Nella zona di Albaro, anticamente interessato da orti ed edifici del villeggiatura ed oggi
zona di espansione residenziale, in fondo a Piazza Leopardi si erge la chiesa romanica di
Santa Maria del Prato, recuperata grazie ad un accurato restauro che ha rimosso le
antiestetiche sovrastrutture. Al civ. num. 1 sorge la splendida Villa cinquecentesca
Giustiniani Cambiaso (ingresso in via Montallegro), con la porzione di parco che ancora la
attornia e la sottostante e Valletta Cambiaso, oggi giardino pubblico che rappresenta
quanto rimane del più vasto parco di tale villa che si estendeva sino al mare e che è
stato interrotto dalle grandi viabilità cittadine realizzate agli inizi del 1900 ; il
Parco della Villa Gambaro con l'adiacente vivaio Comunale ; i giardini delle piscine
comunali.
Villa Giustiniani Cambiaso, prima opera genovese di Galeazzo Alessi (1548); la dimora, che
fu costruita sul punto più alto della Valletta Cambiaso, con la sua struttura cubica
loggiata servì da esempio per le altre ville patrizie del Cinquecento; la stessa
struttura fu ripresa più volte dall'Alessi e dai maestri genovesi in diverse zone della
città.
Oggi questa villa, che conserva affreschi di A. Semino, ospita la Facoltà di Ingegneria
Navale e quel che resta del grande parco che la circondava é aperto al pubblico.
Quando, nel 1919, la proprietà della villa Giustiniani
passò dalla famiglia Cambiaso al Comune di
Genova, l’allora assessore Cesare Gamba ben sottolineò,
nel discorso che tenne in sede di Consiglio
Comunale, il valore del manufatto che la cittadinanza
andava ad acquisire quale nuova sede della Regia
Scuola Navale; conscio del fatto che la scelta avrebbe
comportato, insieme all’orgoglio di possedere uno
dei manufatti architettonici tra i più interessanti del
Cinquecento genovese, anche l’onere della sua più
corretta conservazione, pose l’accento sul dovere, da
parte dell’istituzione pubblica, di porsi quale “vigile
custode della conservazione della bellezza del paesaggio”,
riconoscendo, nel dialogo che la villa intrattiene
con l’ambiente circostante, uno dei valori fondanti
del nuovo corso architettonico inaugurato da
Galeazzo Alessi nel 1548.
Il compatto e possente blocco edilizio, impostato su
di un alto basamento che contribuisce a staccarlo,
anche concettualmente, dal suolo, fu edificato ai margini
di una valletta a dominare il paesaggio digradante
lungo l’asse mare-monti: una siffatta collocazione
incardina la villa nella duplicità del panorama, in un
virtuoso e innovativo connubio, frutto della stretta
interrelazione tra la volontà di magnificenza del committente
e la capacità compositiva dell’architetto.
Uno scambio reciproco che tradusse, nella pratica
architettonica aggiornata sull’antico e sulle più recenti
realizzazioni romane dell’architetto perugino, la cultura
antiquaria di Luca I Giustiniani, esponente dell’aristocrazia
cittadina più colta e raffinato collezionista,
che volle ricreare, nell’otium della villeggiatura, lo scenario
più adatto a rappresentare in chiave monumentale
la propria immagine.
Volontà del committente era quindi quella di avere
una residenza lussuosa, comoda ma che fosse, al contempo,
capace di tradurre, in un’architettura aulica, la
sua appartenenza ai più elitari circoli culturali del tempo
e porsi quale luogo di evocazione dell’antico, dove
poter agevolmente collocare la preziosa collezione di
pezzi che aveva faticosamente selezionato non solo
grazie alle attività commerciali che la famiglia intratteneva
con le isole del Mediterraneo, ma anche tramite
la paziente e meticolosa ricerca sul mercato antiquario
romano; i colti e raffinati strumenti che l’architetto
offriva in risposta a queste richieste erano la grande
capacità progettuale, diretta conseguenza di una stringente
logica di composizione dei volumi, e una cultura
architettonica calibrata sulla trattatistica coeva, sullo
studio delle vestigia del passato, sul rilievo diretto delle
rovine dell’antico, ma, contemporaneamente,
aggiornata sulle novità del rinascimento e del manierismo
romano.
