STORIA DEL COMMERCIO DELL'ALLUME 

 

L’allume era oggetto di un traffico intenso che i Genovesi provarono a controllare fin dalla fine del XIII secolo, quando in effetti quasi non esistevano carichi di allume orientale (da Focea, ma anche da altre miniere nell’Asia minore) che non fossero trasportati da navi genovesi. L’Occidente, in quel periodo, non era molto ricco di allumiere e il trattato del 1346 tra Simone Vignoso e i Focesi non sembra lasciar dubbi che lo scopo della conquista delle due Focee fosse quello di ritornare in possesso delle miniere un tempo tenute dagli Zaccaria.
I proventi di Focea Nuova, concessa in appalto, spettavano ai Maonesi. Focea Vecchia, pur sempre giuridicamente dipendente dalla Maona, era stata data nel 1402 ai Gattilusio di Lesbo, e in mano loro rimase fino alla conquista turca. I due grandi porti di smercio erano Chio, per le rotte verso la Romania e Cipro, e Genova per l’esportazione in Italia e Oltralpe, soprattutto verso l’Inghilterra, le Fiandre (Bruges era il maggior mercato internazionale dell’allume nel XV secolo) e l’Andalusia. Dopo l’occupazione turca di Focea nel 1455, i mercanti genovesi continuarono a frequentarla e gli stock accumulati a Chio alimentarono ancora per qualche tempo il mercato occidentale. Il loro esaurimento nel 1458 mandò in crisi le industrie occidentali dei tessuti e dei pellami, fino a che non furono individuate nel 1461 le miniere dei Monti della Tolfa, vicino Civitavecchia.

 

Prima di Tolfa: i mercanti genovesi e l’allume orientale

(di Enrico Basso Enrico Basso, « Prima di Tolfa: i mercanti genovesi e l’allume orientale », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge [En ligne], 126-1 | 2014, mis en ligne le 03 avril 2014, consulté le 14 août 2017. URL : http://mefrm.revues.org/1612  ; DOI : 10.4000/mefrm.1612)
vedi anche: Prima di Tolfa: i mercanti genovesi e l’allume orientale di Enrico Basso in "Il mare di San Giorgio. Studi su Genova e l’Egeo nel Basso Medioevo" - Quaderni della Società Ligure di Storia Patria n.10/2021)

 

A partire dalla seconda metà del XIII secolo e per più di duecento anni, alcuni dei principali consortili dell’aristocrazia mercantile genovese incentrarono una parte fondamentale dei propri interessi economici nella gestione secondo criteri monopolistici delle miniere di allume anatoliche e dell’Egeo orientale e nel commercio del minerale estratto. Il presente intervento è pertanto mirato ad analizzare quali furono, nel corso del tempo le forme che assunse tale sfruttamento, quali i conseguenti accordi societari e quali le conseguenze non solo economiche, ma anche politiche della gestione di una massa di interessi finanziari che giunse ad avere proporzioni realmente gigantesche, generando una corrente di traffico commerciale che dalle isole egee raggiungeva l’Inghilterra e le Fiandre coinvolgendo interessi di tale portata che si tentò in qualche modo di mantenerla attiva anche quando il mutare profondo degli equilibri politici euromediterranei ne aveva di fatto già decretato la fine.

  • 1 Lopez 1933 ; Lopez 1996² (1938); Sapori 1947; De Roover 1948; Lopez 1951; Heers 1954; Heers 1955; A (...)
  • 2 Doehaerd 1938; Doehaerd 1941; Doehaerd - Kerremans 1952; Liagre De Sturler 1955; Liagre De Sturler (...)
  • 3 Olgiati 1989a ; Basso 1994; Olgiati 1994a ; Olgiati 1996; Basso 1999a; Basso 2000; Basso 2002; Bass (...)

2Si tratta di un quadro le cui linee portanti sono già state tracciate nel corso del Novecento dalle ricerche fondamentali di Roberto S. Lopez, Armando Sapori, Raymond De Roover, Philip P. Argenti, Marie-Louise e Jacques Heers, Michel Balard, Geo Pistarino e David Jacoby1, ai quali vanno inoltre affiancati, per l’immenso apporto che le edizioni documentarie da loro curate hanno garantito alla ricerca storica sul tema, i grandi rappresentanti della scuola storiografica belga come Renée Doehaerd, Charles Kerremans e Léone Liagre de Sturler2, e al quale in anni più recenti hanno portato il loro contributo su temi più specifici anche le ricerche di Giustina Olgiati, di Angelo Nicolini e di chi qui scrive3.

3Proprio grazie alla presenza di un’ampia letteratura scientifica di grande qualità sull’argomento, ritengo sia possibile cercare di tracciare brevemente, quale introduzione ai temi che verranno trattati negli altri interventi previsti, un disegno nel quale si evidenzino alcune linee-guida che riaffiorano costantemente nell’esame dell’attività dei grandi protagonisti della gestione delle allumiere orientali durante gli ultimi secoli del Medioevo.

Proprio grazie alla presenza di un’ampia letteratura scientifica di grande qualità sull’argomento, ritengo sia possibile cercare di tracciare brevemente, quale introduzione ai temi che verranno trattati negli altri interventi previsti, un disegno nel quale si evidenzino alcune linee-guida che riaffiorano costantemente nell’esame dell’attività dei grandi protagonisti della gestione delle allumiere orientali durante gli ultimi secoli del Medioevo.

Lo schema di comportamento al quale appaiono rifarsi tutti i personaggi che nel corso del tempo si interessano a questo settore economico rinvia costantemente ai primi, e sicuramente più notevoli protagonisti di questa impresa: i fratelli Benedetto e Manuele Zaccaria.

  • 4 Sull’allume di provenienza africana o egiziana e sull’allume definito « di Castiglia », frequenteme (...)

5Non è questo ovviamente il luogo per ripercorrere la biografia di Benedetto Zaccaria, che a partire dal classico libro di Lopez ha finito col divenire il « prototipo » del mercante genovese dell’età d’oro del commercio ligure. In questa sede, ciò che interessa evidenziare sono le caratteristiche del monopolio che il grande imprenditore riuscì a imporre, sfruttando abilmente il favore imperiale, sulla produzione delle più importanti miniere di allume orientale note all’epoca4.

  • 5 Guillaume de Rubruck, p. 242; The Mission, p. 273; Balard 1978, I, p. 58.

6Già anteriormente alle imprese degli Zaccaria un primo esempio di monopolio basato sul controllo dell’allume anatolico grazie al favore delle autorità politiche locali ci è offerto dall’impresa avviata negli anni a cavallo della metà del XIII secolo da un mercante genovese proveniente da Acri, Niccolò da San Siro, il quale, in società con il veneziano-cipriota Bonifacio de Molendino, era riuscito a farsi garantire dal sultano selgiuchide di Iconio (Konya) l’esclusiva del commercio dell’allume prodotto nei suoi dominî (probabilmente quello estratto dalle miniere di Kütahya) provocando un significativo aumento dei prezzi in proprio favore, cosicché, come ricorda il francescano Guglielmo di Rubruck che incontrò i due mercanti nella capitale selgiuchide nel 1255 sulla via del ritorno da Karakorum, « ciò che prima costava 15, adesso ne costa 50 »5.

7Questo esempio, sul quale noi possediamo solo le scarne informazioni forniteci dal testo del missionario francescano, ma che probabilmente era ben noto a Benedetto e Manuele Zaccaria, fu verosimilmente il modello al quale i mercanti genovesi si rifecero nelle trattative avviate con Michele VIII Paleologo per ottenere il controllo di Focea.

  • 6 I Libri Iurium, I/4, doc. 749.
  • 7 Lopez 1933, p. 26-27.

8Non è nota la data esatta nella quale l’imperatore effettuò la concessione in favore dei fratelli Zaccaria, ma il Lopez, basandosi sull’evidenza della mancata citazione del porto anatolico nella lista delle località che avrebbero dovuto passare sotto il controllo genovese contenuta nel trattato di alleanza bizantino-genovese siglato a Ninfeo il 13 marzo 12616, ipotizza che già anteriormente a questa data i due mercanti avessero assunto il controllo della località7.

  • 8 Basso 2014.

9Si tratta di un’ipotesi, ma la documentata esistenza di fitti rapporti fra esponenti dell’aristocrazia genovese e la corte di Nicea già a partire dalla fine degli anni ’30 del secolo la rende assolutamente plausibile8, e una data così prossima a quella della menzione della presenza di monopolisti genovesi dell’allume all’interno dell’Anatolia porterebbe a pensare all’esistenza di una precisa linea di tendenza nella politica commerciale perseguita dagli elementi più attivi dell’élite economica genovese del tempo.

  • 9 Heyd 1885-1886, II, p. 566-567; Brătianu 1929, p. 140; Heers 1954, p. 51-53; Balard 1973, nn. 574, (...)

10In ogni caso, l’azione degli Zaccaria si configura fin dall’inizio come tendente ad assicurare ai due fratelli la possibilità di esercitare un controllo di tipo monopolistico sull’afflusso sui mercati del prodotto considerato di migliore qualità. Evidentemente poco preoccupati della possibile concorrenza del prodotto delle miniere di Ipsala e Maronia, in Tracia, commercializzato attraverso il mercato di Mitilene, o dello stesso allume di Kütahya (del Coltai) precedentemente trattato dal « cartello » di Niccolò da San Siro e immesso sul mercato attraverso il porto di Altoluogo (Teologo= Efeso), Benedetto e Manuele si premurano di cercare invece di bloccare la commercializzazione dell’allume di Colonea (Karahisar), che altri mercanti genovesi esportano verso occidente attraverso i porti pontici di Chirisonda e Trebisonda9.

  • 10 Pegolotti 1936, p. 43, 293, 367-370.
  • 11 De Michaele 1835, I, p. 420.
  • 12 Lopez 1933, p. 35.
  • 13 Karpov 1986 (1981), p. 39, 141-144.

11La preoccupazione rispetto a questo specifico prodotto era bene motivata (a giudicare dalla « classifica » che il Pegolotti redige relativamente alle tipologie di allume reperibili sul mercato di Costantinopoli, nella quale l’allume di Rocca di Colonna costituisce il tipo di gran lunga più pregiato e costoso)10 e la reazione degli Zaccaria fulminea e ben concertata: grazie a un crisobollo imperiale la commercializzazione dell’allume di Colonea viene bloccata e viene addirittura ordinata la chiusura delle miniere. L’affermazione di Giorgio Pachimeres11, secondo il quale Manuele Zaccaria avrebbe raggirato l’imperatore il quale non avrebbe previsto le possibili conseguenze della concessione che gli era stata estorta, rendeva giustamente dubbioso Lopez, che non riteneva possibile che un uomo patologicamente sospettoso e dalla proverbiale astuzia come Michele VIII si fosse lasciato raggirare tanto facilmente12; in realtà, è possibile pensare che il Paleologo avesse invece intravisto la possibilità di trarre un guadagno favorendo i suoi protetti genovesi e di infliggere contemporaneamente un danno alle entrate fiscali dei suoi rivali, i Comneni di Trebisonda, che dalle esportazioni del prodotto di Colonea attraverso i porti da loro controllati traevano significativi proventi13.

  • 14 De Michaele 1835, I, p. 421-423.
  • 15 Basso 2008, p. 48-49; Basso 2011, p. 118-119.

