinese che si lega ai Giustiniani per la presenza di mons. Vincenzo Giustiniani, vescovo della Diocesi di Gravina dal 1593 al 1614, che fece costruire, tra l'altro, il primo Seminario vescovile, la chiesa della Madonna delle Grazie, con la maestosa facciata, che riproduce il suo stemma episcopale e la chiesa di Santa Cecilia.
L'opera iniziale, inserita nell'alveo di alterne vicende storiche, finisce col ricollegarsi e ricongiungersi a momenti salienti della vita Gravinese religiosa e sacra.
                                                Il Cristo Porta Croce Giustiniani di Bassano Romano

Durante l'annuale celebrazione della festa in onore della Madonna delle Grazie dal 30 agosto all'8 settembre 2021, è stato presentato dal giornalista Giuseppe Massari, presso il salone parrocchiale, il libro "Discorso sopra il Cristo Giustiniani di Michelangelo Buonarroti" di Nicoletta Giustiniani. E' intervenuto il parroco Giovanni Bruno e l'artista Gravinese Massimo Loglisci autore di un pregevole modello in scala, in pietra locale, del Santuario della Madonne delle Grazie.
La serata è stata di particolare importanza, perché l'autrice è una delle discendenti di Mons. Vincenzo Giustiniani, colui che fece costruire la maestosa chiesa con la superba ed originale facciata conosciuta, ammirata ed apprezzata in tutto il mondo, riproducente le armi della sua nobile e patrizia famiglia. Inoltre, l'appuntamento assume un'altra importanza di rilievo, perché di quella immagine del Cristo di Michelangelo, la Basilica Cattedrale di Gravina possiede una copia esposta e situata sulla facciata meridionale, quella che si affaccia su piazza Benedetto XIII.
Si ripete l'annuale e tradizionale festa in onore della Madonna delle Grazie Gravina Life del 30 agosto 2021

 



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