La tipologia, edilizia e decorativa, che ne derivò e
il rapporto che la stessa impostò con il paesaggio furono
dirompenti a confronto dei tradizionali modelli
residenziali genovesi, ancora legati a concetti compositivi
organici e tipologie di minore imponenza, tanto
da divenire, di lì a pochi anni, vero e proprio paradigma
dell’architettura non solo della villa extraurbana
ma anche del palazzo cittadino. Una caratteristica
compresa ed esaltata da Pietro Paolo Rubens che, in
visita in città all’inizio del XVII secolo, volle inserire
proprio la residenza di Albaro, insieme ad altri undici
esempi, nella prima edizione della raccolta di rilievi
dedicata ai Palazzi Moderni di Genova, pubblicata ad
Anversa nel 1622 e proposta come repertorio di
modelli compositivi, folgoranti esempi di “fabbriche
bellissime e comodissime” perfettamente rispecchianti
la colta cerchia dei Gentilhuomini particolari genovesi.
Un paradigma che ebbe grande fortuna in città e nel
Genovesato fino alle soglie del XIX secolo e divenne il
leitmotiv dell’episodio urbano più importante del Siglo de
Oro quale l’apertura, alla metà del Cinquecento, di Strada
Nuova, cantiere dove le innovative soluzioni architettoniche
alessiane, percepite già da Vasari nella seconda
edizione delle Vite come realtà residenziali “alla
moderna”, arrivarono a definire l’immagine della città
stessa e della sua classe aristocratica in Europa.
In questo ambito di architettura colta, particolarmente
sottile è così l’ironia con la quale Alessi contrappone
alla severità e al rigore della composizione
architettonica, rigidamente tripartita in pianta e in
alzato, gli elementi della “maniera”, posti a diretto
confronto con il lessico e la sintassi desunti direttamente
dal linguaggio architettonico classico: un continuo
crescendo che, negli esterni, dal basso verso l’alto
e, negli interni, dal piano terreno al primo, accompagna
l’ospite cinquecentesco allora come il visitatore
oggi, nell’esplorazione dell’opera alessiana.
Peculiarità che, già in nuce nella residenza di Albaro,
diventerà uno degli elementi chiave per la lettura
della poetica architettonica dell’Alessi: il passaggio
dalla severità e compattezza del piano terreno che si
arricchisce dell’esuberante e mosso decorativismo della
loggia al piano nobile anticipa alcune future soluzioni
studiate dell’architetto che, dai disegni per palazzo
Marino fino ai progetti per le architetture del Sacro
Monte di Varallo passando per le grotte artificiali,
impreziosisce gli elementi della composizione man
mano che questi si staccano dal terreno.
Così, anche nel prospetto principale, lo scarno linguaggio
classico della triplice apertura ad arco inquadrata
dalle semicolonne doriche della loggia a mare,
serrata tra due avancorpi chiusi e leggermente aggettanti
rispetto al piano di facciata, si giustappone al
maggiore decorativismo che connota il registro superiore.
Qui l’ordine gigante delle lesene composite
separa aperture a edicola il cui coronamento, alternativamente
centinato e timpanato, è sormontato dalle
finestre del mezzanino, a loro volta contornate da un
motivo a cartella i cui accenni a elementi fitomorfi
richiamano la ricchezza plastica del fregio a girali di
pampini e grappoli d’uva che contraddistingue la trabeazione
che corre, senza soluzione di continuità, lungo
tutto il perimetro superiore del prospetto. Un’esuberanza
decorativa che si ritrova, potenziata, anche
nello spazio della loggia superiore, raggiungibile dall’ampio
scalone il cui vano, che ha principio nell’atrio
del piano terreno, sbarca ad un primo livello intermedio
illuminato da due grandi finestroni rivolti a
ponente, in una stringente corrispondenza tra interni
ed esterni che sacrifica alle regole compositive della
residenza la potenziale, maggiore monumentalità di
uno dei prospetti secondari.
Aperta verso il panorama montano, in una sorta di
“ribaltamento” della logica che sottintende alla composizione
degli spazi rispetto al passaggio-filtro biabsidato e rivolto alla marina del piano sottostante, la loggia
superiore fu concepita quale luogo prescelto per
accogliere, su piedistalli e in due apposite nicchie, i
pezzi più eminenti della collezione antiquaria del committente
che, affidandosi al genio e alla cultura dell’architetto,
volle qui dare nuova materialità architettonica
all’intangibilità del concetto di “luogo dell’antico”.