12Anche la reazione rabbiosa di quei mercanti genovesi che si erano visti esclusi dai guadagni connessi al commercio dell’allume14 potrebbe essere stata vista dall’imperatore come una parte di quel complesso e non ancora completamente chiarito gioco che egli aveva pazientemente intessuto per evitare che i suoi nuovi alleati potessero spadroneggiare nell’Impero restaurato come i veneziani avevano precedentemente fatto nell’Impero Latino, un gioco del quale faceva parte probabilmente anche il coevo e ancora oscuro episodio della congiura mirata a rovesciare l’imperatore e a sostituirlo con un candidato sostenuto da Manfredi di Svevia ordita da Guglielmo Guercio, podestà genovese a Costantinopoli, che fu scoperta nel 1264 e solo blandamente punita dal sovrano, che aveva però colto il pretesto per estromettere i genovesi dalla capitale, confinandoli dapprima a Eraclea e quindi a Pera15.

  • 16 Lopez 1933, p. 36-37; Balard 1978, II, p. 776-777.

13Come nel caso di Pera, tuttavia, l’eccessiva astuzia del Paleologo aveva finito per generare conseguenze impreviste: se infatti nel caso della nuova colonia genovese aveva dato il via allo sviluppo di un’entità di fatto indipendente nel cuore stesso dell’Impero, nel caso del blocco del commercio di allume provocò una vera guerra commerciale culminata in un embargo, che costrinse il governo imperiale a ritirare i provvedimenti contestati e a scendere a più miti consigli16.

  • 17 Ducae 1834, p. 161-163.
  • 18 Lopez 1933, p. 37. Il cantaro genovese era pari a kg 47,6496; cfr. Rocca 1871, p. 108-110.

14Nel frattempo, però, gli Zaccaria erano riusciti ad avvantaggiarsi a tal punto sui loro concorrenti che anche la riapertura del commercio dell’allume di Colonea non compromise il loro progetto monopolistico: forti degli introiti che garantiva loro la produzione di Focea Nuova (l’attuale Yenifoça, fondata per ospitare gli operai e i tecnici incaricati dello sfruttamento delle allumiere)17, che raggiungeva circa 13.000 cantari l’anno (corrispondenti a più di 620 tonnellate) per un valore calcolato sui prezzi all’ingrosso di almeno 65.000 lire genovine, i due mercanti provvidero a inserirsi anche nel commercio dell’allume di Colonea (la cui produzione era valutata in circa 14.000 cantari l’anno, circa 667 tonnellate) acquistandone grosse partite per il mezzo di intermediari come Paolino Doria, genero di Benedetto18.

  • 19 Un primo carico di allume trasportato con certezza da navi genovesi verso l’Inghilterra per conto d (...)
  • 20 Lopez 1933, p. 38-50, 221-227.

15Da questa solida base si sviluppò in breve tempo un sistema che integrava sotto il controllo degli Zaccaria e dei loro più stretti parenti l’estrazione, la raffinazione, il trasporto, la vendita e persino una parte dell’utilizzazione industriale dell’allume orientale secondo un modello monopolistico accuratamente ricostruito da Lopez e che nemmeno i migliori imitatori dei due secoli successivi sarebbero riusciti a replicare in tutta la sua ampiezza e complessità, ben documentate nella ricca documentazione notarile genovese del tempo, che consente di ricostruire le operazioni attraverso le quali l’impresa degli Zaccaria giunse di fatto a controllare buona parte di un mercato che copriva uno spazio commerciale esteso dalle acque dell’Egeo orientale fino a quelle della Manica19 e che venne « completato » nel 1304 con l’acquisizione dell’isola di Chio, formalmente giustificata dalla necessità di intensificare la lotta contro la pirateria nell’Egeo, ma mirata in realtà a porre nelle mani degli Zaccaria un altro monopolio, questa volta assoluto, e cioè quello della produzione di mastice, nonché a garantire la disponibilità di ampi spazi di immagazzinamento delle partite di allume che consentissero di scaglionarne l’immissione sul mercato e di garantire conseguentemente un maggiore controllo sull’andamento dei prezzi20.

16Si tratta di argomenti ben noti, che sono stati più volte al centro delle osservazioni degli storici precedentemente citati, ma qui mi preme sottolineare un aspetto che si vedrà ritornare più volte nel corso del tempo: la presenza di intrecci familiari che legavano tra loro un gruppo di clan dell’aristocrazia mercantile genovese particolarmente interessati allo sviluppo di una politica commerciale di ampiezza mediterranea, indipendentemente dal loro posizionamento nella complessa trama della politica interna del comune ligure.

  • 21 Sui legami di Percivalle con la Casa di Svevia, cfr. Pispisa 1991, p. 38, 48, 68-69, 75, 106, 110, (...)
  • 22 Paleologo Zaccaria aveva infatti sposato Giacomina Spinola, figlia di Giacomo Spinola e di Richelda (...)

17Mi pare in particolare importante evidenziare la forte presenza che già nella vicenda degli Zaccaria ha la famiglia Doria: i generi di entrambi i fratelli monopolisti provengono dalle file di questo potente consortile, e in particolare dal ramo di Percivalle che, legatissimo alla politica degli Svevi e in particolare a Enzo21, ha forti interessi in Sardegna, così come ancor più profondamente radicato nell’isola tirrenica è il ramo discendente da Nicolò, il cui più noto esponente è il Brancaleone di dantesca memoria, dalla parentela del quale esce la sposa di Paleologo Zaccaria, figlio ed erede di Benedetto22.

18Molteplici nodi legano quindi gli Zaccaria a uno dei clan dominanti della politica genovese del tempo, che come si vedrà manterrà una sua costante presenza nella politica mediterranea, ma anche ai Cattaneo Della Volta, un altro consortile di antica tradizione che ha in Andreolo, un altro genero di Benedetto, un esponente di spicco della penetrazione economica e politica genovese negli spazi egei e pontici.

19Dietro ai due fratelli mercanti, e all’ombra del monopolio commerciale da loro costruito, pare dunque di intravvedere una trama politica ed economica ancor più complessa che coinvolge alcuni dei gruppi dominanti della vicenda dell’espansione genovese nel Mediterraneo e che sarà possibile rintracciare anche in esperienze successive.

Tra Oriente e Occidente: La Maona di Chio e la Societas Folie Nove

  • 23 Basso 1994, p. 42-49.
  • 24 Argenti 1958, I; Pistarino 1990, p. 243-280; Pistarino 1996.

20Lo schema secondo il quale si erano mossi gli Zaccaria, e che aveva sostanzialmente continuato a funzionare anche dopo la morte di Benedetto e Manuele fino alla riconquista di Chio e Focea da parte di Andronico III nel 1329 e alla conseguente cacciata di Benedetto II e Martino Zaccaria23, costituisce il modello al quale si rifà in tutta evidenza l’azione della Maona dei Giustiniani, che a partire dal 1347 e fino al 1566 governa Chio e controlla le due Focee24.

  • 25 I diritti della Maona sulla gestione di Focea Vecchia (Eskifoça) e Focea Nuova (Yenifoça), più volt (...)

21Se infatti l’interesse economico principale dei Giustiniani si incentra sul monopolio del mastice, all’ombra del loro potere un gruppo di famiglie legate tanto alla Maona quanto ai circoli che abbiamo già visto connessi agli Zaccaria si incarica della gestione e del mantenimento del commercio dell’allume anatolico (e anche balcanico) in un regime di sostanziale monopolio25.

  • 26 Un elenco degli appaltatori venne redatto da Karl Hopf alla fine del XIX secolo sulla base di fonti (...)
  • 27 Basso 2011, p. 111-116.

22La decisione della Maona di concentrare le proprie attività sulla gestione del monopolio del mastice, mentre la gestione di Focea Vecchia era delegata ai Gattilusio, signori di Mitilene, e lo sfruttamento delle allumiere di Focea Nuova a degli appaltatori legati ai Maonesi da contratti di durata decennale26, se da un lato contribuì a rafforzare il ruolo di Chio in qualità di « magazzino » dell’allume destinato ad essere immesso nei circuiti commerciali dell’Occidente27, come conferma l’analisi della documentazione notarile genovese dei secoli XIV-XV, dall’altro aprì enormi possibilità all’azione di gruppi che miravano a ricostruire nelle proprie mani il monopolio che era appartenuto un tempo agli Zaccaria.

  • 28 Su Giorgio Adorno, giurista insigne, diplomatico, doge di Genova dal 1413 al 1415 e partecipe della (...)
  • 29 Secondo il cronista bizantino Ducas, che fu segretario dell’Adorno e successivamente fu al servizio (...)

23Alcuni di questi gruppi risultano di particolare interesse per il nostro discorso; tra di essi merita sicuramente un posto di primo piano la Societas Folie Nove, costituita nel 1416 fra alcuni esponenti di spicco del mondo economico e politico genovese: Oberto Giustiniani olim de Monelia, Giacomo Giustiniani Longo, Cattaneo Vivaldi e soprattutto Giovanni Adorno, figlio dell’ex-doge Giorgio28, che proprio dal 1416 fu podestà e castellano di Focea, venendo riconfermato nel 1417 e 1419, e rimase in carica fino alla morte, avvenuta nel 1423-2429.

  • 30 Oberto Giustiniani era titolare dal 1413 dell’appalto per i sei anni successivi dell’esazione del c (...)
  • 31 Basso 1994, p. 66.
  • 32 Pietro Calvo e i suoi soci opposero difficoltà a riconsegnare la gestione delle allumiere, vantando (...)
  • 33 Nell’aprile 1416, al culmine della crisi delle relazioni con l’Inghilterra innescata dalla cattura (...)

24Sono quindi rappresentati membri della Maona30, tra i quali gli esponenti di una delle gentes de Populo che si contendevano la corona dogale, e un rappresentante di un’antica casata nobiliare strettamente legata agli Zaccaria da numerosi vincoli parentali e inoltre, in collegamento ai soci principali, una serie di detentori di frazioni di quote provenienti anch’essi dalle file dei Maonesi (Tommaso Giustiniani Longo, Raffaele Giustiniani de Furneto, Simone e Filippo Giustiniani quondam Danielis)31, tanto da farci pensare a questa societas come a un’emanazione strumentale della Maona creata per recuperare un controllo più diretto sulle allumiere, in precedenza appaltate a un’altra società costituita da Pietro Calvo, Giannotto Lomellino e Antoniotto Calvo32, in un momento in cui le condizioni politiche dell’Oriente mediterraneo potevano creare problemi al commercio del mastice, ma anche, si tenga presente, in un momento di grave difficoltà per il commercio dell’allume in conseguenza del devetum Anglie proclamato dal governo genovese fin dal novembre 1412 che bloccava la principale rotta di traffico del minerale impedendo i contatti con quella che era divenuta a tutti gli effetti una potenza nemica33.

25Proprio le condizioni particolari del momento in cui venne costituita la Societas Folie Nove e le successive vicende di alcuni dei suoi membri consentono una serie di importanti osservazioni su quella che potremmo definire la « geopolitica » del commercio dell’allume e sull’atteggiamento di alcuni dei suoi principali attori.

26Un elemento di notevole discontinuità rispetto all’epoca degli Zaccaria è sicuramente la presenza di un forte potere ottomano che si è sostituito ai frammentari emirati turchi della prima metà del XIV secolo e che impone agli appaltatori di Focea il pagamento di un tributo quale atto di formale sottomissione.

  • 34 Ducae 1834, p. 164.

27Tenuto conto della « fame » di allume dei mercati occidentali dell’epoca, le prospettive dei partecipi della società apparivano tuttavia talmente rosee, nonostante le difficoltà politico-commerciali sopra indicate, che anche il tributo di 20.000 nomismata d’oro richiesto ogni anno dal Sultano ottomano per garantire la sua benevolenza non doveva sembrare un onere eccessivo34.

  • 35 Il 24 marzo 1404 Michele Lomellino noleggia la nave di Paolo Lercari per trasportare in Fiandra 3.0 (...)

28Se guardiamo ai documenti di quegli anni possiamo infatti evidenziare contratti di esportazione per quantità di allume superiori all’intera produzione annua della sola Focea ai tempi degli Zaccaria: per portare un solo, significativo esempio del volume del traffico si può indicare come Michele e Gaspare Lomellini, mercanti aristocratici particolarmente impegnati nel commercio di allume, fra il 1404 e il 1413, da soli o in società con Paolo Lercari, acquistino ed esportino verso le Fiandre 42.000 cantari di allume proveniente da diverse miniere dell’isola di Lesbo. In totale si può quindi calcolare che i Lomellini abbiano investito nell’arco di nove anni più di 22.300 ducati (al cambio di 11 gigliati per 1 ducato) nell’acquisto di più di 2.000 tonnellate di materiale che sicuramente contavano di rivendere sul mercato fiammingo con un forte guadagno35.

  • 36 Sulle relazioni fra Genova e la Corona d’Aragona in questo periodo, cfr. Basso 1994, p. 243-261.

29Il problema che da subito si pose all’Adorno e ai suoi soci nello sfruttamento delle enormi potenzialità economiche delle miniere di Focea Nuova era però legato, ben più che ai rapporti sostanzialmente stabili con i turchi, alla situazione politica generale delle relazioni fra Genova e le altre Potenze occidentali: oltre al già menzionato conflitto con l’Inghilterra, che privava il commercio dell’allume di uno dei suoi sbocchi principali e rendeva difficoltoso raggiungere i porti fiamminghi a causa delle azioni ostili delle navi inglesi, i genovesi dovettero confrontarsi in questo periodo con l’aggressiva politica mediterranea del nuovo sovrano della Corona d’Aragona, Alfonso V, il quale, salito al trono nello stesso 1416, aveva scatenato una violenta offensiva affidata alla sua marineria corsara36.

  • 37 Ducae 1834, p. 164.
  • 38 ASGe, Notai antichi, 483, c. 103r./v. (6 ottobre) e 109r. (20 ottobre); Doehaerd - Kerremans 1952, (...)
  • 39 « Decisione abile e favorevole al suo interesse, ma disastrosa per molti Cristiani »: Ducae 1834, p (...)

30Alla luce di questa situazione, acquista particolare rilievo l’affermazione del cronista bizantino Ducas, testimone diretto dei fatti, il quale sottolinea come l’attività dei corsari catalani ostacolasse gravemente l’invio di carichi di allume verso Occidente37. Nel 1419 abbiamo due contratti di trasporto verso Sluys stipulati dai membri della società38, ma sembra in effetti che si sia prodotto un problema di deflusso della merce prodotta, che inevitabilmente deve aver reso sempre più difficoltoso il pagamento del tributo dovuto al Sultano, rimasto in arretrato di alcune annualità, e contribuì a spingere l’Adorno ad adottare nel 1421 quella che, con il senno di poi, Ducas avrebbe definito βουλήν γενναίαν καί συνετήν ένεκα κέρδους αυτοΰ, διά πολλών δέ Χριστιανών βλάβην e cioè la decisione di aiutare il sultano Murād II nella guerra contro il pretendente Mustafa per il controllo dell’Impero39.

  • 40 Ducae 1834, p. 177-181; Hammer-Purgstall 1835-1843 (1827-1835), II, p. 164-165, 225-226, 252-254; H (...)
  • 41 Basso 1994, p. 74-75.
  • 42 ASGe, Notai antichi, 627, doc. non numerato (1 marzo 1424).

31Al di là della questione dei guadagni personali conseguiti da Giovanni Adorno grazie a questa decisione dalle conseguenze imprevedibili (il condono del tributo arretrato per un ammontare di circa 27.000 nomismata e la restituzione di 9.000 ducati, nonché l’esenzione dal verim, il godimento delle rendite di Focea Vecchia e la signoria del castrum di Perithoreon, sulla costa della Tracia)40 e delle controversie giudiziarie con i soci innescate dal suo rifiuto di condividere i benefici della riconoscenza di Murād II41, è innegabile il fatto che, grazie ai buoni rapporti stabiliti dall’Adorno con il sultano la Societas abbia potuto sviluppare a partire dal 1422 un atteggiamento chiaramente monopolistico: aveva infatti ottenuto dal sovrano riconoscente l’appalto della commercializzazione di tutto l’allume prodotto in territorio turco e, sommando questa produzione alle quantità già prodotte a Focea, arrivò nel 1424 a concentrare ben 100.000 cantari di minerale (4.764,96 tonnellate) nei suoi magazzini a Chio, assicurandosi la possibilità di influenzare l’andamento dei prezzi sul mercato42.

  • 43 I documenti confermano che il liber societatis, purtroppo perduto, si trovava ancora a Focea nel 14 (...)

32La semplice quantità di minerale disponibile nelle riserve immagazzinate, che di fatto metteva la Societas Folie Nove in una posizione economicamente dominante, consentendole di controllare direttamente la commercializzazione di una quota maggioritaria dell’allume orientale immesso sui mercati europei, rendeva così evidentemente importanti le prospettive di guadagno connesse a questa struttura societaria che lo stesso Antonio Doria quondam Filipi, presidente del collegio arbitrale chiamato a dirimere la questione fra gli Adorno e gli altri associati, decise di entrarvi in prima persona, rilevando nel 1424 una delle quattro quote originali43.

  • 44 Sul dogato di Raffaele Adorno (1443-1447), che aveva tra l’altro ereditato gran parte del patrimoni (...)
  • 45 ASGe, Notai antichi, 655, doc. 307; Basso 1994, doc. 10.
  • 46 Sappiamo che i membri della Societas intervennero nuovamente in sostegno di Murād II con le loro na (...)
  • 47 Rovere 1979, doc. 109 (20 settembre 1427).

33La causa fra i soci per la suddivisione dei proventi straordinari connessi all’intervento nella guerra civile ottomana, alla quale si aggiunsero ulteriori controversie fra soci vecchi e nuovi circa la ripartizione degli utili del commercio di allume, era destinata a trascinarsi fino al 1444, quando finalmente (forse non casualmente durante il dogato di un fratello di Giovanni Adorno, Raffaele)44 venne concluso un accordo generale tra i Giustiniani e i Doria circa la spartizione dei crediti e soprattutto delle partite di allume ancora giacenti a Focea o già caricate su navi45, ma questa protratta e complessa litigiosità interna non sembra aver ostacolato in alcun modo lo sviluppo dell’attività commerciale della Societas, che con tutta evidenza doveva essere riuscita a mantenere una partecipazione nello sfruttamento delle allumiere anche dopo il 142646, nonostante questo fosse stato appaltato nel 1427 dalla Maona a Enrico Giustiniani Longo per un periodo di otto anni, prolungabile a dieci47.

  • 48 Doehaerd - Kerremans 1952, doc. 305 (26 maggio 1426). Appare interessante il fatto che in realtà il (...)
  • 49 I Libri Iurium, II/3, doc. 339; Ruddock 1951, p. 163-215; Fryde 1972; Fryde 1976, p. 353-356; Basso (...)

34In effetti, i traffici con l’Europa atlantica avevano risentito in modo positivo della tregua con i catalano-aragonesi determinata dal passaggio di Genova sotto la signoria viscontea, che aveva consentito proprio dal 1424 la ripresa vigorosa del commercio con il Nord, come evidenzia ad esempio un contratto per il trasporto di 9.000 cantari di allume verso le Fiandre stipulato dai soci nel 142648, favorita ulteriormente dall’accordo di pace raggiunto con l’Inghilterra nel 1421, che permetteva ai genovesi di ritornare da protagonisti, in condizioni di privilegio rispetto ai loro concorrenti mediterranei, su uno dei mercati principali del commercio dell’allume49.

35Proprio le migliorate prospettive economiche contribuiscono a spiegare il perdurare dello specifico interesse di alcune delle maggiori consorterie dell’aristocrazia mercantile genovese per le sorti della Societas Folie Nove, e la forte conflittualità circa la precisa suddivisione dei proventi attesi dal suo funzionamento, nonché la permanenza di collegamenti anche oltre il termine della concessione e il presumibile scioglimento della società stessa, interesse che vede non a caso quali protagonisti i Giustiniani e i Doria, ben decisi ad approfittare al massimo di quello che si annunciava come un autentico « boom » dei commerci con l’Europa atlantica dopo un periodo di prolungate difficoltà. In questo senso, la vicenda di questa associazione si pone come esemplare del modus operandi seguito dai membri dell’aristocrazia mercantile genovese, la cui memoria familiare aveva ben presente il modello degli Zaccaria, e non a caso se ne ritroveranno molti aspetti nell’analisi della più nota delle compagnie commerciali genovesi impegnate nel traffico dell’allume, la grande « Compagnia dell’allume di Grecia, Turchia e Mitilene » di Francesco Draperio e soci.

Il cartello dei mercanti: Francesco Draperio e la « Grande Compagnia »

36A dispetto delle ottime prospettive che la nuova situazione delle relazioni diplomatiche nel bacino occidentale del Mediterraneo e nell’Europa atlantica apriva davanti agli operatori commerciali genovesi impegnati nel commercio dell’allume, lo sviluppo degli eventi nelle aree di produzione del minerale appariva invece addensare nere nubi di tempesta sul loro orizzonte.

  • 50 Questi contatti non mancarono di procurare ai genovesi la fama di « alleati occulti » dei Turchi; P (...)

37L’espansione ottomana, come una marea inarrestabile, stava infatti inglobando pezzo dopo pezzo tutta l’area egea dopo aver inghiottito buona parte dell’Anatolia e dei Balcani. Nello stesso 1444 che vide l’accordo finale fra i partecipi della Societas Folie Nove si era verificato il disastro militare di Varna, che cancellava ogni residua speranza di poter arrestare l’avanzata ottomana e di incrinare il potere del sultano; ma se la disfatta della brillante armata di cavalieri polacchi, ungheresi e borgognoni aveva gettato lo sgomento a Bisanzio e in molte corti occidentali, gli antichi e solidi rapporti personali esistenti con il sultano Murād II permettevano ad alcuni dei principali protagonisti genovesi del commercio orientale di guardare alla situazione in modo meno pessimistico50.

  • 51 A tale fama ha contribuito il ben noto rapporto di fiducia esistente tra il Draperio e Mehmed II; B (...)
  • 52 Armando Sapori, tratteggiandone brevemente il profilo, lo definì « una figura singolare, che del pi (...)