Alessi riuscì così a qualificare la loggia-galleria
come un vero e proprio antiquarium, uno spazio diaframmatico
tra il giardino – luogo per eccellenza dell’esposizione
della collezione – e la dimora, che presentasse,
in uno spazio aperto al paesaggio circostante
ma al contempo all’interno della magnificenza della
dimora, la collezione, specchio della cultura del committente.
Chiare e precise conseguenze di questo programma
culturale sono qui da leggersi i riferimenti all’architettura
antica: i lacunari che caratterizzano l’intradosso
della volta a botte – che ripropongono la
grandiosità e le soluzioni tecniche delle coperture
degli spazi romani – e i motivi a meandro che corrono
lungo tutta la ghiera inferiore dei tre archi
sostenuti da colonne binate. In questo ambito di
intervento il repertorio decorativo alessiano trova
la sua massima espressione: una sintassi figurativa
che, formatasi sull’esperienza diretta dell’ambiente
romano vicino alla cerchia raffaellesca e arricchitasi
nei successivi cantieri perugini, affianca alla colta
citazione antiquariale del fregio pulvinato che corre
lungo tutto il perimetro superiore della loggia, la
sottile rivisitazione in chiave manierista dell’ordine
architettonico. È così che gli elementi verticali del
registro superiore della parete, assunti connotati
antropomorfi, si compongono in coppie di erme che
trovano posto agli angoli e al centro del lato lungo
della loggia dove inquadrano, insieme a lesene che
proiettano sulla parete interna il ritmo delle aperture
ad essa contrapposte, l’accesso al salone. Ed è
proprio questo ulteriore, nonché ultimo spazio di
rappresentanza al quale si giunge al termine del percorso
di ascesa interno alla residenza, che si configura
come baricentro della duplicità visiva mare
monti: un vero e proprio cannocchiale ottico che,
passando attraverso il salone e lo spazio diaframmatico
della loggia, incardina il potente cubo alessiano
nel paesaggio.
Soluzione peraltro già in parte anticipata al piano
terreno dove l’atrio, aperto sulla loggia a mare, viene
posto in diretta corrispondenza con il giardino a monte
tramite un vano centrale di passaggio, coperto da
una volta a botte la cui superficie è scandita dal ritmo
serrato dei lacunari.
Il colto cantiere alessiano così concepito dava consistenza
anche a uno degli argomenti più attuali,
oggetto di studio e dibattito dei colti circoli umanistici
che andavano delineandosi anche in area genovese: le
due lunette affrescate nella loggia da Luca Cambiaso e
Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco, Diana-
Luna-Notte a est e Apollo-Sole-Giorno a ovest, dialogano
così sui temi vitruviani della figura umana inserita
nello spazio, tematiche oggetto della trattatistica
coeva di cui il colto binomio architetto-committente
era certo a conoscenza.
Dal 1921 villa Giustiniani Cambiaso ospita gli studi
di Ingegneria dell'Università degli Studi di Genova. La
villa conserva ancora oggi intatto l'originale impianto
cinquecentesco, in quanto le strutture scientifiche e
didattiche si sono sapute integrare nel manufatto, rispettandone
le caratteristiche distributive. I padiglioni realizzati
negli anni venti, nella parte occidentale del giardino,
sono stati progettati nel rispetto delle preesistenze,
contenendo la volumetria al di sotto della quota del piazzale,
riprendendone gli assi progettuali, le partizioni e gli
schemi compositivi dei prospetti, e anche quelli costruiti
successivamente sono caratterizzati da un'altezza contenuta
nel rispetto della villa.
Questo limite viene rispettato anche nell'ultima
integrazione degli anni settanta, i nuovi laboratori a
nord del giardino, dove il progetto di Cesare Fera e
Luciano Grossi Bianchi prevede anche una copertura
con un tetto verde su diversi livelli a memoria dell'antica
sistemazione a orti e giardini.