38È in questo contesto che compare sulla scena un personaggio che da lungo tempo si è guadagnato un posto di primo piano nella galleria dei « reprobi » della Storia: Francesco Draperio51. Se tuttavia si va a guardare con maggiore attenzione oltre i veli della leggenda nera storiografica che da almeno duecento anni avvolge la figura del « traditore di Costantinopoli » e si mettono a confronto le sue azioni con la linea di comportamento seguita da altri personaggi che lo avevano preceduto, come il già ricordato Giovanni Adorno, e che, pur avendo favorito in modo ben più sostanziale e decisivo l’espansione ottomana, al contrario di lui non hanno mai dovuto subire gli strali dei cronisti e degli storici, si può però notare facilmente come il Draperio si presenti in realtà con i tratti di un abile mercante, che ha saputo sfruttare al meglio le condizioni nelle quali si trovava a operare per assemblare una formidabile impresa commerciale che, se avesse avuto modo di dispiegare tutte le proprie potenzialità, avrebbe sicuramente garantito a tutti i suoi partecipi un arricchimento favoloso52.

  • 53 Pistarino 1990, p. 95-242, 281-382, 477-518.
  • 54 Luchino Draperio, sposato a una donna greca, Iliera Paleologina figlia di Caloiane Linodari, aveva (...)

39Membro di una famiglia « coloniale », perfetto rappresentante di quei « Genovesi d’Oriente » che avevano costruito le loro fortune lontano dalla madrepatria radicandosi negli insediamenti commerciali d’Oltremare e intessendo fitte relazioni personali, oltre che economiche, con la società locale53, il Draperio, presumibilmente uscito da una famiglia di immigrati « borghesi » (come indica lo stesso cognomen di derivazione professionale) stabilitisi a Pera nel XIV secolo e imparentatisi con famiglie greche e locali nel corso di un’ascesa sociale che li aveva portati a una posizione di primo piano nell’ambiente della colonia54, è purtroppo un personaggio sul quale possediamo meno fonti documentarie di quelle che si potrebbe presupporre avesse prodotto un mercante dagli interessi così vasti.

  • 55 ASGe, Notai antichi, 483, c. 241v.-242r.
  • 56 Il libro dei conti 1956, p. 90, 94, 133, 201, 288, 298, 622, 643.
  • 57 Müller 1879, doc. CXIX.

40In effetti, il più antico documento di cui disponiamo attualmente su Francesco Draperio è una scarna registrazione del 15 marzo 1420, dalla quale apprendiamo che il padre era all’epoca già defunto, ma poco altro55; le prime effettive attestazioni reperibili nella documentazione sulla sua attività mercantile risalgono quindi al 1436-1439 e ce lo presentano come un mercante e banchiere affermato, interessato a molteplici articoli commerciali, dall’olio alla cera, dagli schiavi allo zucchero e al rame, oltre che all’allume56. Fondamentale è però un atto notarile del 13 novembre del 1437, redatto nella loggia dei catalani di Costantinopoli, che già ce lo presenta in qualità di coordinatore di un ampio « cartello » di mercanti di allume nel quale sono rappresentati esponenti di primo piano dell’aristocrazia mercantile57.

41In questo contratto infatti, il Draperio agisce insieme ad Agostino Scoto e Marco Doria quondam Francisci anche a nome dei domini Lorenzo De Marini, Visconte e Paride Giustiniani, Antonio Paterio quondam Thomae, Domenico Doria quondam Opecini e Stefano Grillo; questi mercanti (appartenenti a famiglie legate alla Maona che già abbiamo viste in prima fila nel commercio dell’allume e molti dei quali saranno partecipi della « Grande Compagnia ») si presentano in qualità di appaltatori aluminum tocius Thurchie, Grecie et tocius insule Mitheleni et Marronie partis Grecie, e in tale veste stipulano con due mercanti fiorentini abitanti in Costantinopoli, Giuliano Zati e Giovanni Cerretani, un contratto di vendita per un totale di 16.250 cantari (774,3 tonnellate) di allume di Focea Nuova, che si impegnano a consegnare totalmente entro il termine di cinque anni (in ragione di 3.250 cantari all'anno) dietro il pagamento annuo di 4 perperi d'argento al saggio di Pera per ogni cantaro di minerale.

42I fiorentini, dietro assicurazione del monopolio dell’esportazione di minerale verso i porti della costa compresa a flumine Tibridis usque Genuam (valido anche per le eventuali riesportazioni attraverso lo scalo genovese), per parte loro si obbligano espressamente a trasportare o a far trasportare l'allume solo verso la Toscana, impegnandosi a non farlo pervenire a Venezia, in Sicilia, in Catalogna, nelle Fiandre, in Inghilterra né ad aliquem alium locum, sotto pena di un ducato d’oro di Venezia per ogni cantaro consegnato in spregio ai patti oltre a un forfait di 500 ducati; entrambe le parti saranno però assolte da violazioni eventualmente commesse da corsari che si fossero impadroniti di carichi di allume e lo avessero rivenduto.

  • 58 Heyd 1885-1886, II, p. 40.
  • 59 Sull’intensificarsi della presenza fiorentina sui mercati del Nord, anche attraverso l’istituzione (...)

43La precisazione relativa agli ambiti territoriali di monopolio risulta di grande importanza perché ci consente di comprendere che già a questa data esisteva un gruppo organizzato di operatori del settore che, essendosi assicurato l’appalto delle principali aree produttive (indubbiamente grazie anche alla benevolenza del Sultano, sotto la sovranità del quale si trovava ormai gran parte delle miniere in questione, che viene esplicitamente menzionato quale referente degli appaltatori)58, mirava a mantenere, per via diretta o indiretta, un saldo controllo del volume complessivo dei traffici di allume verso Occidente in un momento in cui l’espansione dell’industria tessile inglese determinava un « picco » delle richieste di materiale da parte di quel mercato, divenuto il teatro di una concorrenza senza esclusione di colpi tra genovesi, veneziani, fiorentini e catalani59.

  • 60 Fleet 1999, p. 91-94.

44La necessità di esercitare un controllo sulle quantità di allume immesso sul mercato era verosimilmente collegata al sensibile calo dei prezzi del materiale (dovuto probabilmente a una sovrapproduzione) i quali, dopo un lungo periodo di incremento nei primi decenni del XV secolo, stavano ritornando ai livelli della fine del secolo precedente nonostante l’incremento della richiesta60. Ciò rendeva ovviamente auspicabile un accordo fra i titolari dei vari appalti che consentisse di coordinare l’azione dei vari protagonisti del mercato e di influenzare in modo più deciso i prezzi di vendita del minerale.

  • 61 Nel 1448 il Doria, titolare dell’appalto di Grecia e di Turchia, si impegnò a esportare 8.000 canta (...)
  • 62 L’industria del vetro veneziana era una grande consumatrice di allume di qualità; Jacoby 1993.

45Il « cartello » informale di fatto già esistente, anche se alcuni dei suoi protagonisti continuavano a condurre operazioni in proprio, come Domenico Doria nel 144861, venne a costituirsi formalmente nel 1449, raggruppando tutti i più importanti titolari di appalti di allumiere attivi in quel momento, riuniti sotto la guida di Francesco Draperio, in un gigantesco monopolio finalizzato alla commercializzazione verso Occidente di un quantitativo impressionante di merce: ben 500.000 cantari di allume (23.824,8 tonnellate) nell’arco di sei anni, ai quali si aggiungevano ogni anno altri 6.000 cantari (285,89 tonnellate) destinati espressamente a Venezia62.

  • 63 Oltre a Heers 1954, p. 31-32, 39-42, si vedano gli aggiornamenti e le importanti precisazioni in Ol (...)
  • 64 ASGe, Notai antichi, 848, doc. 51 (1 aprile 1449).

46Quella che è stata giustamente definita la « Grande Compagnia » è stata abbondantemente studiata e analizzata63, anche perché si tratta dell’unica società di appaltatori genovesi di allume della quale sia stato fino ad ora reperito l’atto costitutivo64, e non ne verranno ripercorse in questa sede le vicende; si vuole qui invece evidenziare come, con la significativa eccezione dello stesso Draperio, « homo novus » anche da questo punto di vista nonostante il suo evidente ruolo dominante nell’ambito della compagine societaria, tutti i componenti della società appartengano a famiglie impegnate da generazioni a vario titolo nel commercio dell’allume e strette fra loro da legami non solo di interesse mercantile, ma di parentela, che appaiono delineare un vero blocco politico-sociale, oltre che economico.

  • 65 Sui fratelli Bocchiardi, cfr. Olgiati 1989b, p. 497, 500-501, 503.

47Se infatti analizziamo i nomi dei componenti della Compagnia, possiamo infatti notare come, a parte come si è detto, Francesco Draperio (il quale era comunque cognato di Visconte Giustiniani e suocero di Paride Ardimento, e quindi assai ben collegato al nucleo « forte » delle famiglie interessate all’allume), l’unico altro nome « nuovo » sia quello di Paolo Bocchiardi, mercante di origine veneziana residente a Costantinopoli, in procinto di acquisire insieme ai fratelli Troilo e Antonio la cittadinanza genovese, il quale risulta comunque ormai strettamente collegato a famiglie di primo piano dell’aristocrazia mercantile genovese: sua moglie è infatti Mariola di Filippo di Montano De Mari, stretta parente di quella Teodorina, moglie del grande giurista e diplomatico Aronne Cibo, che fu madre di Giovanni Battista Cibo, il futuro papa Innocenzo VIII65.

  • 66 Marco Doria aveva sposato una Gattilusio del ramo cadetto dei signori di Enos, Imbro e Samotracia, (...)
  • 67 La posizione di forza dei singoli partecipi della società è riflessa efficacemente dalle quantità d (...)

48Gli altri partecipi della società sono Visconte e Paride Giustiniani, Pietro Paterio, Nicolò Giustiniani quondam Iohannis, Dario Vivaldi e i rappresentanti delle società già esistenti: Tobia Pallavicino, Ludovico Fornari e soci; Baldassarre Adorno e un gruppo di membri del consortile dei Giustiniani (Bernardo, Antonio quondam Iacobi e i fratelli Brizio ed Edoardo); e i tre rappresentanti del consorzio degli appaltatori delle miniere di Condicie e Parachile, sull’isola di Lesbo, cioè Bartolomeo Doria quondam Iacobi, Domenico Doria quondam Opecini e Marco Doria filius Oberti (quest’ultimo in posizione di preminenza, in quanto congiunto del signore di Mitilene, Dorino I Gattilusio)66. Come si può osservare, ricompaiono tutti i cognomina già precedentemente evidenziati nelle precedenti associazioni di mercanti di allume: Paterio, Vivaldi, Pallavicino, Fornari, Adorno, e soprattutto Giustiniani e Doria, presenti in gran numero e in posizione di assoluto rilievo; una situazione che si riflette nella ripartizione delle dodici voces, i voti nel consiglio della società, quattro delle quali vanno al Draperio, due a Marco Doria e una a testa rispettivamente a Visconte Giustiniani, Pietro Paterio, Tobia Pallavicino, Baldassarre Adorno, Paride Giustiniani e Paolo Bocchiardi67.

49A confermare l’impressione di déjà-vu che sortisce dalla lettura di questo elenco di nomi possiamo aggiungere la presenza incombente di un altro personaggio che, come il Sultano, potrebbe essere definito un « socio occulto » della Compagnia, e cioè il signore di Mitilene, il ruolo del quale è di primaria importanza: i soci si impegnano infatti a versare ogni anno, pro quota, 5.000 ducati d’oro al Gattilusio perché tenga chiuse le miniere di allume di cui dispone e un suo mancato rispetto degli impegni è una delle clausole che, come quelle relative al Sultano e a Francesco Draperio, possono portare all’automatico scioglimento della società.

  • 68 L’allume di Mitilene non compare nella lista redatta dal Pegolotti, e questo conforta l’ipotesi di (...)
  • 69 Olgiati 1996, p. 378-379.
  • 70 Basso 1999b, p. 606.

50Il Gattilusio, appartenente a una stirpe di principi-mercanti che hanno probabilmente attivato le miniere di Lesbo dopo essere divenuti signori dell’isola nel 135568, dispone quindi di due strumenti di pressione sulla società, pur non facendone ufficialmente parte, e cioè da un lato l’appalto di Condicie e Parachile detenuto dai suoi congiunti Doria, che risulta tanto ben organizzato da poter fornire minerale già raffinato e pronto alla commercializzazione, e dall’altro la potenziale produttività delle miniere ancora sotto il suo diretto controllo; inoltre, il fatto che i partecipi della Compagnia siano disposti a versargli 30.000 ducati in sei anni a condizione che non immetta il minerale delle sue miniere sul mercato sfata completamente, come giustamente rilevato da Giustina Olgiati, la teoria che le miniere mitilenesi fossero poco produttive, o che il minerale estratto sull’isola fosse di cattiva qualità69, un dato che viene ulteriormente smentito da elementi quali l’interesse – precedentemente evidenziato – dei Lomellini per le miniere di Lesbo all’inizio del XV secolo e ancor più dalla valutazione dei danni prodotti dalla devastazione delle stesse miniere nel corso di un’incursione condotta dalla flotta ottomana nel golfo di Kalloni nel 1449-1450, che vengono ritenuti ammontare a ben 150.000 ducati70.

  • 71 Olgiati 1994a, p. 93-95.

51I Gattilusio e i Doria costituiscono inoltre il tramite che collega al mondo dei mercanti di allume orientale anche la Casata dei Campofregoso, stretti ai Doria da legami di interesse politico ed economico e ai Gattilusio dai matrimoni di Ludovico Campofregoso e del cugino Gian Galeazzo con due delle figlie di Palamede, signore di Enos, Ginevra e Costanza71.

  • 72 Sulla politica genovese di questo periodo, cfr. Petti Balbi 2003.

52Quindi entrambe le stirpi « popolari » che si contendono il dogato nel corso del XV secolo72 sono a vario titolo coinvolte nel complesso di interessi rappresentati da un folto gruppo di capitalisti impegnati nel traffico dell’allume che trovano un adeguato strumento per il perseguimento dei propri interessi commerciali nella struttura ideata da Francesco Draperio, il quale dunque, lungi dall’essere lo spregiudicato avventuriero isolato, dalle dubbie relazioni con la minacciosa figura di Mehmed II, appare invece come il coordinatore (ma forse anche, in qualche misura, lo strumento) di un gruppo di imprenditori i quali hanno lucidamente individuato nel mantenimento di buoni rapporti con l’imprevedibile Conquistatore di Costantinopoli l’unico modo di preservare i propri affari in un momento di estrema instabilità politica di tutto l’Oriente mediterraneo.

  • 73 Sulla vicenda, che trae alimento anche dalla gestione infedele dell’amministratore incaricato della (...)

53Al contrario di Giovanni Adorno, che aveva assunto da solo le proprie decisioni, Francesco Draperio intesse i tanto deprecati rapporti con il Sultano alla luce del sole e con piena cognizione dei suoi soci, che gli hanno conferito un esplicito mandato in tal senso proprio perché senza il consenso del « Gran Turco » non sarebbe possibile avviare e condurre a buon fine tutta l’ardita operazione commerciale che essi hanno concepito, un fatto che trova conferma del resto dallo sviluppo degli eventi successivi alla misteriosa scomparsa dalla scena del Draperio (la cui data di morte rimane tuttora incerta) e anche alla confusa vicenda degli attacchi condotti dalla flotta turca contro Mitilene, Chio e le due Focee nel 1455 in cui, dietro la pretestuosa affermazione dell’ammiraglio Hamza beg di voler tutelare i diritti del Draperio (di cui non si sa neanche se fosse ancora vivo all’epoca) contro i suoi presunti debitori, sembra di intuire quasi una « caccia all’uomo » scatenata da Mehmed II contro il nuovo protagonista del commercio di allume, quel Paride Giustiniani che stava nello stesso tempo assumendo un potere sempre più evidente all’interno della Maona73.

Nonostante Tolfa? Il commercio di allume orientale nei secoli XV-XVI

  • 74 Olgiati 1996, p. 384.
  • 75 Il 22 ottobre 1456 Domenico Gattilusio conferisce una procura a Nicolò Doria perché proceda ad appa (...)

54Proprio lo stesso Paride Giustiniani, una volta liberato dalla breve prigionia in cui venne tenuto dopo la caduta di Focea Nuova, fu protagonista dell’ultimo tentativo di rilanciare il commercio dell’allume orientale in grande stile. Già dal 1453, insieme al congiunto Visconte, aveva iniziato a rastrellare grandi quantità di allume concentrandole nei magazzini di Chio, e nel 1454 aveva costituito una Societas de omnium aluminum che pare prefigurare un tentativo di ricostituire il cartello della Grande Compagnia74, intento che venne evidentemente perseguito da Paride con tenacia anche negli anni successivi, approfittando delle opportunità che gli derivavano tanto dal mandato a trattare con il Sultano affidato dai membri della Maona proprio ai due congiunti, quanto dalla possibilità di sfruttare la parentela strettissima con il signore di Mitilene Domenico Gattilusio, marito di sua figlia Maria, per accedere all’appalto delle miniere dell’isola75.

  • 76 Olgiati 1996, p. 386-390.

55Nonostante la scomparsa di Visconte e la caduta di Focea, fra il 1456 e il 1459 Paride Giustiniani dispiegò un’attività intensissima allo scopo di monopolizzare ancora una volta il commercio di allume orientale, operando principalmente in due direzioni: per prima cosa, a Mitilene, grazie a suo genero, gli era possibile procedere a incrementare al massimo l’estrazione di minerale dai giacimenti dell’isola, operando in senso contrario a quanto aveva fatto il cartello del 1449, per compensare la mancanza di allume anatolico; in secondo luogo, però, egli avviò trattative discrete con il Sultano per ottenere da lui l’appalto delle miniere di Focea e la possibilità di riavviare la produzione locale. Ciò avrebbe consentito alla nuova società di accumulare grandi stock di materiale, di cui si prevedeva l’immagazzinamento non a Chio, ma in Occidente, in luoghi meno esposti alla minaccia turca e più prossimi ai mercati di destinazione finale76.

56Per ottenere il favore del Sultano e concretizzare il proprio progetto, Paride aveva però bisogno di una moneta di scambio e questa potrebbe essere stata l’offerta di sottomettere Chio al potere turco in forma di stato tributario, mantenendovi inalterato il potere dei Giustiniani e l’assetto socio-economico ormai consolidato.

  • 77 Olgiati 1996, p. 390; Basso 1999b, p. 522-524.

57Si tratta di un’ipotesi, ma il ruolo preminente di Paride Giustiniani in seno alla Maona, il Consiglio della quale nel 1457 gli aveva di fatto attribuito i pieni poteri su Chio in cambio della sua « generosa » offerta di farsi carico del pagamento del tributo di 20.000 ducati dovuti a Mehmed II, e i documentati tentativi di recuperare la produzione di Focea, concretizzabili solo attraverso un accordo con gli Ottomani, rendono assai credibile questa intuizione di Giustina Olgiati, basata su una solida documentazione, che può forse trovare riscontro anche nelle voci che insistentemente correvano a Genova, anche in anni successivi, circa possibili « defezioni » dei Maonesi in favore del Gran Turco77.

  • 78 Heers 1954.
  • 79 Massa 1970.
  • 80 Basso 2008, p. 108-111.
  • 81 Olgiati 1996, p. 387.

58Per parte sua, Mehmed II avrebbe avuto tutto da guadagnare da una soluzione del genere che, oltre agli immediati vantaggi politici, gli avrebbe anche consentito di riavviare un traffico commerciale ormai languente e di incrementare i guadagni connessi alle forniture di allume all’Occidente. Come è stato infatti dimostrato, l’idea della « guerra commerciale » che il Conquistatore avrebbe mosso contro le potenze cristiane bloccando l’approvvigionamento di allume è destituita di ogni fondamento ed è frutto del fraintendimento del ruolo del porto di Genova nei flussi del commercio di questa specifica merce78. Genova, priva di grandi manifatture tessili (il notevole sviluppo delle tessiture di velluti e sete si sarebbe avuto solo alla fine del XV secolo)79, non costituiva infatti una delle destinazioni principali delle navi che partivano dall’Oriente le quali, anche per ridurre i rischi connessi all’attraversamento del Tirreno, infestato dai corsari catalani, preferivano percorrere una rotta diretta verso la Spagna meridionale e da lì verso le loro destinazioni finali nell’Europa atlantica80; pertanto, le lamentele sulla scarsità di allume sul mercato genovese riportate da alcune fonti isolate devono essere considerate una questione squisitamente locale, che non incide sulla valutazione dei volumi complessivi del traffico di allume orientale avviato in direzione dei mercati europei81.

  • 82 ASGe, A.S., 577, c. 139r.-140r.; Olgiati 1996, p. 390.
  • 83 Delumeau 1990, p. 82-90.

59La volontà di Mehmed II di partecipare ai grandi guadagni del mercato dell’allume è del resto dimostrata dalla proposta ufficiale di cooperazione commerciale fatta pervenire dal Sultano ai genovesi nel 1464. Il 14 maggio di quell’anno venne infatti discussa dal Gran Consiglio l’offerta di un nuovo contratto di appalto delle allumiere orientali (Mitilene era caduta in mano turca nel 1462 e quindi ormai tutte le miniere erano soggette al controllo ottomano) avanzata dal Conquistatore82, e l’istituzione di un’apposita commissione di saggi dimostra che l’argomento venne seriamente preso in considerazione, anche se poi si decise di non procedere, forse per non incorrere nelle ire del pontefice, intento a promuovere i nuovi giacimenti di Tolfa, o forse per non intralciare gli interessi dei nuovi protagonisti del commercio dell’allume papale, anch’essi di origine genovese83.

60La presenza di Marco Doria nella commissione incaricata di studiare l’offerta del Sultano può far pensare che il gruppo degli imprenditori tradizionalmente legati al commercio di allume orientale fosse intenzionato ad approfittare di questa occasione per recuperare posizioni e, anche se il progetto finì per naufragare, la solidità degli antichi interessi è in effetti dimostrata dagli eventi dei decenni successivi, che vedono ancora una consistente presenza di allume orientale, inevitabilmente proveniente da miniere sotto controllo turco, giunto sui mercati occidentali attraverso il tramite di operatori genovesi.

  • 84 Basso 1996.
  • 85 Per un’analisi della distribuzione dei rappresentanti delle grandi famiglie genovesi sulle piazze c (...)
  • 86 In base ai dati desunti dal Liber partimentorum (ASGe, Antico Comune, 784: Liber partimentorum fien (...)