bibliografia:
Numerose sono le fonti sulla vita e l’opera alessiana: ai
primi, significativi, quadri tracciati dal Vasari nella seconda
edizione delle Vite (Vasari 1568) e da Filippo Alberti
(Alberti 1584) sono seguiti molteplici contributi (Soprani
1674; Pascoli 1730-36; Pascoli 1732) che, tuttavia,
poco si sono discostati dall’impostazione vasariana. La
raccolta di rilievi pubblicata ad Anversa da Pietro Paolo
Rubens (Rubens 1622, 1652), che presentava la villa per
prima tra le residenze extraurbane genovesi, ha contribuito
ad identificarla quale vero e proprio modello per il rinnovo
di una residenzialità genovese, di lì a poco letta nella
sua eccezionalità anche da Heinrich Schickhardt e
Joseph Furttenbach (Schickhardt Von Herrenberg 1602;
Furttenbach 1627). Sulla scia di esaltazione dell’ “alta”
progettualità alessiana, si sono mosse, nel corso del Settecento
e del primo Novecento, le guide cittadine (Ratti
1730; Ratti 1766; Ratti 1780; Description des beautés de
Gênes 1788; Nouvelle description 1819; Bertolotti 1834;
Alizeri 1846-1847; Alizeri 1875), le biografie (Alizeri
1873; Milizia 1785; Quatremêre de Quincey 1830) e gli
studi di taglio più prettamente artistico e architettonico
(Suida 1907; Burckardt 1952). Opere che sono andate via
via ad affiancarsi ai lavori di rilievo, fotografia e ricostruzione
operati da Martin Pierre Gauthier e Robert Reinhardt
(Gauthier 1818-1832; Reinhardt 1886).
Il XX secolo si apre con gli scritti e le considerazioni di
Mario Labò che, in un’ottica di puntualizzazione del catalogo
dell’artista, ha messo in piena luce la composizione architettonica
della villa e i rimandi alle esperienze romane
(Labò 1921; Labò 1938; Labò 1970a; Labò 1970b. A questi
studi si sono accostati i contributi di Emmina De Negri e di
Ennio Poleggi (De Negri 1957; Poleggi 1969; De Negri Maltese
1974; Poleggi Caraceni 1983) tesi ad approfondire alcuni
aspetti chiave dell’architettura della villa, letta nel rapporto
con il paesaggio circostante e nel quadro più generale
della produzione architettonica genovese del XVI secolo.
Il Convegno Internazionale del 1974, cui seguì la pubblicazione
degli atti l’anno successivo, portò un fondamentale
contributo allo studio dell’opera alessiana (Carboneri
1975; Oechslin 1975; De Fiore 1975), analizzata nei rapporti
con la trattatistica, con l’antico, con il manierismo
romano (Olivato 1975; Wilinski 1975; Bonelli 1975;
Burns 1975; Frommel 1975; Pane 1975). È da leggersi in
quest’ottica anche l’analisi della villa (De Negri 1975;
Profumo Müller 1975; Poleggi 1975), approfondita nei
parallelismi con Giulio Romano e con Andrea Palladio
(Carpeggiani 1975); di poco successivo il contributo dedicato
interamente ai rilievi e alle proporzioni della composizione
architettonica (Maniglio Calcagno, Morozzo della
Rocca 1979).
Gli anni novanta vedono la pubblicazione di due nuovi
studi monografici: entrambi incentrati sulla figura di
Galeazzo Alessi e sul suo contributo al rinnovo, in ambito
genovese, della tipologia della villa cinquecentesca (Salzer
1994), e in particolare sull’analisi delle due ville Giustiniani
e Grimaldi Sauli (Zeitler 1993); tra i più recenti
contributi quello di Howard Burns, dedicato all’architettura
di villa in Italia nel Rinascimento, riserva interessanti
considerazioni sulla possibilità, sollevata dallo stesso
Vasari, che Luca Giustiniani abbia richiesto un primo
progetto al Palladio (Burns 2012).
Di taglio più trasversale e con una pluralità di punti di
vista che relazionano il manufatto al rapporto “orizzontale”
tra architetto e committente, al giardino e al paesaggio,
all’articolazione del sistema abitativo tra spazio urbano
e spazio di villa sono da leggersi i contributi di Lauro
Magnani a partire da Il Tempio di Venere (Magnani 1987;
Magnani 2005), poi nell’intervento nel Symposium del
Dumbarton Oaks (Magnani 2002) e ancora nel 2009
(Magnani 2009), oltre allo studio di Andrea Leonardi,
incentrato sull’immagine del giardino genovese cui la villa
è servita da modello (Leonardi 2011).