61Uno dei casi più eclatanti si verificò nel 1466, quando il grave contenzioso apertosi nel 1458 fra genovesi e inglesi in conseguenza delle azioni piratesche di un altro membro di Casa Gattilusio, Giuliano, ai danni della navigazione commerciale inglese nel Mediterraneo84 venne chiuso attraverso un’operazione commerciale gestita direttamente dalla Casa di San Giorgio, ossia dall’istituzione che rappresentava gli interessi consolidati dell’establishment economico e politico genovese, che provvide a collocare una consistente partita di allume orientale sul mercato fiammingo traendone le cifre necessarie a saldare il debito di 6.000 sterline con la Corona inglese e con gli armatori danneggiati e consentendo la sia pur parziale ripresa della comunità genovese insediata in Inghilterra, nella quale figurava tutto il gotha dell’aristocrazia mercantile e finanziaria cittadina85, con membri delle case Spinola, Doria, Lomellini, Gentile, Pinelli, Grimaldi, Giustiniani, Squarciafico, Di Negro, Cattaneo, e cioè di quei gruppi familiari che come si è visto erano maggiormente coinvolti nel commercio di allume86.

  • 87 Basso 1999a, p. 34-37.
  • 88 Ad esempio, il 2 novembre 1514 Battista Grillo, Franco, Bartolomeo, Alessandro e Giovanni Agostino (...)
  • 89 Cfr. Rymer 1704-1735, XIII, p. 493.
  • 90 Rymer 1704-1735, XIII, p. 353; XIV, p. 424, 704. Sulla vivacità dei traffici commerciali lungo la r (...)

62Anche se l’idea di costituire un monopolio delle esportazioni grazie ad accordi con il Sultano, forse accarezzata da alcuni esponenti delle famiglie menzionate, risultava ormai improponibile, va evidenziato il fatto che nemmeno l’esaurirsi progressivo della navigazione genovese verso l’Inghilterra chiaramente registrabile nella seconda metà del XV secolo, sostituita dal trasporto di merci a bordo di navi biscagline87, significò la fine dei trasporti di allume orientale verso il Regno insulare che, sia pure in modo sporadico e sempre più ridotti nelle quantità complessive, proseguirono ancora ben addentro al XVI secolo, come provano contratti di trasporto stipulati da società miste di operatori inglesi e genovesi88 e soprattutto dal fatto che re Enrico VIII, che già nel 1513 aveva espresso formali proteste per la tassazione, a suo parere eccessiva, alla quale erano sottoposti i mercanti inglesi operanti a Chio89, abbia continuato almeno fino al 1540 a nominare consoli che rappresentassero sul posto gli interessi inglesi, strettamente connessi a questo tipo di transazioni commerciali90.

63Alla luce di questi elementi si potrebbe affermare che la vera data finale dell’esportazione di allume orientale verso l’Europa atlantica, e in particolare verso l’Inghilterra, non sia da collocare negli anni successivi alla caduta di Focea e alla scoperta delle cave di Tolfa, ma molto più avanti nel tempo, e cioè negli anni intorno al 1566, quando la caduta di Chio in mano turca segnò la perdita definitiva del tassello fondamentale che aveva collegato tutti i rami del traffico di minerale dall’area egea, dai Balcani e dall’Anatolia verso Occidente.

  • 91 Stone 1956.

64In quegli stessi anni, per una di quelle coincidenze che la Storia talvolta presenta, gli eventi della politica e dell’appartenenza confessionale allontanarono definitivamente i genovesi dai mercati dell’Inghilterra riformata, anche se alcuni, come Orazio Pallavicino, continuarono a percorrere i vecchi itinerari91, segnando la fine di un’epoca e di un modo di operare che per lungo tempo aveva segnato la via maestra da percorrere nell’economia e nella politica.

65Nelle condizioni politiche generali del Mediterraneo tardomedievale, così complesse e mutevoli, la collaborazione politica ed economica con il Gran Turco, anche se formalmente proibita dal pontefice, era stata infatti non solo possibile, ma anche auspicata e attivamente ricercata da coloro che avevano importanti interessi nel Levante e speravano di poter ancora trovare un nuovo equilibrio che consentisse il mantenimento e la ripresa dei collegamenti commerciali; nel « Nuovo Mondo » che stava sorgendo dalle guerre e dalla Riforma, invece, collaborare con un sovrano divenuto nemico del Papa, e soprattutto degli Asburgo, era impensabile.

  • 92 Sul processo di « riconversione a Occidente » degli interessi economici genovesi, cfr. Pistarino 19 (...)
  • 93 Carande 1987 (1977).

66I nobili mercanti delle famiglie genovesi impegnate nel commercio di allume almeno dal XIII secolo (primi fra tutti i Doria e i Giustiniani, che nonostante Tolfa, o forse parallelamente a Tolfa, avevano continuato ancora per decenni a praticare le linee tradizionali della loro politica commerciale) presero dunque atto con grande lucidità della necessità, imposta dallo stesso orientamento che i loro affari avevano assunto a partire dalla seconda metà del XV secolo, con una crescita esponenziale dell’importanza dei mercati iberici92, di adeguarsi alle mutate condizioni per tutelare i propri vasti interessi economici e di operare una netta scelta di campo in un contesto che non permetteva più di coltivare ambigue neutralità; essi scelsero quindi di diventare i banchieri dell’Imperatore93, indirizzando in modo nuovo le fortune della loro città e di buona parte dell’Europa, e una pagina della storia del commercio venne definitivamente voltata.

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Notes

1 Lopez 1933 ; Lopez 1996² (1938); Sapori 1947; De Roover 1948; Lopez 1951; Heers 1954; Heers 1955; Argenti 1958; Heers 1958; Heers 1961; Lopez 1962; De Roover 1970 (1963); Sapori 1967a ; Balard 1978; Pistarino 1984; Jacoby 1987; Pistarino 1990; Pistarino 1992; Pistarino 1996; Jacoby 2005.

2 Doehaerd 1938; Doehaerd 1941; Doehaerd - Kerremans 1952; Liagre De Sturler 1955; Liagre De Sturler 1969.

3 Olgiati 1989a ; Basso 1994; Olgiati 1994a ; Olgiati 1996; Basso 1999a; Basso 2000; Basso 2002; Basso 2002a; Basso 2002b; Basso 2005; Nicolini 2005; Basso 2007; Nicolini 2007; Basso 2008a; Basso 2008b.

4 Sull’allume di provenienza africana o egiziana e sull’allume definito « di Castiglia », frequentemente presente negli inventari genovesi dei secoli XII-XIII e ancora registrato in età tardomedievale, si veda quanto detto da Lopez 1933, p. 23-27; Heers 1955, p. 171-172.

5 Guillaume de Rubruck, p. 242; The Mission, p. 273; Balard 1978, I, p. 58.

6 I Libri Iurium, I/4, doc. 749.

7 Lopez 1933, p. 26-27.

8 Basso 2014.

9 Heyd 1885-1886, II, p. 566-567; Brătianu 1929, p. 140; Heers 1954, p. 51-53; Balard 1973, nn. 574, 813; Balard 1978, II, p. 773-775; Bryer 1982, p. 146-149.

10 Pegolotti 1936, p. 43, 293, 367-370.

11 De Michaele 1835, I, p. 420.

12 Lopez 1933, p. 35.

13 Karpov 1986 (1981), p. 39, 141-144.

14 De Michaele 1835, I, p. 421-423.

15 Basso 2008, p. 48-49; Basso 2011, p. 118-119.

16 Lopez 1933, p. 36-37; Balard 1978, II, p. 776-777.

17 Ducae 1834, p. 161-163.

18 Lopez 1933, p. 37. Il cantaro genovese era pari a kg 47,6496; cfr. Rocca 1871, p. 108-110.

19 Un primo carico di allume trasportato con certezza da navi genovesi verso l’Inghilterra per conto di Benedetto Zaccaria viene registrato nel 1278; cfr. Lopez 1951, p. 1171-1172, 1176.

20 Lopez 1933, p. 38-50, 221-227.

21 Sui legami di Percivalle con la Casa di Svevia, cfr. Pispisa 1991, p. 38, 48, 68-69, 75, 106, 110, 118, 291, 333, 346-347, 349.

22 Paleologo Zaccaria aveva infatti sposato Giacomina Spinola, figlia di Giacomo Spinola e di Richelda Zanche, sorella di Caterina, moglie di Brancaleone Doria; cfr. Brook et al. 1984, tav. IX, lemmi 22, 24-25, p. 222-223. I Doria avevano anche rilevato i possedimenti di un altro ramo della famiglia Zaccaria, quello dei discendenti di Zaccaria III, nell’estremo Ponente ligure. Su questo ramo del consortile, cfr. Basso 1996; Basso 2007a.

23 Basso 1994, p. 42-49.

24 Argenti 1958, I; Pistarino 1990, p. 243-280; Pistarino 1996.

25 I diritti della Maona sulla gestione di Focea Vecchia (Eskifoça) e Focea Nuova (Yenifoça), più volte ribaditi negli accordi intercorsi con il Comune di Genova, furono oggetto di un’attenta indagine nel 1409 per volontà del maresciallo Boucicault, all’epoca governatore di Genova per conto di Carlo VI di Francia, dopo la repressione della rivolta anti-francese nell’isola; Archivio di Stato di Genova (ASGe), Libri Jurium, IX, c. 139r.-141v. Sulla rivolta dei Maonesi, avviata nel 1408 dalla violazione delle convenzioni effettuata dal governatore francese e considerata dalla storiografia come il primo segnale del livello di esasperazione al quale erano ormai giunti i Genovesi che avrebbe condotto alla cacciata dei Francesi da Genova nello stesso 1409, cfr. Documenti della Maona 1979, doc. 72-76; Argenti 1958, I, p. 162-166; Pistarino 1969, p. 54; Basso 1998, p. 64-66.

26 Un elenco degli appaltatori venne redatto da Karl Hopf alla fine del XIX secolo sulla base di fonti non sempre verificabili (e parzialmente contraddette dai documenti editi successivamente): Pietro Recanelli (ante 1364-1381), Raffaele Paterio (1381-1395), Tommaso Paterio (1395-1405), Giovanni Adorno (1405-1424), Percivalle Pallavicino (1425-1427), Enrico Giustiniani Longo (1427-1437), Francesco Draperio (1437-1447), Paride Giustiniani Longo (1447-1455); Hopf 1881-1882, in particolare 1882, p. 59-60. Documentazione certa sull’appalto di Focea Nuova a partire dal 1362 è reperibile in Documenti della Maona 1979, doc. 10 (1362), 19 (1381), 27 (1391), 109 (1427), ma solo nell’ultimo caso siamo di fronte a un vero contratto di appalto in favore di Enrico Giustiniani Longo, che si impegna a versare una cauzione di 13.000 ducati e a pagare un canone annuo di 2.700 fiorini per otto anni.

27 Basso 2011, p. 111-116.

28 Su Giorgio Adorno, giurista insigne, diplomatico, doge di Genova dal 1413 al 1415 e partecipe della Maona, cfr. Levati s.d. (1928), p. 188-206. La titolarità degli Adorno di tre dei 24 carati della Maona è confermata da vari documenti: ASGe, Archivio Segreto, 505, c. 18r./v.; 1779, c. 368r./v.; Documenti della Maona 1979, doc. 39-40, 59, 80, 89-90, 95-97, 99-100. Giovanni Adorno aveva inoltre interessi anche nell’importazione del sale verso l’area padana e, particolare assai interessante, in quello di esportazione del guado, un materiale spesso associato all’allume nei traffici genovesi verso l’Europa atlantica; ASGe, Notai antichi, 482, c. 262r.-263v.

29 Secondo il cronista bizantino Ducas, che fu segretario dell’Adorno e successivamente fu al servizio dei Gattilusio, Giovanni era stato nominato con mandato decennale, alterando la consuetudine della rotazione annuale degli incarichi (e facendola sostanzialmente coincidere con la durata dell’appalto delle miniere); un documento dell’Archivio di Stato di Genova permette di datare alla primavera-estate del 1416 la nomina, che successivamente fu riconfermata dal doge Tommaso Campofregoso (cognato dell’Adorno) il 19 maggio 1417 e il 19 dicembre 1419; ASGe, A.S., 505, c. 61v. (25 agosto 1416); 506, c. 30r./31r.; Ducae 1834, p. 163. A conferma del predominio esercitato da questo ramo degli Adorno su Focea, va sottolineato che nel 1424, alla morte di Giovanni, nonostante nel frattempo Genova fosse passata sotto il controllo di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, la carica di potestas et castellanus Folie Nove, dopo essere stata provvisoriamente affidata al cugino Barnaba, passò al fratello minore del defunto, Giacomo, incaricato contestualmente di una missione diplomatica presso il sultano Murād II; ASGe, A.S., 508, c. 34v.; Belgrano 1877, p. 186; Manfroni 1898, p. 727; Basso 1994, p. 76-77, 151-166.

30 Oberto Giustiniani era titolare dal 1413 dell’appalto per i sei anni successivi dell’esazione del comerchium nei porti di Chio; ASGe, Notai antichi, 480, c. 260r.

31 Basso 1994, p. 66.

32 Pietro Calvo e i suoi soci opposero difficoltà a riconsegnare la gestione delle allumiere, vantando il proprio diritto a essere risarciti dalla Maona per una serie di spese impreviste che avevano dovuto sostenere, o a mantenere ancora per un certo tempo il controllo delle miniere; ASGe, A.S., 505, c. 61v.-63r. (25 agosto 1416); 77v.-78r. (18 ottobre 1416); Notai antichi, 482, c. 201r./v. (31 agosto 1416).

33 Nell’aprile 1416, al culmine della crisi delle relazioni con l’Inghilterra innescata dalla cattura di navi inglesi nel 1412, Genova aveva siglato un’alleanza con la Francia; Basso 1994, p. 197-211.

34 Ducae 1834, p. 164.

35 Il 24 marzo 1404 Michele Lomellino noleggia la nave di Paolo Lercari per trasportare in Fiandra 3.000 cantari (142,95 tonnellate) di allume proveniente dalle miniere del golfo di Kalloni, nell’isola di Lesbo, offrendo al Lercari quale pagamento del nolo la scelta fra 1/3 del carico e un pagamento in contanti di 12 soldi e 6 denari di lire genovine per ogni cantaro trasportato (per un totale di 1.875 lire di Genova); il 22 dicembre 1412 acquista (al prezzo di 6 gigliati e ½ a cantaro) dal greco Teodigi Colliva di Mitilene 21.000 cantari (1.000,6 tonnellate) di allume di rocca delle miniere di Parachila (attualmente Parakoila) con l’impegno di consegne periodiche di carichi di 3.500 cantari a partire dal 1 aprile 1413 e fino al 1 ottobre 1415; il 2 agosto 1413 Gaspare Lomellino, agendo anche quale fedecommissario di Michele, nel frattempo defunto, conferma il contratto di acquisto concluso il 23 giugno precedente con Antonio Aurigo de Portu, negotiorum gestor et factor seu procurator del magnificus dominus Jacopo Gattilusio, signore di Mitilene, di tutta la produzione di allume minuto della miniera di « Li Marassi » (Eressos ?) fino a un ammontare di 18.000 cantari (857,7 tonnellate) in tre anni (al prezzo di 5 gigliati a cantaro), con consegne annuali di 6.000 cantari in due tornate a settembre e a marzo; a questo ultimo atto se ne collega uno del 31 agosto successivo con il quale Battista Pessagno (membro di una famiglia strettamente imparentata ai Doria e da lungo tempo presente sui mercati dell’Europa atlantica) noleggia la nave di Teramo Centurione (capace di un carico di 15.000 cantari) per trasportare fino a Sluys 6.000 cantari di allume « de li Marassi », da caricare a Mitilene, e altre merci provenienti da Focea. ASGe, Notai antichi, 603, doc. 35, 215-216, 219, 230-231, 245, 247; Piana Toniolo 1995, doc. 78; Balletto 1996, p. 309-313.

36 Sulle relazioni fra Genova e la Corona d’Aragona in questo periodo, cfr. Basso 1994, p. 243-261.

37 Ducae 1834, p. 164.

38 ASGe, Notai antichi, 483, c. 103r./v. (6 ottobre) e 109r. (20 ottobre); Doehaerd - Kerremans 1952, doc. 251 e 259.

39 « Decisione abile e favorevole al suo interesse, ma disastrosa per molti Cristiani »: Ducae 1834, p. 164-165; Basso 1994, p. 71-79.

40 Ducae 1834, p. 177-181; Hammer-Purgstall 1835-1843 (1827-1835), II, p. 164-165, 225-226, 252-254; Heyd 1885-1886, II, p. 278-279; Bombaci - Shaw 1981, p. 299-303. Il verim era il tributo pagato, a partire dagli ultimi decenni del XIV secolo, dai Maonesi e dagli altri Latini insediati nell’Egeo orientale dapprima agli emiri di Aydin e quindi agli Ottomani, che lo sostituirono in seguito con il kharāg; Gioffrè 1962, p. 373; Pistarino 1969, p. 57; Zachariadou 1965; Zachariadou 1983, p. 24.

41 Basso 1994, p. 74-75.

42 ASGe, Notai antichi, 627, doc. non numerato (1 marzo 1424).

43 I documenti confermano che il liber societatis, purtroppo perduto, si trovava ancora a Focea nel 1424, quando venne ordinato a Giacomo Adorno di inviarlo con urgenza a Genova perché potesse essere esaminato dalla commissione arbitrale; ASGe, 508, c. 34r./v. (28 febbraio 1424), 35v. (1 marzo 1424).

44 Sul dogato di Raffaele Adorno (1443-1447), che aveva tra l’altro ereditato gran parte del patrimonio del fratello Giovanni, cfr. Levati s.d. (1928), p. 284-301 (in particolare, per l’eredità di Giovanni, p. 288).

45 ASGe, Notai antichi, 655, doc. 307; Basso 1994, doc. 10.

46 Sappiamo che i membri della Societas intervennero nuovamente in sostegno di Murād II con le loro navi nel 1425, aiutandolo a reprimere definitivamente l’ennesima rivolta dell’emiro Djunaid, ultimo degli Aydin-oglu, e garantendosi così il permanere di ottimi rapporti con il sultano; Enciclopedie 1977, p. 615; Bombaci - Shaw 1981, p. 319-320.

47 Rovere 1979, doc. 109 (20 settembre 1427).

48 Doehaerd - Kerremans 1952, doc. 305 (26 maggio 1426). Appare interessante il fatto che in realtà il carico di allume da effettuare a Focea dovesse essere maggiore e che una parte dello stesso dovesse essere scaricata a Chio, confermando così come i soci continuassero a regolare attentamente il flusso della merce verso i mercati di destinazione, in modo da garantire la stabilità dei prezzi, e a costituire una abbondante riserva a Chio.

49 I Libri Iurium, II/3, doc. 339; Ruddock 1951, p. 163-215; Fryde 1972; Fryde 1976, p. 353-356; Basso 2005, p. 557-567; Basso 2008a, p. 102-137.

50 Questi contatti non mancarono di procurare ai genovesi la fama di « alleati occulti » dei Turchi; Paviot 1989 ; Basso 2008b, p. 375-381.

51 A tale fama ha contribuito il ben noto rapporto di fiducia esistente tra il Draperio e Mehmed II; Babinger 1953 (1957), p. 30-31, 47-48, 139-141; Balletto 1992.

52 Armando Sapori, tratteggiandone brevemente il profilo, lo definì « una figura singolare, che del pieno capitalista ha tutti gli attributi oltreché la forza economica: fino alla spregiudicatezza che lo porterà a comandare la flotta turca all’assalto di Chio nel 1455 »; Sapori 1955, p. 24.

53 Pistarino 1990, p. 95-242, 281-382, 477-518.

54 Luchino Draperio, sposato a una donna greca, Iliera Paleologina figlia di Caloiane Linodari, aveva importanti proprietà immobiliari in Pera e suo figlio Iane Draperio (forse il padre di Francesco) era stato ambasciatore dei peroti presso il sultano Bayazid I nel 1389, segnando un primo significativo contatto della famiglia con la Casa di Osman; Balletto 1992, p. 682. Sul trattato del 1389, cfr. Fleet 1999, p. 6.

55 ASGe, Notai antichi, 483, c. 241v.-242r.

56 Il libro dei conti 1956, p. 90, 94, 133, 201, 288, 298, 622, 643.

57 Müller 1879, doc. CXIX.

58 Heyd 1885-1886, II, p. 40.

59 Sull’intensificarsi della presenza fiorentina sui mercati del Nord, anche attraverso l’istituzione di una propria linea di navigazione, cfr. Mallett 1967.

60 Fleet 1999, p. 91-94.

61 Nel 1448 il Doria, titolare dell’appalto di Grecia e di Turchia, si impegnò a esportare 8.000 cantari di allume ogni anno; Heers 1954, p. 37.

62 L’industria del vetro veneziana era una grande consumatrice di allume di qualità; Jacoby 1993.

63 Oltre a Heers 1954, p. 31-32, 39-42, si vedano gli aggiornamenti e le importanti precisazioni in Olgiati 1996, p. 373-385.

64 ASGe, Notai antichi, 848, doc. 51 (1 aprile 1449).

65 Sui fratelli Bocchiardi, cfr. Olgiati 1989b, p. 497, 500-501, 503.

66 Marco Doria aveva sposato una Gattilusio del ramo cadetto dei signori di Enos, Imbro e Samotracia, Caterina di Palamede; ma il legame dei Gattilusio con i Doria, già sancito in precedenza da altri matrimoni, era rafforzato dal fatto che lo stesso Dorino I Gattilusio aveva sposato una Doria: Orietta; Olgiati 1994b, p. 97-98; Basso 1999b.

67 La posizione di forza dei singoli partecipi della società è riflessa efficacemente dalle quantità di allume che ciascuno di essi si impegna a fornire. A parte Francesco Draperio, che da solo si impegna per 250.000 cantari, gli altri 250.000 cantari previsti vengono così ripartiti: Marco Doria e soci, 46.820 cantari; Paolo Bocchiardi, 40.310 cantari; Baldassarre Adorno e soci, 36.660 cantari; Valarano Giustiniani, 34.410 cantari; Pietro Paterio, 33.570 cantari; Visconte Giustiniani, 21.960 cantari; Tobia Pallavicino, 17.437 cantari e 50 rotoli (1 cantaro = 100 rotoli); Ludovico Fornari, 5.812 cantari e 50 rotoli; Cristoforo e Nicolò Giustiniani, 8.230 cantari; Dario Vivaldi, 4.790 cantari. Si può quindi notare come i Doria siano i contributori più importanti dopo il Draperio e come, insieme ai Giustiniani, forniscano quasi la metà dei 250.000 cantari previsti; Olgiati 1996, p. 374-375.