Numerosi, nel corso degli ultimi anni, i temi nei quali sono
stati declinati importanti approfondimenti sulla residenza e
sulla sua committenza: sullo spazio dell’antico e le collezioni
antiquarie di Luca I Giustiniani (Gorse 2001; Magnani
2007a; Leonardi 2012; Fiore 2013; Leonardi 2013; Magnani
2013b), sul concetto di paesaggio letto in chiave “sistemica”
in rapporto alla villa (Maniglio Calcagno 1983; Mazzino
2006), l’analisi delle collezioni ospitate dal manufatto (Seitun
2007), le considerazioni sulla decorazione ad affresco
della loggia del primo piano nobile e la collaborazione Alessi-
Cambiaso-Castello (Magnani 1995; Magnani 2003; Magnani 2007a; Magnani 2007b)
Estratto da Sara De Maestri
e Sara De Maestri - VILLA
GIUSTINIANI CAMBIASO -SCUOLA POLITECNICA-INGEGNERIA - VIA MONTALLEGRO 1 – Facoltà di Ingegneria
AFFRESCHI E PATRIMONIO MOBILE
Gli unici decori pittorici, all’interno di un contenitore in cui l’elemento
architettonico, la plastica ornamentale e l’evocazione
dell’antico dominano in maniera assoluta, sono le due lunette
poste a capo della loggia-galleria, realizzate intorno al 1552 da
Luca Cambiaso e Giovanni Battista Castello il Bergamasco. A
levante è Apollo-Sole-Giorno di Castello a sorgere, rispettando
così il reale orientamento dell’edificio e il suo rapporto con il
paesaggio circostante, mentre a ponente è Diana-Luna-Notte,
invenzione cambiasesca, a fuggire oltre lo spazio fisico della
parete, inseguita dai primi bagliori del giorno. Il Bergamasco da
buon architetto dipinge Apollo-Sole-Giorno esattamente al centro
della lunetta, secondo perfette proporzioni vitruviane, accettando
così il limite imposto dallo spazio decorativo. Cambiaso
invece inventa una Diana-Luna-Notte che segna e misura con il
suo corpo lo spazio, occupandolo con efficacia grazie al suo
movimento, individuato per scorci tanto arditi quanto indispensabili.
Nel salone al piano nobile, un tempo affrescato da
Antonio Orazio Quinzio, è conservato un interessante affresco
raffigurante Il rapimento di Elena, proveniente da una villa di
Sampierdarena da cui venne staccato nel 1911 per essere poi
trasferito in villa Imperiale Scassi e di fatto lì abbandonato fino
a quando tra 2006 e 2007, nel quadro delle azioni volte alla
valorizzazione del patrimonio gestito dall’Ateneo, la Presidenza
della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, impegnata
in un’opera di recupero e incentivazione dell’immagine della
villa, decise di destinare uno specifico finanziamento di uno
sponsor privato ad un accurato restauro dell’affresco. Il dipinto
collocato su una parete del salone appare pienamente coerente
con gli anni in cui Cambiaso e Giovanni Battista Castello lavoravano
in villa Giustiniani, vicino alla maniera del primo, ma
ancor più prossimo alla coeva esperienza del Bergamasco.
Numerosi busti all’antica, copie e originali, sottolineavano il
gusto antiquario della committenza, elementi di una raccolta
oggi in parte dispersa. Al centro delle due rampe esterne erano
posti due cani in marmo, danneggiati dai bombardamenti del
maggio 1944 e ricoverati nei depositi del Museo di Sant’Agostino,
ora restaurati e collocati nel ballatoio tra le due rampe di
scale all’interno dell’edificio. Sullo stesso ballatoio, posta in una
nicchia, è la statua cinquecentesca e copia dall’antico, a grandezza
naturale di Asclepio, dio della medicina. Le grandi nicchie
della loggia a piano nobile, decorata “all’antica” e dominata
da una grande Testa di Apollo ascrivibile probabilmente alla
fase decorativa cinquecentesca, ospitavano i due pezzi più pregiati
della raccolta probabilmente già di Luca Grimaldi – l’Hermes
e l’Afrodite pudica – trasferite al Museo di Archeologia
Ligure e oggi sostituite da due copie in resina, segni dell’amore
per l’antico e per i suoi canoni perseguito dai Giustiniani nel
corso dei secoli.
Anna Manzitti
BIBLIOGRAFIA: Delle Piane 1789, I, pp. 78, 86; Ceschi 1949, p.
243; Rotondi Terminiello 1975, p. 300; Quartino 2004, pp. 136,
139, figg. 3,4,11; L. Magnani in Luca Cambiaso…2007, pp. 274-
275, n. 35; Magnani 2007b, pp. 26-27; Seitun 2007.
Villa
cambiaso Giustiniani dal sito della Soprintendenza ai beni paesaggistici della
Liguria
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Proprietà: fondazione Carige
Gestore: Università degli Studi di Genova
Fruizione: attualmente il palazzo è adibito a sede universitaria
Telefono: 0103532148
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