68 L’allume di Mitilene non compare nella lista redatta dal Pegolotti, e questo conforta l’ipotesi di un’attivazione delle miniere nella seconda metà del XIV secolo; Pegolotti 1936, p. 367. Si consideri inoltre che dal 1402 al 1455 i Gattilusio detennero l’appalto di Focea Vecchia dalla Maona di Chio.

69 Olgiati 1996, p. 378-379.

70 Basso 1999b, p. 606.

71 Olgiati 1994a, p. 93-95.

72 Sulla politica genovese di questo periodo, cfr. Petti Balbi 2003.

73 Sulla vicenda, che trae alimento anche dalla gestione infedele dell’amministratore incaricato della conduzione delle miniere di Focea Nuova fra il 1 agosto 1445 e il 15 ottobre 1451, Nicolò da Sestri, e sulla questione della data di morte di Francesco Draperio, che a Genova si presumeva ancora in vita almeno nel marzo 1454, cfr. Babinger 1957 (1953), p. 141; Olgiati 1996, p. 382-385; Balletto 1992, p. 683. Per i tentativi dei turchi prima di impadronirsi della moglie di Paride Giustiniani, rifugiatasi a Mitilene sotto la protezione del genero, Domenico Gattilusio, quindi di assalire Chio, e infine di catturare lo stesso Paride, preso prigioniero insieme agli altri abitanti di Focea Nuova e rilasciato poco tempo dopo, cfr. Miller 1921, p. 337; Basso 1999c.

74 Olgiati 1996, p. 384.

75 Il 22 ottobre 1456 Domenico Gattilusio conferisce una procura a Nicolò Doria perché proceda ad appaltare le miniere di Mitilene e si accordi in proposito con Paride Giustiniani e gli altri appaltatori allumeriarum in theucrorum domini; Roccatagliata 1982, doc. 17.

76 Olgiati 1996, p. 386-390.

77 Olgiati 1996, p. 390; Basso 1999b, p. 522-524.

78 Heers 1954.

79 Massa 1970.

80 Basso 2008, p. 108-111.

81 Olgiati 1996, p. 387.

82 ASGe, A.S., 577, c. 139r.-140r.; Olgiati 1996, p. 390.

83 Delumeau 1990, p. 82-90.

84 Basso 1996.

85 Per un’analisi della distribuzione dei rappresentanti delle grandi famiglie genovesi sulle piazze commerciali europee e mediterranee alla metà del XV secolo, che mette proprio l’Inghilterra ai primi posti fra gli scali più frequentati, cfr. Gourdin 1995, p. 19-22.

86 In base ai dati desunti dal Liber partimentorum (ASGe, Antico Comune, 784: Liber partimentorum fiendorum per nos Antonium Centurionum massarium, Ludovicum Centurionum et Ieronimum Lomelinum consiliarios et sic deinde per successores nostros) risulta che i mercanti residenti in Inghilterra avessero subito danni per un ammontare complessivo di 59.850 ducati; cfr. Heers 1958, p. 815.

87 Basso 1999a, p. 34-37.

88 Ad esempio, il 2 novembre 1514 Battista Grillo, Franco, Bartolomeo, Alessandro e Giovanni Agostino de Franchi, in società con Richard Raymond, John Hume e John Granville, noleggiarono la nave biscaglina Santa Barbara allo scopo di inviarla a Chio; ASGe, Notai antichi, 1689, doc. 166 (parzialmente edito in Argenti 1958, III, p. 837-838).

89 Cfr. Rymer 1704-1735, XIII, p. 493.

90 Rymer 1704-1735, XIII, p. 353; XIV, p. 424, 704. Sulla vivacità dei traffici commerciali lungo la rotta che collegava Chio all'Inghilterra ancora in pieno secolo XVI, si veda Pistarino 1990, p. 259.

91 Stone 1956.

92 Sul processo di « riconversione a Occidente » degli interessi economici genovesi, cfr. Pistarino 1988, p. 409-488 ; Pacini 1990, p. 7-48 ; Pistarino 1992, p. 377-464.

93 Carande 1987 (1977

 


 

(dalla pagina web del sito www.archiviestoria.it)

 

Data

Descrizione dell’evento

Fonte

1437

I mercanti genovesi Giustiniani e Gattilusio controllano le miniere della Focea, della Turchia e Grecia

La società

1448

Il prezzo dell’allume in Europa tocca il prezzo più basso: 0,375 ducati per cantaro

Id

1449

Il mercante genovese Francesco Draperio riesce a riunire in un cartello tutte le società principali che commerciano l’allume e a far aumentare un po’ il prezzo

Id

1453

Caduta di Costantinopoli: il prezzo dell’allume comincia a risalire e in 15 anni quintuplicherà

Id

1458

L’allume comincia a scarseggiare sui mercati europei

Id

1461

La Camera apostolica approva il contratto tra il Comune di Corneto e Giovanni di Castro per lo sfruttamento dell’allume

Sella

1461-

La Repubblica di Venezia avvia le ricerche di allume in Tirolo

La Repubblica di Genova riapre miniere di allume a Ischia e a Pozzuoli, nel Regno di Napoli

Id

1462

Pio II indica in 300,000 ducati d’oro la somma occorrente ogni anno per l’acquisto di allume (in Europa) corrispondenti a poco più di 1000 chili di materiale

La società

1462

Nel maggio si scoprono i giacimenti di Mazarron, vicino a Cartaghena in Spagna

Id

1462

Sui Monti della Tolfa Giovanni da Castro, già mercante a Costantinopoli e poi Commissario per la Camera apostolica nella Provincia del Patrimonio, inizia (1° novembre?) lo sfruttamento dell’allume

 

Id

1463

Pio II emana il divieto di importazione dall’Oriente di allume e impone l’acquisto del minerale romano

Id

1465?

Paolo II acquista il feudo di Tolfa dai Frangipane per 17.300 ducati d’oro

Id

1470

Paolo II e Ferdinando I firmano un accordo per 25 anni che prevede la costituzione di una Maona per la gestione delle miniere napoletane e laziali a patto che i due impianti provvedano alla produzione della metà del minerale richiesto dal mercato e se non vi riescono, subentra l’altro partecipante

Id

1472

Il contratto con Ferdinando I viene superato

Id

1502

Agostino Chigi, già appaltatore di quelle di Tolfa, diviene padrone di tutte le miniere di allume in Italia

Id

1520

Agostino Chigi muore

Id

1530

Vannuccio Biringuccio stampa La Pirotechnia che contiene un capitolo dedicato all’allume della Tolfa

Id

1534-1549

Paolo III dissuade il vescovo di Massa Marittima, proprietario delle miniere di allume dell’Argentario e di Massa Marittima, di metterle in attività contro una pensione annua di 2000 scudi

Id

1549

La Boemia vieta l’importazione di allume straniero per difendere la sua produzione interna

Id

1556

Si stampa il trattato di George Bauer (detto Agricola) De re metallica che contiene un capitolo dedicato alla fabbricazione dell’allume

Id

1580

Si completa la costruzione del Palazzo camerale dove sorgerà Al lumiere

Rinaldi, Le lumiere

1588

Sisto V visita le miniere di allume e la relazione di quel viaggio è pubblicata in F. M. Mignanti, Santuari della regione di Tolfa, Roma 1936

Id

1592

Tutte le miniere in Castiglia sono ormai chiuse

La società

1603-1625

In Inghilterra, nello Yorkshire, viene scoperto e sfruttato l’allume che rende il paese autosufficiente

Id

1630-1637

Si aprono miniere di allume in Svezia

Id

1752

La chiesa camerale di Allumiere è eretta in parrocchia

Rinaldi, Le lumiere

1765

Fougeroux de Bondaroy compie un viaggio ad Allumiere e consegna la sua relazione all’Accademia delle Scienze di Parigi che la pubblicherà nel 1769

La società

1788

Si comincia a fabbricare l’allume sintetico

La società

1826

Allumiere è eretto in Comune autonomo staccandosi da Tolfa

Rinaldi, Le lumiere

1917

Lo stabilimento per la fabbricazione dell’allume è spostato a Civitavecchia

La società

1939-1941

La Montedison acquista e poi chiude l’impresa che fabbricava l’allume

La società

 

 Bibliografia di riferimento

 

Sulla produzione e il commercio dell’allume:

  1. Delumeau J., L’alun de Rome, Paris 1962
  2. Atti del convegno “Il ruolo dell’allume nello sviluppo economico dell’Europa dal XV al XVIII secolo, in “Notiziario”, Museo civico, Associazione archeologica “Adolfo Klitsche de la Grange”, VIII(1996), p. 1-148
  3. Barbieri Gino, Industria e politica mineraria nello Stato pontificio dal ‘400 al ‘600, Roma, Cremonese Libraio Editore, 1940
  4. Provincia di Roma. Assessorato alla sanità e ambiente, La società dell’allume. Cultura materiale economia e territorio in un piccolo borgo, Roma, Officina edizioni, 1984
  5. Provincia di Roma, Assessorato alla cultura e alle politiche giovanili, Metalli, miniere e risorse ambientali. Il territorio dei Monti della Tolfa tra medioevo ed età contemporanea, a cura di Franca Fedeli Bernardini, [Roma], 2000
  6. Singer C., The Earliest Chemical Industry. An Essay in the Historical Relations of Economics and Technology as illustrated from the Alum Trade, London, The Folio Society, 1948
  7. Zippel G., L’allume di Tolfa e il suo commercio, in “Archivio della R. Società Romana di Storia Patria”, vol. XXX, 1907

 

Sui Monti della Tolfa e Allumiere:

  1. Associazione fotografica “Clik”, Circolo culturale “Agrifoglio” Associazione pro-loco Allumiere, Al lumiere ieri e oggi. Monografia di foro storiche e attuali riguardanti soprattutto il tessuto urbano di Allumiere, Allumiere 1995
  2. Comune di Allumiere. Assessorato alla cultura, Gli Eremi di Cibona e delle Grazie nel territorio di Al lumiere. Incisione e disegni, Biblioteca comunale 1981
  3. Comune di Allumiere. Assessorato alla Cultura, Allumiere. Natura-storia-archeologia, Allumiere 1997
  4. Comune di Allumiere, Regione Lazio, Museo Civico, Guida al Museo Civico di Allumiere, Allumiere 1997
  5. Comune di Allumiere, Regione Lazio, Museo Civico, Guida ai Minerali, Allumiere 20001997
  6. Riccardo Rinaldi, Itinerari storici ambientali nel distretto minerario di Allumiere, [Allumiere], Circolo culturale “Agrifoglio”, 1998
  7. Riccardo Rinaldi, Le lumiere. 1. Storia di Allumiere dalle origini al 1826, 2^ edizione,

Allumiere 1995

Riccardo Rinaldi, Le Allumiere. II vol., Allumiere 1985

  1. Riccardo Rinaldi, La musica nella storia di Allumiere. 1873-1983, Allumiere 1983
  2. Riccardo Rinaldi, L’archivio storico del Comune di Allumiere. Inventario, in “Rassegna degli studi e delle attività culturali nell’Alto Lazio”, n. 5, 1984, p. 109-166
  3. Sella P., La prima concessione per l’allume di Tolfa, in “Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken”, XXXIII, 1944, p. 252-259

Il ciclo di lavorazione dell’allume www.lalumiera.it


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